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mercoledì 11 settembre 2013
“L’intrepido” è la favola di un uomo che lotta contro la violenza dei nostri tempi
Titolo:L’intrepido
Regia:
Gianni Amelio
Sceneggiatura:
Gianni Amelio, Davide Lantieri
Produzione:Italia,
2013
Cast:
Antonio Albanese, Alfonso Santagata, Livia Rossi, Sandra Ceccarelli, Gabriele
Rendina,[…]
Dal
vocabolario Treccani "intrepido" (etimologicamente proviene da latino
in-trepidus, non timido), che fa
ricordare quel bellissimo e istruttivo settimanale di fumetti (Liberty Kid,
Bufalo Bill, Roland Eagle, Il Cavaliere ideale, Il principe del sogno, Arturo e
Zoe, ecc.) comparso nelle edicole a metà
degli anni ’50, è colui “che non trema di paura, che
mostra saldezza di cuore e fermezza d’animo soprattutto nel compiere atti di
valore, nell’affrontare un pericolo, nell’iniziare e proseguire in un’azione
anche rischiosa ritenuta un dovere (detto perciò in genere di chi dimostra un
coraggio attivo …” e questo è il carattere che dimostra Antonio Pane (Antonio
Albanese) il protagonista del film “L’intrepido” di Gianni Amelio. Il film,
presentato alla 70^ Mostra del Cinema di Venezia, molto apprezzato dalla stampa
presente tant’è che ha avuto 11 minuti di applausi, è una favola ambientata nel
nostro tempo, a Milano. Esso descrive le vicissitudini un eroe, ovvero di un
uomo comune che dà prova di grande valore e coraggio compiendo azioni
straordinarie dal punto di vista umano e che dà prova di grande generosità e di
spirito di sacrificio. Un uomo che si distacca, appunto per ciò, dagli
stereotipi ricorrenti e che trasmette quei sentimenti profondi che oggi gli
individui stanno perdendo o hanno perso del tutto. Un uomo solo, in definitiva.
Un uomo che lotta con i suoi modi contro la violenza, contro la sopraffazione,
contro gli affari loschi, che sopporta senza dramma il suo status di precario, che
ama il lavoro anche quello non
retribuito, che non si lascia distogliere dal timore, che manifesta una
ricchezza interiore di umanità che oggi è diventata desueta nelle maggior parte
persone, e che mostra un attaccamento a quei valori essenziali umani su cui si
basa il vivere comune. Antonio Pane, 48 anni, divorziato dalla moglie (Sandra
Ceccarelli) vive solo, ha un figlio (Gabriele Rendina) che studia al
Conservatorio e suona il sax, ed è sfruttato da un camorrista (Alfonso
Santagata) che si prende una parte degli emolumenti dei lavori giornalieri o
anche orari, di tutti i tipi e di tutte le taglie, che gli procura. Antonio cerca
di uscire da questo stato di precariato partecipando inutilmente ad un concorso
dove, per caso, conosce una donna (Livia Rossi), una giovane senza lavoro con
la quale fa amicizia. La donna risulta disadattata, disorientata, senza punti
di riferimento nella società in cui vive, la quale non le dà nessuna speranza
di crescita individuale e che ha represso i suoi sogni, base essenziale per
vivere e per dare un senso alla vita. Senza sogni non c’è amore, senza sogni
non c’è vita. Il film viene condotto con una vena pessimistica, e anche tragica,
che porta lo spettatore a riflettere sullo status quo e per il quale costituisce
una finestra che si affaccia sulla società attuale mettendone in risalto tutte
le sue problematiche sociali ed economiche, ma che trasmette, al tempo stesso,
il modo, secondo il regista, di risollevare le sorti degli individui e di dare loro
la capacità di ritornare a sognare .
Gianni Amelio,
calabrese sessantottenne, è un regista che ha sempre fotografato con profondità
e con perspicace acume la condizione umana nella sua amara realtà. Esordisce
con “Colpire al cuore” (1983) sul terrorismo, ritorna con “I ragazzi di via
Panisperna” (1988) sugli scienziati che, con le loro divergenze, hanno dato
impulso alla fisica moderna. Nel 1991 mette in campo “Porte aperte” che si
aggiudicò la nomination all’Oscar 1991 con un grande Gian Maria Volontè e,
l’anno seguente, “Ladro di bambini” (1992). Nel 1994 ritorna con “Lamerica” che
descrive, come un cronista integerrimo, le vicende del popolo albanese
abbagliato dal miraggio italiano. Vince, poi, il Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia
1998 con “Così ridevano” sull’emigrazione meridionale al nord. Il suo penultimo
film è “Il primo uomo” (2012) premiato dalla critica internazionale al Festival
del Cinema di Toronto. Ora Amelio ha realizzato “L’intrepido”, presentato al
70° Festival di Venezia. La sceneggiatura ruota attorno al grande Antonio Albanese che, con la sua
bravura, regge magnificamente ed esalta con perspicacia il film per tutta la sua
durata.
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