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mercoledì 31 luglio 2013

“L’amico di famiglia” di Paolo Sorrentino è una descrizione acerba di una società traviata

Titolo: L’amico di famiglia
Regia: Paolo Sorrentino
Produzione: Italia, 2005

Cast: Giacomo Rizzo, Fabrizio Bentivoglio, Laura Chiatti, Gigi Angelillo, Clara Bindi, Marco Giallini, Valentina Lodovini, Giorgio Colangeli, […]
L’amico di famiglia”, un film ormai datato (la sua uscita nelle sale risale al mese di novembre 2006), trasmesso l’altro giorno in prima serata in un canale televisivo, di cui è bene scrivere di nuovo perché risulta tuttora attualissimo, in quanto descrive una società traviata nei valori e nelle consuetudini, in cui nessun personaggio, per le corrispettive vicissitudini caratterizzate da avido squallore e da miseria d’animo, si salva dal punto di vista morale. Paolo Sorrentino, da grande narratore qual è, non fa il moralista, ma si limita a descrivere soltanto i fatti nudi e crudi delle sue maschere senz'anima e da questa descrizione emerge una società malata, forse ridotta in tale stato da un ventennio di politica cieca e assurda che ha fatto di tutto per far scambiare quei valori nobili, che l’uomo si è conquistato in millenni di storia, con “valori” negativi, come il ricatto, la violenza psicologica oltre che fisica, l’opportunismo, la prostituzione, il cinismo esasperato, e così via.  Ogni personaggio del film manifesta i suoi difetti, i quali invece appaiono come normalità, come se fossero pregi, comportandosi senza pudore, senza pentimento e spesso, anzi sempre, a discapito della dignità. Personaggi deformi e mostruosi come lo strozzino truffaldino, ladro e arruffone, malato di sesso, Geremia (un grande Giacomo Rizzo), succube della propria madre inferma (Clara Bindi) che nella sua immobilità, quasi metafora di una società refrattaria, sostiene che “tutti rubano … e tutti sono infelici”, oppure come la nonna di un bambino che per giocare a Bingo chiede un prestito inventandosi una malattia incurabile (Barbara Valmorin), o, ancora, come l’amico di Geremia, il country Gino (Fabrizio Bentivoglio), abile truffaldino così come lo sono Attanasio (Marco Giallini) e l’avvocato (Giorgio Colangeli). Tra questi personaggi spicca soprattutto la novella sposa dall’aspetto immacolato di una madonna (la bella Laura Chiatti) che il padre (Gigi Angelillo) indebitato fa prostituire a Geremia per sostenere le spese del suo stesso matrimonio, in un ambiente che rappresenta l’Italietta mediocre e fraudolenta fatta di faccendieri e traffichini, dove si pensa che la democrazia abbia peggiorato la società avendo eliminato la schiavitù (Non ci sono piu' servi. Purtroppo la democrazia ha fatto piazza pulita delle buone abitudini), dove tutto è precario (Qui tutto è in affitto, il mondo vi è stato prestato. Io vi porto il mondo quando ve lo perdete), dove l’unico sentimento che emerge è la bruttezza e la cattiveria (Potevamo fare solo i cattivi. I posti da buoni erano già tutti occupati), dove l’amicizia non si sa cosa sia (Devo dire che è un'eventualità alla quale non avevo mai pensato), dove la mostruosità esprime il carattere dell’uomo (Sono l'uomo meno affascinante sulla faccia della terra…. Non ho fiducia in Dio, perchè lui non l'ha avuta in me, altrimenti mi avrebbe fatto un poco più aggraziato!), dove l’egoismo, l’avarizia, la truffa e l’inganno sono i comandamenti da osservare.
Il film fu presentato al cinquantanovesimo Festival di Cannes dove riscosse un grande successo di pubblico ma non di critica forse per l’effetto alone determinato dal precedente film di SorrentinoLe conseguenze dell’amore “ con Toni Servillo.