Guardando il film ho rilevato via via una direzione sciolta agile e straordinaria che non ha niente da invidiare ai mostri sacri del cinema italiano, tant’è che il regista dimostra di saper usare con oculatezza la didascalia avvalendosi di dialoghi molto striminziti ma comunque essenziali.
Stefano Simone dimostra di essere un regista profondo conoscitore del suo tempo e di avere una cultura elevata soprattutto sui temi socio-psicologici recenti e di servirsi della cinepresa in modo originale sfruttando come colori predominanti del film, il bianco e il blu, che sono i colori del social network Facebook. Il titolo del film Unfacebook lascia intendere questo riferimento, anche se quest’uso bicromatico di primo acchito fa pensare ad una scarsa qualità fotografica e dà un po’ di fastidio allo spettatore che, però, a poco a poco vi si abitua e comprende che è stata una scelta voluta, che caratterizza appropriatamente la pellicola. Un colpo di genio, non c’è che dire!
Nel film c’è una disamina sulla crisi odierna della Chiesa che non riesce più a raggiungere il suo scopo: il controllo e la salvezza dei fedeli attraverso la confessione. A tal proposito, Francesco Giuliano nel suo romanzo Come fumo nell’aria sostiene parlando dei fedeli che dopo la confessione molti ritornavano a comportarsi come sempre o forse peggio, tanto c’era l’assoluzione garantita con il palesamento dei peccati. Il prete (Giuseppe La Torre), protagonista del film, infatti, ascolta le confessioni dei suoi parrocchiani, ma questo lo porta ad una crisi interiore e ad uno sconforto personale. Egli medita su Il principe di Niccolò Machiavelli quando dice che gli ipocriti e gli astuti creano l’ira di Dio perché il peccato si rinnova e che il fine che giustifica i mezzi. È il comportamento dei fedeli che il prete non approva e che condanna, rendendosi conto che la confessione non risolve i loro problemi. Il prete tramite la confessione riesce a conoscere chi si comporta da puttana, chi è un pervertito, chi è un bastardo, chi è uno spacciatore di droga, e così via. Egli si convince che non serve a niente dare l’assoluzione dei peccati a questi individui malefici, per loro la soluzione migliore è la punizione divina. Da redentore si trasforma in loro carnefice a tal punto che fa diventare suo complice addirittura un bambino che ha assistito ad un omicidio. Lupi nel suo racconto sottolinea questa metamorfosi del prelato cui fa affermare, con cruda chiarezza che … noi preti siamo chiamati ad assolvere persone simili, e che, non mi sono fatto prete per assistere alla vittoria del male, ma per contrastarlo.
Egli decide di affidarsi a Dio che punisce per sempre.
Ma come fare?
Si aggiorna tramite una rivista specializzata sull’uso di internet e della posta elettronica di cui apprende il grande potere telematico. Si documenta sull’ipnosi e legge un libro sui Templari. Scopre che con l'ipnosi sia possibile entrare nella dimensione inconscia ed emotiva di un altro e per far questo il mezzo più appropriato sono i social networks che creano dipendenza seria ed invalidante, una vera e propria patologia, nota come Social Network addiction. Si rende conto che questa dipendenza ha sugli individui gli stessi effetti causati dall’uso di sostanze stupefacenti e, al tempo stesso, crea fisime e forti impulsi emotivi. Progetta, quindi, un programma sinistro, spietato, violento, sanguinario. Il confessionale diventa un luogo paragonabile a quello del Santo Uffizio, dove far confessare spontaneamente i peccati per i quali il verdetto finale è la morte.
Il prete capisce, in definitiva, come con la telematica si possa non solo governare la gente e la loro opinione, ma anche come con essa si possano strumentalizzare e trasformare per fini reconditi i giovani in automi. Invia, infatti, a qualcuno di questi delle e-mail con il link Vuoi fare parte dei Templari?. Questa domanda suscita curiosità nel giovane che conseguentemente ad un “click” si trova di fronte l’icona Armageddon, la battaglia finale tra il Bene e il Male, per la quale venivano usati come guerrieri i Templari. Il ragazzo in tal modo assume il ruolo di guerriero Templare con le conseguenze cruente che quest’assunzione comporta.
Devo dire che ho trovato il film molto interessante e di grande attualità perché affronta il problema sia della decadenza della religione sia dell’uso non appropriato di internet che genera dipendenza. Della dipendenza ne parla il ricercatore Federico Tonioni nel suo saggio Quando internet diventa una droga. Ciò che i genitori devono sapere, mentre il critico culturale americano Lee Siegel nel suo recente libro Homo Interneticus. Restare umani nell’era dell’ossessione, addirittura disapprova l’uso della rete per i suoi effetti deleteri.
http://www.prospettivaeditrice.it/libri/schedeautori/giuliano/giuliano1.htm
http://www.infol.it/lupi/
Lee Siegel, Homo Interneticus. Restare umani nell’era dell’ossessione, Piano B edizioni