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giovedì 2 maggio 2013
Dal film “Nella casa”, il regista Ozon fa emergere come la cultura possa essere un mezzo per manipolare gli individui
Titolo: Nella casa
Titolo originale: Dans la maison
Regia: François Ozon
Sceneggiatura: François Ozon
Produzione: Francia 2012
Cast: Fabrice
Luchini, Ernst Umhauer, Kristin Scott Thomas, Emmanuelle Seigner, Bastien
Ughetto, Denis Menochet, Jean-Francois
Balmer, Yolande Moreau, Catherine Davenier, […]
“Nella
casa” di François Ozon è un film straordinario, sorprendente per il tema
affrontato, ricco di significati profondi e umanamente considerevoli che, da
una lettura esaminata a fondo, dà spazio a molteplici interpretazioni suggestive e stimolanti. Un film che riesce a
sorprendere lo spettatore e a lasciarlo meravigliato per l’originale storia dai
contenuti culturalmente elevati, i quali riguardano particolarmente la pittura e la letteratura. Aspetti culturali
questi, che rispetto al recente passato, d’altra parte sembrano non più poter condizionare
o non incidere sui comportamenti individuali delle persone per modificarli positivamente,
e appaiono staccati da una realtà in continua trasformazione e fluida. E, al
contrario, se utilizzati in maniera distorta e finalizzata al raggiungimento di
uno scopo egoistico e manipolatorio, essi stessi o meglio i protagonisti che
gestiscono tali aspetti culturali vengono sopraffatti, tant’è che la raffinata Jeanne
(Kristin Scott Thomas), come gallerista sarà costretta a chiudere la galleria
d’arte e, suo marito Germain (Fabrice Luchini), professore, verrà licenziato dalla scuola dove insegna letteratura.
Una visione pessimistica anche se rigorosa dunque della realtà presente.
Il
film è tratto dal dramma teatrale “El chico de la última fila” del
drammaturgo spagnolo Juan Mayorga, il cui titolo volutamente “assegna” il posto
all’ultimo banco in classe a Claude che, come il “capitano Gerd Wiesler” (Ulrich Mühe) nel film
“Nelle vite degli altri” (2006) di Florian Henckel, cerca di indagare sull’intimità
di una famiglia anche se per un fine molto ben diverso senza che lui, per la
posizione che occupa (l'ultimo posto), possa essere controllato. Ma questo vale fino ad un certo
punto, finché non ne viene travolto e sconvolto. Un obiettivo questo che non
è quello di controllare, per sopprimerla, l’ideologia delle persone contraria
al regime come avviene nel già citato “Le vite degli altri” ma, all’opposto, è quello
di colmare il vuoto affettivo che è stato generato in Claude dalla mancanza
della madre che lo ha abbandonato in seguito all’invalidità del padre rimasto disoccupato
che, per forza di cose, ha bisogno delle sue cure anche se ancora infante.
Lo stesso titolo “Nella
casa”, in termini psicologici ,sembra voler invitare lo spettatore, cioè il
fruitore del messaggio che il regista Ozon con questo film vuole dargli e gli
dà con efficacia, ad indagare sull’intimità nel luogo dove le persone si
sentono al sicuro, cioè nella loro privatezza, per valutare la loro
personalità, per immergersi nella loro
segretezza e condividerne l’essenza genuina, e per colmare quell’assenza di
sentimenti che condiziona il comportamento personale. Il regista, per raggiungere
questo scopo, utilizza Germain (Fabrice Luchini), professore di letteratura di
un liceo, il quale sfruttando, le doti eccezionali nella scrittura di un suo
studente brillante Claude (Ernst Umhauer) ne stimola l’immaginazione favorita
dalla palese richiesta, non dichiarata e inconsapevole, di questi di colmare il
vuoto affettivo che è in lui. Germain, alter
ego del regista, in definitiva cerca di entrare assieme a Claude, manipolando
questi attraverso il suo saper scrivere, “Nella casa”, l'intrusione del quale rompe gli equilibri
che caratterizzavano le relazioni dei suoi componenti. E, Claude per far questo,
sfrutta le carenze che il suo compagno di classe Rapha (Bastien Ughetto) manifesta
soprattutto in matematica. In altre parole, Germain diventa carnefice e Claude sua
vittima, che a sua volta, per transitività,
diventa carnefice sul suo compagno-amico. Successivamente la dinamica
degli eventi, delle relazioni affettive instauratesi e dei comportamenti individuali
assunti conseguenzialmente, tuttavia, porta violentemente ad un’inversione biunivoca
dei precedenti ruoli. Per la proprietà transitiva, infatti, Rapha diventa
carnefice del suo professore Germain per vendetta su Claude avendo compreso che
questi, essendo attratto morbosamente da sua madre Esther (Emmanuelle Seigner),
ne era diventato il mezzo manipolato per indagare sulla propria famiglia. Un’ulteriore
lettura del messaggio che il regista vuole trasmettere è quella che corrisponde
al fatto che le azioni degli uomini sono guidate soprattutto dalla curiosità e da
quelle carenze affettive e intime che si accumulano in ogni individuo sin
dall’infanzia e ne condizionano il percorso vitale.
Il regista è stato
molto bravo non solo nella sceneggiatura ma anche nella scelta degli attori
tenendo conto dell’esperienza lavorativa di questi e dei ruoli che hanno
coperto nei loro film. Infatti, contrappone l’eleganza e la raffinatezza culturale
di Kritin Scott Thomas, manifestate in
tutti i suoi film, allo squallore culturale e alla sensualità prorompente espressi
da Emmanuelle Seigner, come in “Luna di fiele" (1992) di Roman Polanski, o anche
l’ordinaria naturalezza straordinaria di Fabrice Luchini, come in “Parigi”
(2008) di Cedric Klapisch, alla goffaggine di Yolande Moreau (che ricopre il
ruolo delle gemelle), come in “Séraphine” (2008) di Martin Provost.
Il film ha avuto sei
nomination al Premio Cesar 2013 per il “Miglior film francese”, per la
“Migliore regia" a François Ozon, per "Il migliore attore" a Fabrice Luchini, per
"Il migliore attore esordiente" Ernst Umhauer, per "La migliore sceneggiatura non
originale" e per "La migliore colonna sonora".
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