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sabato 19 gennaio 2013
Con “Django Unchained”, Tarantino confeziona con il suo inconfondibile stile un film divertente e ricco di significati.
Titolo:
Django Unchained
Regia
e sceneggiatura: Quentin Tarantino
Produzione:
USA 2012
Cast: Jamie Foxx, Christofh
Waltz, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington, Walton Goggins,
James Remar, Don Jonhson, […]
Quest’ultimo
film “Django Unchained” di Quentin Tarantino vuole essere un omaggio al film western
italiano “Django” (1966) diretto dal regista italiano Sergio Corbucci e
interpretato da Franco Nero che in questo film è un cameo, cioè che interpreta
una piccola parte, quella di Amerigo, amico del crudele Calvin Candie (Leonardo
DiCaprio) invitato ad assistere ad una lotta cruenta tra due schiavi negri. Ma
vuole essere, con la canzone “Ancora qui” cantata da Elisa Toffoli, anche un
omaggio a Ennio Morricone che compose la bellissima musica del primo film
western italiano “Per un pugno di dollari” (1964) di Sergio Leone, con il quale
si avviò il prolifico filone di film spaghetti western, da cui il regista
prende diversi spunti. Non è un caso, infatti, che la colonna sonora comprenda
brani di film come il citato “Django, “Lo chiamavano Trinità” e altri, o ancora
lo stesso Quentin Tarantino è un cameo che scoppia in una miriade di pezzi con
la dinamite che portava seco.
“Django
Unchained” è un film completo perché affronta tanti temi sociali importanti e attualissimi,
e rientra nell'inconfondibile stile beffardo e bizzarro con il consueto
linguaggio iperbolico, se pur violento, ma quietamente esilarante del regista di "Pulp Fiction" (1994). Il
susseguirsi di ogni scena, di ogni azione, di ogni frase detta, di ogni sguardo, dall’inizio sino alla fine, attrae
lo spettatore e lo incolla sulla poltrona costringendolo a non distrarsi
neppure per un attimo per fargli cogliere il suo messaggio ironico che è contro
il cinismo, contro la sopraffazione dell’uomo sull’uomo e quindi contro il
razzismo e la schiavitù, contro l’orgoglio umano causa di tante nefandezze.
Al
tempo stesso però, Tarantino trasmette un messaggio che esalta la libertà,
l’amicizia e l’amore, sentimenti e concetti per i quali l’uomo mette in gioco
tutto, anche la sua vita. Per questo il regista-sceneggiatore ha preso spunto nella
stesura della scenografia dal mito parzialmente modificato di Sigfrido, l’eroe nordico
che libera la sua amata Brunilde, prigioniera del feroce drago. È, quindi, un film
sull’amore, quel forte sentimento impulsivo carico di attaccamento verso una
persona o verso un ideale. Ma è anche un film sull’amicizia, l’altro sentimento
affettivo, profondo e vicendevole tra due individui, che, insieme all’amore, è
caratterizzato da forte emotività e spirito sociale, ed è basato su un rapporto
biunivoco di rispetto e di stima. Cicerone nel suo saggio sull’amicizia
“Laelius de amicizia” affronta il tema su questo sentimento e scrive che
“amicus certus in re incerta cernitur” (il vero amico si manifesta nei momenti
di bisogno). Ancor prima lo stesso Aristotele tratta sull’amicizia che
considera una qualità e un bene indispensabile
all'uomo che non può vivere senza amici, importanti sia nella fortuna che nella
sfortuna, nel privato che nel pubblico, nella giovinezza che nella senilità.
E
sul concetto di libertà, è bene citare ancora Cicerone che in “Repubblica”
afferma che “La libertà non si basa nell'avere un padrone probo, ma nel
non averne”, ma anche il
filosofo inglese Isaiah Berlin che, in “Quattro saggi sulla libertà”
(Feltrinelli, Milano, 1989), sostiene che “L'essenza della libertà è
sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché
così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso
ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti
per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è
questa, e senza di essa non c'è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno
l'illusione di averla”.
I
concetti su esposti che abbracciano la sfera sentimentale, filosofica e sociale
del sapere umano sono tutti esposti ed esaltati magnificamente nel film che
descrive la storia di Django (Jamie Foxx), un negro schiavo, intorno alla metà
dell’ottocento negli Stati Uniti d’America del Sud, il quale viene liberato da
un tedesco, il dottor King Schultz (interpretato magnificamente da Christofh
Waltz) che da dentista diventa un cacciatore di taglie. Tra i due si instaura
un sentimento di amicizia molto forte, tant’è che attraverso una serie di
peripezie, di uccisioni di ricercati che spruzzano sangue da tutte le parti,
anche sulla lanugine del bianco cotone, i due riescono a farsi ospitare da un
grande latifondista Calvin Candie che detiene per la coltivazione del cotone
una miriade di schiavi negri, tra cui Brumilda (Kerry Washington), moglie di
Django, con l’intento di liberarla. In questo contesto, Tarantino mette in
evidenza la violenza inaudita e disumana delle azioni di Candie, esaltata soprattutto
dalla lotta fratricida tra due negri, dall’aver fatto sbranare dai suoi cani
senza batter ciglio un negro che aveva cercato di fuggire, dall’aver completamente plagiato così
bene il suo maggiordomo Stephen (Samuel L. Jackson) da farlo schierare sempre
dalla sua parte e da difenderlo in ogni condizione.
“Django Unchained”
è un film perfetto per la scenografia, per i diversi colpi di scena, per la
bravura degli attori (tra i quali si distinguono, primo fra tutti Christofh
Waltz, e in particolar modo Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson e Jamie Foxx), per l’ironia e per il linguaggio paradossale e
tragicomico usato. Il film ha, infatti, ottenuto cinque nomination al premio Oscar
2013
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