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venerdì 25 agosto 2017
“La fratellanza”, un film denuncia sullo stato di degrado umano delle carceri americane
Titolo: La fratellanza
Regia e
sceneggiatura: Ric Roman Waugh
Produzione
Paese: USA 2017
Durata: 121
minuti
Data uscita: 7
settembre 2017
Cast: Nikolaj Coster-Waldau, Lake Bell, Jon Bernthal, Jeffrey Donovan, Max Greenfield, Omari Hardwick,
Benjamin Bratt, […]
La fratellanza è un crime triller del regista Ric Roman Waugh’s, dove l’attore Nikolaj Coster-Waldau interpreta Jacob Money Harlon, un affermato uomo d’affari di Pasadena, sposato con Kate (Lake Bell) e un figlio, con
la quale porta avanti una vita esemplare con una famiglia splendida.
Tutto questo, tuttavia, finisce in una notte quando, in stato di ebbrezza al
volante, Jacob causa un incidente mortale nel quale perde la vita il suo
migliore amico Tom (Max Greenfield). Come un battito d’ali di farfalla può
causare un uragano così, per l’omicidio stradale colposo, Jacob viene condannato a scontare due anni in
prigione circondato da veri criminali. In una prigione dove una persona “perfetta” come Jacob
per difendere la propria dignità è costretto ad adeguarsi a quell’ambiente
infernale. Pur di sopravvivere all’interno della gerarchia della prigione, in
cui una mossa sbagliata può significare la fine dei giochi, Jacob è
costretto a fare, dunque, delle scelte che sono contrarie alla sua vita
precedente. Indosserà così la maschera
di Money e farà la sua ascesa all’interno
della gang della Fratellanza Ariana, nella
quale la sua morale e la sua dignità saranno messe a dura prova. Dopo il suo rilascio in libertà vigilata, presenta una doppia
personalità, diventa Jacob/Money e
torna per le strade di Los Angeles come un uomo cambiato, ma dove inizia
una difficile partita a scacchi con l’agente Kutcher (Omari
Hardwick) e lo sceriffo di Los Angeles County Sanchez (Benjamin Bratt), mentre la sua gang lo obbliga a organizzare
uno scambio illegale di armi da fuoco minacciandone la famiglia.
Il regista Ric Roman Waugh’s per comprendere realmente la vita che un condannato conduce in una
prigione, vi ha lavorato come guardia volontaria per due anni vivendone
direttamente la violenza profonda, disumana e toccante. Una violenza che non
può essere né vietata né controllata perché è latente, se ne respira l’aria, e
perché “le regole della gang sono più
importanti delle regole dei poliziotti.”
Per questa sua esperienza, il regista presenta la prigione realmente per
quella che è, che è quella descritta nel film, un vero inferno che, sin dalle
prime immagini, lascia venire in mente i primo versi danteschi del terzo canto
dell’Inferno: Per me si va ne la città dolente,/ per me si va ne l'etterno dolore,/ per me si va tra la perduta gente. … dove “lasciate
ogni speranza, voi ch’entrate”. In quella prigione, i prigionieri sono
tatuati, imbruttiti, orrendi, deformi, disumani, a causa della vita insidiosa e
sotto continua violenza sia fisica che psichica, dove, in definitiva, ogni uomo si definisce dalle sue azioni e
deve scegliere se essere vittima o
guerriero. In quell’ambiente disumano, dove l’animale umano usa la sua arma più potente, la mente, si crea la condizione di natura umana che determina Lupus est homo homini come asseriva,
già nel III sec. a.C., il commediografo latino Tito Maccio Plauto nella
commedia Asinara o, circa venti secoli
dopo, come sosteneva parimenti il filosofo inglese Thomas Hobbes con l’asserzione Homo homini lupus (l’uomo è lupo per un
altro uomo), secondo cui le azioni umane sono dettate dallo spirito di
sopravvivenza e da quello di sopraffazione.
Il regista con grande maestria utilizza continui flashback,
mediante i quali mette a confronto le azioni presenti e quelle passate, evidenziando
il fatto che ogni azione umana potrebbe avere delle conseguenze disastrose,
così come succede a Jacob “Money” Harlon. Egli fa uso pure di primi
piani che mettono in evidenza gli stati emotivi e sofferti dei diversi
protagonisti e utilizza accorgimenti vari che coinvolgono e attraggono lo
spettatore, come il susseguirsi di colpi di scena per tutta la durata del film,
e la musica che ben si adatta agli eventi raccontati.
Il film è condotto, per quanto detto, in modo realistico con i suoi
aspetti nudi, crudi e violenti, e vuole mettere in evidenza l’aspetto altamente
diseducativo della prigione in quanto chi sbaglia non ha possibilità di
recuperare. Il contrario di ciò che hanno, invece, dimostrato i registi Paolo e
Vittorio Taviani con il film Cesare deve
morire (2012).
Filmografia
Felon
(2008), Snitch – L’infiltrato (2013).
Francesco
Giuliano
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