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mercoledì 1 febbraio 2012

Il panteismo raccontato nel film “Una vita nel mistero” di Stefano Simone.





Titolo: Una vita nel mistero

Regia, fotografia e montaggio: Stefano Simone

Soggetto e Sceneggiatura: Emanuele Mattana

Musiche originali: Luca Auriemma

Costumista: Dora De Salvia

Produzione: Jaws Entertainment, Italia, 2010

Cast: Tonino Pesante, Dina Valente, Francesco Granatiero, Don Antonio D’Amico, Cosimo S. Del Nobile, Lello Castriotta, Amilcare Renato, Grazia Orlando, Sabrina Caterino […]



Questo film rappresenta il primo lungometraggio con il quale il bravo e giovane regista promettente Stefano Simone ha esordito (2010) con appiglio straordinario, sobrio ed essenziale nel Cinema italiano. Così come farà col successivo Unfacebook (2011), Stefano Simone conduce questa pellicola in modo sui generis, precisamente in stile horror, dove la suspense è alternata da situazioni che suscitano attese ansiose miste ad angosce, anche se il tema affrontato non ha niente a che vedere con questo stile, e dove i dialoghi sono ridotti all’essenziale. Le sequenze di immagini accompagnate dalle musiche di Luca Auriemma contribuiscono in modo magistrale a tenere con il fiato sospeso e in continua attesa di eventi e di spiegazioni lo spettatore. Ogni scena, ogni parola, ogni movenza e ogni gesto sono studiati all’uopo nei minimi particolari. Ogni cosa del film dunque desta attenzione.

Il film presenta diverse chiavi di lettura su un fatto realmente accaduto e del quale chi frequenta i luoghi di padre Pio (Petralcina, s. Giovanni rotondo) sicuramente ne avrà sentito parlare. Una chiave di lettura è quella religiosa.


Il titolo Una vita nel mistero, infatti, fa presagire per i credenti la storia di una vita salvata per miracolo, parola questa che dal latino miraculum indica qualcosa di meraviglioso, un evento straordinario avvolto appunto nel mistero, di cui è difficile individuarne la causa, attribuendogli per questo l’origine divina. La stessa citazione di Blaise Pascal all’inizio del film Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce sta a dimostrare questo. Mentre la frase detta dal protagonista Angelo Sormani (Tonino Pesante) La vita è un mistero per trovare una giustificazione bisogna aver fede assieme alla recita della poesia “Novembre” di Giovanni Pascoli: Gemmea l'aria, il sole così chiaro/che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,/ e del prunalbo l'odorino amaro/ senti nel cuore.../ Ma secco è il pruno, e le stecchite piante/di nere trame segnano il sereno,/ e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante/sembra il terreno./ Silenzio, intorno: solo, alle ventate,/ odi lontano, da giardini ed orti,/ di foglie un cader fragile. È l'estate/ fredda, dei morti, documentano le concezioni che la felicità è un'illusione e che sulla vita breve gravano tristezza, solitudine e morte.
Per i razionalisti, invece, è considerato miraculum un evento di cui l’uomo in quel momento non sa spiegarsi la causa in quanto non ne conosce le leggi che lo hanno determinato. In termini spinoziani, inoltre, rispetto a questi eventi eccezionali richiamarsi alla volontà divina vuol dire ammettere i limiti della conoscenza umana, o meglio manifestare apertamente l’ignoranza umana. Due posizioni dunque contrapposte che vengono trattate anche nei dialoghi tra una credente e un ateo di cui è permeato il romanzo Il cercatore di tramonti (2011).

Il tema, quello religioso appunto, affrontato dal regista in questo film, a causa di ciò non è dei più facili da discutere e da far comprendere ad una cerchia di spettatori soprattutto a quella degli agnostici e dei non credenti. Tuttavia la bravura di Simone sta proprio in questo. Egli riesce a condurre il film in maniera tale da farlo “digerire” anche agli spettatori più scettici in tema di miracoli perché egli perviene alla descrizione della posizione fideista in maniera acritica, distaccata, dove la fede ha la meglio sulla ragione, nel senso che la fede potrebbe essere un rimedio ai mali di cui non se ne conosce la causa e vuole raccontare, riuscendoci in pieno, acriticamente l’evento così come è divulgato per vox populi.
In questa chiave di lettura religiosa, tuttavia, il film tocca il panteismo, che dal greco significa Tutto è Dio, con cui si vuole identificare la divinità con la natura. Piante e fiori diventano quasi attori del film in quanto opere di Dio. E ciò si coglie quando il protagonista del film Angelo fotografa le immagini più significative, spettacolari e sensazionali con la convinzione che Dio tramite la Natura gli offre, e con le quali Dio gli vuole dare delle indicazioni ben precise sul succedersi degli eventi. O anche quando lo stesso protagonista passeggia immerso in un florido campo verde accarezzato dagli alti steli di fieno mossi dal vento. Immagini bellissime e anche suggestive, ma soprattutto profondamente significative.

Si può leggere il film anche in chiave psicologica: il protagonista la cui indole è predisposta verso l'autosuggestione ha la piena convinzione che con la fede possa risolvere il problema che lo assilla: la guarigione della moglie Antonietta (Dina Valente) affetta da un tumore che le lascia non più di due mesi di vita. La stessa autosuggestione gli fa antropomorfizzare le forme di alcuni corpi che gli si presentano innanzi, come le nuvole o la mollica di pane che assumono la forma di padre Pio o ancora il fazzoletto che assume la forma di angelo. Oppure la stessa autosuggestione che lo lascia perplesso di fronte ad altri fatti per lui inspiegabili come la goccia di caffè che prende la forma di cuore, o il pendolo dell’orologio che si ferma improvvisamente, o la candela accesa la cui fiamma si spegne senza motivo, o ancora la tenda che si muove senza che ci fosse un alito di vento, o il giornale che si sfoglia autonomamente fermandosi, o, infine, il telefono che squilla a vuoto.

Un’altra chiave di lettura è anche quella dell’amore che permea il film per tutta la sua durata, in cui si delinea la continua lotta del bene contro il male, tant’è che quando Angelo fa vedere la foto della nuvola, che raffigura padre Pio, al prete (Don Antonio D’Amico), questi ne coglie anche le sembianze del diavolo: Dio è ovunque - afferma. Ma anche il male.
Esiste, infine, nel film l’insegnamento del do ut des (un valore) nel senso che chi dà prece riceve grazia, chi crede sarà gratificato, chi è generoso sarà ricompensato, chi ama sarà amato. In definitiva, chi dà in un modo o nell'altro riceverà qualcosa in cambio.

Fonti:
http://www.ilfoglioletterario.it/catalogo_narrativa_il_cercatore_di_tramonti.htm
http://www.wikipedia.it/