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sabato 21 giugno 2014
ADHD – Rush Hour, un film che affronta un tema importante per la collettività
Titolo:
ADHD – Rush Hour
Regia
e sceneggiatura: Stella Savino
Prodotto
da: Andrea Stucovitz
Musiche:
Walter Fasano
Consulente
scientifico: Stefano Canali
Co-produzione:
Italia, Germania, 2012
Distributore:
Micromega
Patrocinio:
Regione Puglia – Giù le mani dai bambini
Questo
documentario ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity
Disorder, cioè Disturbo da Deficit di
Attenzione/Iperattività) trae il titolo da un’anormalità neuro-chimica,
un disturbo evolutivo dell’autocontrollo,
secondo cui milioni di bambini al mondo sono considerati malati. La sinossi del
film recita - La comunità
scientifica dibatte e si divide da più di 50 anni su cosa sia l’ADHD veramente.
La vostra diagnosi dipenderà esclusivamente dal medico che incontrerete sulla
vostra strada. Di certo c’è che i test di laboratorio e i criteri utilizzati
per la diagnosi sono limitati e la cura farmacologica non è senza conseguenze:
l’atomexina produce allucinazioni, gravi danni epatici e tendenze suicide, e il
metilfenidato è un’anfetamina, classificata dalla DEA (Drug Enforcement
Administration) nello stesso gruppo dei narcotici, insieme con l’eroina, la
morfina e la cocaina. L’ONU parla di emergenza sanitaria, denuncia e lancia
l’allarme ADHD “il Consiglio invita le nazioni a valutare la possibile
sovrastima dell’ADHD e frenino l’uso eccessivo del metilfenidato (Ritalin).
Negli Stati Uniti è stata diagnosticata l’ADHD nei bambini di appena un anno”.-
Il
film si svolge in un viaggio tra Europa e USA, tra laboratori di genetica e
Brain Imaging, tra aule universitarie e scuole elementari, dove il dibattito
scientifico si realizza ascoltando la voce dei protagonisti. Tra questi
troviamo il dottor Leif Elinder, pediatra svedese che dubita, in seguito agli
effetti collaterali del Ritalin, dell’efficacia di quel tipo di trattamento, o
il prof. Stefano Canali, docente universitario di Storia della Medicina e
Bioetica, il quale, citando, in una sua lezione all’interno di un’aula
universitaria romana, Franz
Joseph Gall (1796),
Alexander Crichton (1798)
e George Frederick Still (1902),
sottolinea il fatto che nel corso della storia molte malattie neurologiche sono
comparse e scomparse con la medesima velocità, come ad esempio l’omosessualità,
che era considerata una malattia. A loro si alternano le storie di bambini come
Zache, dieci anni, di Miami, che ha ricevuto la diagnosi di ADHD al primo anno di asilo, oppure di adolescenti,
come Armando, diciannove anni, studente romano del terzo anno delle scuole
superiori, che - essendogli stato diagnosticato l’ADHD all’età di dieci anni -,
è sottoposto da ben nove anni a cura farmacologica, la quale gli produce, tra
gli effetti collaterali, lo sdoppiamento della personalità. Storie che si
intercalano con i travagli interiori, le angosce e i patimenti raccontati dalle
rispettive madri.
A
tutte queste voci si unisce anche quella di Lindsay, venticinque anni, che vive
a New York, laureata, che ricevette la prima diagnosi di ADD (Attention Deficit
Disorder) a ventuno anni (la diagnosi dell’ADHD o ADD, da sempre definita nel
DSM o Manuale Diagnostico Disordini Psichiatrici, come disturbo dell’età
evolutiva, colpisce oggi anche gli adulti).
La
regista Stella Savino, napoletana, laureata in Letteratura Francese, racconta che nel 2008, leggendo “Il Corriere
del Mezzogiorno”, le capitò un articolo in cui si parlava del farmaco Ritalin
come cura dell’ADHD. Volle approfondire l’argomento su Internet, dove scoprì
che questa malattia negli USA aveva un’incidenza dell’11 % mentre in Italia
soltanto dell’1 %, e che la relativa diagnosi non richiede analisi cliniche ma
si basa soltanto sulla valutazione non metodologicamente scientifica di un
ipotetico deficit di attenzione o di iperattività. Il divario molto ampio tra quei valori
percentuali e l’assenza di dati analitici oggettivi la spinse ad indagare
sull’argomento pensando di sollevare delle questioni in merito. Rivolgendosi a
consulenti, come il citato prof. Stefano Canali, venne a conoscenza che personaggi
come Picasso, Roosevelt, Einstein e altri, nella loro infanzia avevano mostrato
deficit di tal natura che, però, non gli aveva impedito di diventare uomini
straordinari e famosi.
Per
questo Stella Savino, con un’esperienza
professionale maturata, sin dal 2003, nel mondo del documentario come
assistente alla regia e montatrice, ha scritto e dedicato questo film “alle nostre
madri”. Un film che risulta coraggioso per il tema affrontato e che ritiene necessario
per la collettività. Un film dall’alto valore pedagogico che contiene alcune
indicazioni implicite, e cioè quella di non lasciarsi trasportare acriticamente
ed emotivamente da diagnosi che potrebbero risultare non essenziali per i figli,
e quella di valutare attentamente gli effetti collaterali che l’assunzione di taluni
farmaci potrebbe produrre sull’organismo.
It will come rush hour?
A
tal proposito, ritornano utili e significative le seguenti citazioni estratte
dal romanzo “L’intrepido alchimista”, (Senso Inverso edizioni,2014): “Bisogna rifuggire dalla magia e
dall’ignoranza, che ci tengono prigionieri del presente, che per loro mezzo
rimane statico, immobile e rende l’uomo perennemente schiavo” … “Siamo noi che costruiamo la realtà. Se
nell’uomo regna la stupidità e l’ignoranza, è evidente che la realtà non potrà
essere migliore, è una conseguenza inevitabile”.
Il
film sarà nelle sale a partire da giovedì 26 giugno.
Francesco
Giuliano
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