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giovedì 1 marzo 2018
“Il filo nascosto”, che lega impercettibilmente gli animi umani nella loro intima essenza, è tutto da scoprire
Titolo: Il filo nascosto
Titolo originale: Phantom Thread
Regia e sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
Musiche: Jonny Greenwood
Produzione Paese: USA, 2017
Cast: Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps, Lesley Manville, Brian Gleeson, Harriet Sansom Harris, Camilla Rutherford, Gina Mckee, Sue Clark, Joan Brown, Luiza Richter, Julia Davis, Nicholas Mander, Philip Franks, Phyllis MacMahon, Silas Carson, Richard Graham, Martin Dew, Jane Perry, […]
“Il
filo nascosto” è un film ben costruito, emozionante e coinvolgente che trova la
sua originale e peculiare ambientazione nella Londra degli anni cinquanta del XX
secolo, in cui si svolgono le vicissitudini professionali e anche sentimentali
del famoso del creatore di moda femminile britannico Reynolds Woodcock (Daniel
Day-Lewis). “Il filo nascosto” descrive l’incontro di due mondi diversi e
contrastanti, di primo acchito incompatibili, il mondo dell’accurato e metodico
Reynolds e dell’inflessibile sorella Cyril (Lesley Manville) con quello della schietta
e genuina Alma (Vicky Krieps). L’uno è regolato, chiuso, intransigente,
insensibile, rigoroso mentre l’altro è indulgente, aperto, comprensivo,
generoso, flessibile. L’uno appare irrigidito e ingabbiato in stereotipi e
pregiudizi che non lasciano spazio alla scoperta della propria essenza umana,
mentre l’altro si manifesta aperto alla vita e a tutte le sue sfaccettature
sentimentali, tendenti alla salvaguardia della propria identità e alla scoperta
di quei valori che rendono sacra la personalità di un essere umano. Eppure
esiste un “filo nascosto” che lega impercettibilmente gli animi umani nella loro
intima essenza. Basta scoprirlo, ma per rivelarlo se ne deve avere la capacità
che è basata su un amore profondo e quasi trascendente. “Il filo nascosto”, in
sintesi, è la metafora dell’esistenza umana che trae la sua linfa
dall’educazione ricevuta nei primi anni di vita e dall’ambiente sociale e
familiare in cui si è vissuti. Esso affronta, dunque, un tema attualissimo che,
in un certo senso, ha il carattere dell'universalità, in quanto tratta una
storia molto semplice nella sua complessità sentimentale e relazionale, ma dai
connotati significativi e allusivi che, a tutto tondo, riguardano ogni essere
umano. Si evince da questa storia che sin dalla nascita ci possiamo trovare
come chiusi in una gabbia, le cui sbarre diventano tanto più spesse quanto più
incisivi sono stati i condizionamenti ricevuti durante l’infanzia, e da cui,
nella vita adulta, diventa difficile uscire. Anzi, a volte, impossibile! Così
come, del resto, avviene a Reynolds chiuso irreprensibilmente attraverso le sue
regole rigide nelle sue fisime e nella sua inflessibile sfera mentale. Reynolds
come ogni altro essere umano appare, in definitiva, come conseguenza di ciò che
gli è stato insegnato ad essere nei primi anni di vita (secondo recenti studi, nei
primi tre anni di vita): l'educazione ricevuta dalla famiglia, dall’ambiente
sociale e dalla scuola bolla irreversibilmente la vita di ognuno, e traccia come
un faro acceso quel percorso vitale che in genere viene chiamato destino, ma
che destino non è. Paradossalmente ognuno diventa artefice e vittima della
propria sorte, ovvero come sosteneva lo
storico latino Sallustio faber est suae
quisque fortunae. Ne
rappresenta, infatti, una metafora ciò che Reynolds confessa ad Alma nei primi
momenti della conoscenza reciproca: si può cucire quasi ogni cosa nella
stoffa di un soprabito. Da bambino ho cominciato a nascondere cose nelle fodere
dei vestiti, solo io ne conoscevo l'esistenza ...
C’è, tuttavia, qualcosa in ogni
essere umano di incontrollabile e di irrefrenabile quando gli stereotipi
vengono sopraffatti dalla sfera sentimentale che prevale su ogni razionale comportamento
acquisito, e Reynolds lo dimostra nel momento in cui esprime ad Alma il suo profondo
sentimento genuino: Mi sembra di averti cercata per moltissimo tempo. Tu sei
molto bella ... bellissima. Ci sono alcune cose che voglio fare, cose che non
posso fare senza di te. Premessa questa per un cambiamento del proprio
essere?
Il film, che traccia l'ultima interpretazione di Daniel
Day-Lewis con l’annuncio del suo ritiro dalla
vita di attore, è curato nei minimi particolari dal pluripremiato regista Paul Thomas Anderson attraverso ogni gesto, ogni sguardo, ogni
espressione, ogni comportamento, ogni linguaggio non verbale di ciascun
protagonista (ottime le interpretazioni di Vicky Krieps e Lesley
Manville) e attraverso ogni scena e costume con
un coinvolgimento incisivo e continuo dello spettatore, aiutato in questo anche
da una bellissima colonna sonora.
“Il filo nascosto”, che costituisce un
fondamento cinematografico da manuale, è candidato, tra l’altro, a sei premi Oscar 2018 e a due premi Golden
Globe 2018.
Filmografia
Sydney
(1996), Boogie Nights – L’altra Hollywood (1997), Magnolia (1999), Ubriaco
d’amore (2002), Il petroliere (2007), The Master (2012), Vizio di forma (2014).
Francesco
Giuliano
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