su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,/ come i primi atti della Dopostoria,/ cui io sussisto, per privilegio d'anagrafe,/ dall'orlo estremo di qualche età/ sepolta. Mostruoso è chi è nato/ dalle viscere di una donna morta./ E io, feto adulto, mi aggiro/ più moderno d'ogni moderno/ a cercare i fratelli che non sono più".
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venerdì 3 maggio 2013
“La forza del passato” rivive nel film poetico “Fedele alla linea” di Germano Maccioni
Titolo: Fedele alla
linea – Giovanni Lindo Ferretti
Regia: Germano Maccioni
Soggetto e sceneggiatura
: Germano Maccioni
Produzione: Articolture
in associazione con Apapaja, Italia 2013
Cast: Giovanni Lindo Ferretti
“Fedele alla linea” del
regista Germano Maccioni, presentato in anteprima, a Roma, alla stampa giovedì
2 maggio, è un film dai connotati sui generis. Un film sicuramente documentario
perché basato su documenti ma con uno stampo lontano dal comune modello documentarista,
dove le immagini sostituiscono con sagacia le parole e con un cast costituito
da un solo attore. “Fedele alla linea” è un film che ritrae, attraverso una
sintesi di diversi documenti sia video che fotografici sia musicali, fatta con
grande maestria, i caratteri essenziali e l’evoluzione elicoidale del pensiero
di un uomo del nostro tempo nel corso della sua vita, un poeta con tutte le sue
contraddizioni e la sua profonda umanità: Giovanni Lindo Ferretti. Un film, in
definitiva, che ritrae"…un
poeta contemporaneo…” che racconta “…la saga umana e artistica di Giovanni Lindo Ferretti per restituire
la complessità di un personaggio che ancora oggi scatena sentimenti e opinioni
contrastanti".
Giovanni Lindo Ferretti è il cantante che
assieme al chitarrista Massimo Zamponi fondò, nel 1982, a Berlino, il gruppo musicale
punk rock italiano “CCCP Fedeli alla linea”, scioltosi nel 1990, da cui il
regista ha ricavato il titolo di questo gioiello cinematografico. “Fedele alla
linea” è un film basato, come già detto, su immagini stupende e monologhi di
Ferretti dove le une e gli altri si adattano perfettamente alle sue idee e che
si srotolano in un contesto scenografico montano rurale, epico, povero di mezzi
ma continuamente arricchito da quel rapporto quotidiano uomo-natura essenziale
per acquisire un senso alla vita, dove appunto il concetto di “povertà”
comunemente intesa è “sinonimo di libertà”. Libertà che viene richiamata e
rappresentata più volte nel film dalla figura epica del cavallo che contrasta
con quella vita che si svolge in una città dove la povertà è “sinonimo di
schiavitù”. Un film agile, ben costruito, che, come dice lo stesso regista, non
è biografico né musicale e che affronta i temi fondamentali che riguardano ogni
essere umano, tra cui quello della contestazione giovanile, quello della morte,
quello della malattia che si ripete differenziandosi nei modi quasi in modo ciclico,
quello del senso della vita, quello del rapporto madre-figlio, quello della
religiosità che è insita nel comportamento di una persona. Tutti temi questi che
appartengono a ogni essere umano e che, per questo, danno al film il carattere
di universalità. Sebbene alcune di queste questioni siano negative per l’esistenza
di un uomo, il regista con una
narrazione fluida, stupenda, accattivante, coinvolgente, evidenzia di ognuno di
esse l’aspetto positivo colto da Ferretti. E per questo il film appare fresco,
genuino, scorrevole, avulso da qualsivoglia denuncia, intriso di quel senso
della vita che descrive, dunque, gli aspetti vantaggiosi di ogni azione subita
o fatta dall’uomo, anche quella più dolorosa con la rappresentazione di un
mondo di cui si sta perdendo la memoria, in cui il valore della morte “si vive”
tutti i giorni e a cui ci si abitua a tal punto da non far paura. Di quel mondo
che l’instaurarsi della società “moderna” vuol inconsapevolmente distruggere i
connotati degli antichi valori che l’essere umano a fatica e stentatamente si è
costruito nel corso dei millenni della sua esistenza sulla Terra.
Un film dalle immagini meravigliose, rustiche, primordiali, statiche, fisse nel
tempo, che descrivono un piccolo paese abbandonato dell’appennino emiliano dove,
come dice Ferretti, si è vissuto un medio-evo fino a circa mezzo secolo fa,
finché non vi fu tracciata una strada, la quale, per ironia della sorte, fu
interrotta da una frana come per significare che quel mondo non doveva essere
contaminato.
La visione di questo
film, che genera forti emozioni, evidenzia, dunque, una domanda dal significato
esistenziale e da cui emerge una continua ricerca di autenticità di vita tant’è
che la stessa malattia, come sostiene ancora Ferretti, è vissuta come “la parte più vitale della mia vita”.
Per questo il regista racconta questo mondo, lontano e vicino al tempo stesso
da ciascuno di noi, prima che se ne perda la memoria, sfruttando appunto il
ritorno definitivo alle origini di Ferretti, da cui emerge la “forza del
passato”, la sua possanza come recita Dante Alighieri “Quivi
è la sapienza, e la possanza, ch'aprì le strade tra 'l cielo, e la terra”
(Paradiso, XXIII), o come si
evince dal romanzo “I sassi di Kasmenai” (ed. Il foglio, 2008) o così come ha
fatto dire Pasolini nell’episodio “La ricotta” del film "RoGoPaG" (acrostico di Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti)
(1963):
"Io sono una forza del Passato./
Solo nella tradizione è il mio amore./ Vengo dai ruderi, dalle Chiese,/
dalle pale d'altare, dai borghi/ dimenticati sugli Appennini o le Prealpi,/
dove sono vissuti i fratelli./ Giro per la Tuscolana come un pazzo,/ per
l'Appia come un cane senza padrone./ O guardo i crepuscoli, le mattine/
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,/ come i primi atti della Dopostoria,/ cui io sussisto, per privilegio d'anagrafe,/ dall'orlo estremo di qualche età/ sepolta. Mostruoso è chi è nato/ dalle viscere di una donna morta./ E io, feto adulto, mi aggiro/ più moderno d'ogni moderno/ a cercare i fratelli che non sono più".
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,/ come i primi atti della Dopostoria,/ cui io sussisto, per privilegio d'anagrafe,/ dall'orlo estremo di qualche età/ sepolta. Mostruoso è chi è nato/ dalle viscere di una donna morta./ E io, feto adulto, mi aggiro/ più moderno d'ogni moderno/ a cercare i fratelli che non sono più".
Il film, distribuito da Cineteca di Bologna in collaborazione con Articulture
e Apapaja, uscirà nelle sale a partire da venerdì 10 maggio.
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