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mercoledì 31 gennaio 2018

“Land” in anteprima mondiale al LXVIII Festival Internazionale del Cinema di Berlino

Titolo: Land
Regia e sceneggiatura: Babak Jalali
Produzione Paese: Italia, Francia, Olanda, Messico, 2017

Cast: Ron Rodeaux, Florence Klein, Wilma Pelly, James Coleman, […] 
Nella sezione Panorama della LXVIII Berlinale sarà proiettato questo film Land basato sulle vicissitudini dei Denetclaw, una famiglia di nativi americani del Nuovo Messico, attraverso cui viene descritta l’America odierna ma nascosta, di cui si sa poco perché raramente viene raccontata.
Il film descrive appunto le vicende di questa famiglia che vive nella riserva indiana di Prairie Wolf, dove la raggiunge la notizia della morte di Floyd, il figlio minore, morto in combattimento in Afghanistan. Da quel momento molto triste, incomincia l’attesa del corpo del ragazzo che deve essere riportato nella riserva per la sepoltura.
Né Wesley né Raymond, gli altri due figli, non sembrano interessarsi al problema.
Wesley, il più giovane dei figli ancora in vita, è un alcolizzato e la morte del fratello sembra non riguardarlo in alcun modo, perché per lui l’unico scopo delle sue giornate è procurarsi la birra. Wesley è quotidianamente in contatto con i bianchi che gestiscono i negozi di liquori appena fuori dalla riserva. Quando la già difficile relazione tra le due comunità, i nativi e i bianchi, raggiunge un livello di massima tensione, scoppia una violenza da cui Wesley è direttamente colpito.
Raymond, il fratello maggiore, è, invece, un ex-alcolizzato con una moglie e due figli. Nonostante senta una forte responsabilità verso l’intera famiglia, Raymond è troppo impotente e chiuso in se stesso per fare qualcosa. Fino a quando i problemi che affliggono i due fratelli più giovani lo obbligheranno a reagire e a tornare ad essere un uomo. (Francesco Giuliano)

martedì 30 gennaio 2018

“L’abbiamo fatta grossa”,una commedia sui vizi e le virtù del nostro Paese


Titolo: L’abbiamo fatta grossa

Regia: Carlo Verdone 
Sceneggiatura: Massimo Gaudioso, Pasquale Plastino, Carlo Verdone
Produzione Paese: Italia 2016
Cast: Carlo Verdone, Antonio Albanese, Anna Kasyan, Francesca Fiume, Clotilde Sabatino, Virginia Da Brescia, Federigo Ceci, Massimo Popolizio, […] e con la partecipazione straordinaria del regista Giuliano Montaldo.


“L’abbiamo fatta grossa” è il ventiquattresimo film di Carlo Verdone, a partire dal suo debutto con il film “Un sacco bello (1980) come regista cinematografico, in cui manifesta ancora una volta, ma con una pregevole maturità artistica finanche come attore, la sua ispirazione arguta e satirica di interprete dei vizi e delle virtù del popolo italico. Vena questa che viene risaltata ancora di più dal bravo attore versatile qual è Antonio Albanese, presente nel film come coprotagonista nelle vesti dell’attore Yuri Pelagatti, il quale entra in crollo declamante dopo essere stato abbandonato dalla moglie Carla (Clotilde Sabatino), a cui deve passare pure gli alimenti. È questa la causa che fa incontrare Yuri con Arturo Merlino (Carlo Verdone), un ex carabiniere che esercita la professione di investigatore privato e che vive in casa della zia Elide (Virginia Da Brescia) alternativamente demente. Yuri, infatti, si rivolge all’investigatore per provare l’infedeltà della moglie che convive con un avvocato (Federigo Ceci). Conseguentemente a ciò, si viene a creare nel film un susseguirsi di imprevisti da quando i due, cliente e investigatore, vengono erroneamente, facendola veramente grossa, in possesso di una valigetta contenente un milione costituito da duemila banconote di 500 euro, cioè un milione di euro. Imprevisti divertenti e farseschi che rendono il pubblico partecipe doppiamente da un lato perché lo fanno ridere,  dall’altro perché lo fanno anche riflettere sui guai immorali e insanabili della nostra società. Imprevisti che conducono ad un finale anch’esso imprevedibile ma soprattutto molto amaro.

“L’abbiamo fatta grossa” è una satira pungente della società dei nostri giorni che non offre al pubblico niente di scontato perché, come anzidetto, è ricco di colpi di scena fino all’ultimo, a partire da una banconota di 500 euro che nessuno, tra tutti quelli che ne interagiscono, ha mai visto e, dato l’alto valore, nessuno è in grado di darne il resto. Una satira pure che rimarca il valore dell’amicizia e quello della famiglia, ma anche l’incapacità di chi deve fare rispettare le regole e la probabile inadeguatezza della giustizia di distinguere i “buoni” dai “cattivi”, gli “onesti” dai “disonesti”, gli “sprovveduti” dai “furbi”, gli “ingenui” dagli “imbroglioni”.
Il film ha come cameo la presenza del grande regista Giuliano Montaldo.

Filmografia  
Un sacco bello (1980), Bianco, rosso e Verdone (1981), Borotalco (1982), Acqua e sapone (1983), Troppo forte (1986), I due carabinieri (1984), Io e mia sorella ( 1987), Compagni di scuola (1988), Stasera a casa di Alice (1990), Al lupo al  lupo (1992), Maledetto il giorno che t’ho incontrato (1992), Perdiamoci di vista (1994), Viaggi di nozze (1995), Sono pazzo di Iris Blond (1996), Gallo cedrone (1998), C’era un cinese in coma (2000), Ma che colpa abbiamo noi (2003), L’amore è eterno finché dura (2004), Il mio migliore nemico (2008), Grande, grosso e Verdone (2008), Io e Lara (2010), Posti in piedi in Paradiso (2012), Sotto una buona stella (2014).
                                                                                            Francesco Giuliano

domenica 28 gennaio 2018

“Il labirinto del silenzio” descrive in modo puntuale il dramma di un popolo


Titolo: Il labirinto del silenzio
Titolo originale: Im Labyrinth des Schweigens
Regia: Giulio Ricciarelli
Sceneggiatura: Elisabeth Bartel, Giulio Ricciarelli
Produzione Stato: Germania 2014
Cast: Alexander Fehling, André Szymanski, Friederike Becht, Johannes Krisch, Hansi Jochmann, Johann von Bulow, Robert Hunger-Buhler, Lukas Miko, Gert Voss, […]




Guardando questo bellissimo ed emozionante film, pieno di suspense e di colpi di scena, “Il labirinto del silenzio”, opera prima dell’attore italo-tedesco Giulio Ricciarelli, viene subito alla mente dello spettatore  il pensiero del filosofo Immanuel Kant a proposito dell’imperativo categorico, in base al quale la massima della volontà di ogni individuo che commette un azione “possa sempre valere come principio di una legislazione universale”. Pensiero che viene riassunto nell’epitaffio riportato sulla tomba di Kant a Kaliningrad “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”. È ciò che si evince dal film seguendo il modo di agire e di pensare del giovane avvocato Johann Radmann (Alexander Fehling) della Procura di Francoforte sul Meno il quale, grazie al giornalista Thomas Gnielka (André Szymanski) e alla confessione del pittore ebreo Simon Kirsch (Johannes Krisch), deportato e sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz, le cui figlie gemelle ancora piccole furono sottoposte ad esperimenti mortali dal dottore Joseph Mengele, viene a scoprire gli orribili e criminali eccidi commessi dai soldati nazisti in quel campo. Radmann, a cui viene affidato dal procuratore generale Fritz Bauer (Gert Voss) il compito di fare emergere la verità - la ‘veritas’ come gli diceva suo padre -, si trova sin dall’inizio dell’inchiesta ostacolato da coloro che non volevano che questa affiorasse. Radmann entra così in un labirinto del silenzio sia dei carnefici che delle vittime e, come un novello Teseo che uccide il Minotauro, riesce, anche se colto da momenti di sfiducia e di rinuncia, a districarsi in esso e sconfiggere il silenzio facendo emergere la “veritas”. Guidato inconsapevolmente dall’imperativo categorico kantiano, infatti, il giovane Radmann, giovane integerrimo che ritiene il diritto essenziale fondamento della morale e della società civile, riesce pur tra mille ostacoli ad averla vinta. Tuttavia, come la manica strappata di una giacca che pur ricucita alla perfezione non può ritornare perfetta come prima, così la società tedesca avendo dato credito politico al nazismo, non potrà mai risanare il torto che ha inflitto a milioni di persone innocenti e annullare le colpe e le responsabilità tedesche durante la seconda guerra mondiale.
È bene sapere la verità e ricordare affinché non si facciano gli stessi errori gravi del passato.
Il film per la sua forza espressiva, appassionante , coinvolgente e per il tema reale affrontato è candidato al premio Oscar 2016 come Migliore film straniero.
Francesco Giuliano

sabato 27 gennaio 2018

“Gli invisibili” è un docufilm che racconta la faccia buona della Germania durante il nazismo

Titolo: Gli invisibili
Titolo originale: Die Unsichtbaren
Regia: Claus Räfle
Sceneggiatura: Claus Räfle, Alajandra López
Produzione Paese: Germania, 2017

Cast: Max Mauff, Alice Dwyer, Ruby O. Fee, Aaron Altaras, Andreas Schmidt, Victoria Schulz, Florian Lukas, Lucas Reiber, Rick Okon, […]
Questo è il primo docufilm che racconta il lato moralmente encomiabile, durante la seconda guerra mondiale, di alcuni tedeschi e le loro famiglie, che rischiarono la vita per salvare la vita di alcuni giovani ebrei. “Gli invisibili” di Claus Räfle descrive, infatti, tramite la testimonianza dei sopravvissuti alla Shoah ancora viventi, le disavventure vissute e le strategie utilizzate da alcuni giovani ebrei, Cioma Schönhaus (Max Mauff), Hanni Lévy (Alice Dwyer), Ruth Arndt (Ruby O. Fee), Eugen Friede (Aaron Altaras), Bruno Gumpel (Rick Okon), in rappresentanza dei circa millecinquecento ebrei che si salvarono grazie all’aiuto di alcune famiglie tedesche su 7000 mila che cercarono di diventare anch’essi invisibili. Quelli vennero chiamati come il titolo del film “Gli invisibili” in quanto erano presenti ma non esistevano per la Gestapo, soprattutto quando Berlino venne dichiarata “libera dagli ebrei”. A causa di ciò, questi giovani dovettero dimostrare con grosse difficoltà di essere ebrei ai soldati russi quando l’Armata Russa occupò Berlino: era il 2 maggio 1945. Giovani come tanti altri che, solo per appartenere al popolo ebreo storicamente considerato “nemico dell’umanità” sin dai tempi di Flavio Cassiodoro che, nel 500 d.C., lo dichiarò tale, sono soggetti alle grinfie di un pregiudizio che si è radicato soprattutto nelle persone di mentalità razzista. Pregiudizio alimentato da pseudoscientifiche teorie razziste che considera l’ebreo carico di odio per gli altri e bisognoso di imporre in modo subdolo il proprio dominio sugli altri, e che conseguentemente ha generato odio, persecuzioni sanguinose, massacri, stermini, espulsioni come quelle avvenute in Spagna nel 1492.
Il film è stato presente nelle sale il 25, 26 e 27 gennaio in occasione della commemorazione del Giorno della memoria 2018.
Francesco Giuliano

venerdì 26 gennaio 2018

“Chiamami con il tuo nome”, un’apologia eraclitea dell’amore

Titolo: Chiamami con il tuo nome
Titolo originale: Call Me by Your Name
Regia: Luca Guadagnino
Sceneggiatura: Luca Guadagnino, James Ivory, Walter Fasano
Soggetto: André Aciman (dal romanzo Call Me by Your Name, 2007)
Produzione Paese: Italia, Francia, Brasile, USA
Musiche:Sufjan Stevens

Cast:  Timothée Chalamet, Armie Hammer, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, Victoire Du Bois, […]
È una calda estate, quella dell’agosto 1983, quando il socialista Bettino Craxi diventa Presidente del Consiglio realizzando il Compromesso storico. In quel mese, nella campagna di una città del Nord Italia, Crema, si svolge la vita di Elio (Timothée Chalamet), un giovane molto colto che legge libri, trascrive musica, fa il bagno al fiume, esce la sera, … ma poco sa delle cose importanti, mentre sta in vacanza con i genitori nella villa della madre Annella (Amira Casar). Suo padre Lyle (Michael Stuhlbarg) è un archeologo, professore universitario, che annualmente ospita uno studente straniero per completare la tesi. Quell’anno tocca a Oliver (Armie Hammer), un giovane statunitense, molto bravo in filologia a tal punto che mette in difficoltà il professore Lyle a proposito dell’etimologia della parola albicocca. Oliver, un bell’uomo, dal corpo atletico, slanciato, vigoroso, si sente subito a proprio agio in quell’ambiente e fa senza indugio amicizia con Elio. Costui a prima vista viene attratto dal giovane americano e gradualmente, scrutando nel proprio animo, si rende conto che quell’attrazione è qualcosa che lo sconvolge perché si trasforma in un desiderio incontrollabile. La natura ha metodi ingegnosi per scovare il nostro punto debole  quando “Eros fa  centro in una persona con la sua freccia dalla punta dorata” – direbbero gli antichi Greci. Tuttavia di primo acchito, per un pregiudizio innato e per una questione di intimità, Elio è frenato dalla razionalità che lo costringe a vivere nel desiderio della bellezza prestante di Oliver ma anche nell’ambiguità, come la statua di bronzo pescata a Sirmione, nelle acque del lago di Garda, di cui Lyle dice: Muscoli sodi. Non c'è un corpo dritto in queste statue, sono tutti curvi; a volte impossibilmente curvi e così indifferenti, da questo nasce la loro ambiguità senza tempo, come se ti sfidassero a desiderarli. A poco a poco, però, in Elio quel desiderio si fa sempre di più impetuoso e travolgente, come una cascata che vista in lontananza sembra inconsistente ma che, quando ci si avvicina, essa evidenzia tutta la sua irruenza che scava e travolge ogni cosa. Un desiderio represso che fa stare male e che si tende a soffocare al suo nascere. Lyle per confortare il figlio Elio, infatti, gli confida che in tali casi Stai male e ora vorresti non provare nulla, forse non hai mai voluto provare nulla, ma ciò che ora provi io lo invidio. Soffochiamo così tanto di noi per guarire più in fretta, così tanto che a 30 anni siamo già prosciugati e ogni volta che ricominciamo una nuova storia con qualcuno diamo sempre di meno, ma renderti insensibile così da non provare nulla, è uno sbaglio. E per non sbagliare Elio e Oliver si liberano finalmente dall’ambiguità che li ingabbiava, e nessuno ostacolo incontrano nel loro rapporto neppure in quello che avevano intrapreso con le loro rispettive ragazze, Marzia (Esther Garrel) e Chiara (Victoire Du Bois), tant’è che i due novelli amanti, durante un rapporto amoroso, si scambiano i nomi: Chiamami con il tuo nome e io ti chiamerò con il mio, che equivale a scambiarsi l’anima: dammi la tua anima e io ti darò la mia. Questo è il filo conduttore di un delicato, grazioso e intelligente film come Chiamami con il tuo nome del regista Luca Guadagnino, il cui soggetto è stato tratto dal romanzo Call Me by Your Name (2007) di André Aciman. In esso, come avviene tra Adele ed Emma nel film “La vita di Adele” (2013) di Abdellatif Kerchiche, l’amore assoluto viene osannato tramite l’amore omosessuale. Un film, dunque, che dà all’amore la sua magnifica essenza: la divinità, quella divinità che, come sosteneva il filosofo greco Eraclito, vissuto tra il sesto e il quinto secolo a.C., è giorno-notte, inverno-estate, guerra-pace, sazietà-fame. Ed essa muta come il fuoco, perché il fuoco ogni cosa cancella mentre il dolore e la nostalgia si fanno grandi. Essa, dunque, va colta senza perdere tempo, dato che l’essere è in continuo divenire, in quanto non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. Per questo non va soffocato quello slancio passionale che trascendendo in un attimo diventa eterno.
Guadagnino, che nel precedente film Io sono l’amore (2009) mette in risalto il confronto tra due mondi sociali incompatibili, quello della borghesia e quello della classe operaia, ma che vengono congiunti dall’amore, e che in A Bigger Splash (2015) mette in risalto il dramma della gelosia conseguente all’amore, con Chiamami con il tuo nome completa magnificamente la sua trilogia del desiderio in quanto in esso descrive la realizzazione del desiderio che sfugge agli schemi preconfezionati.
Il regista, grazie alla sceneggiatura singolare di James Ivory e tramite l’apporto sinergico della musica Sufjan Stevens con i tre pezzi, Mystery of Love, Vision of Gideon e Futile Devices, che ne costituiscono la colonna sonora, confeziona un film che coinvolge e stravolge nel contempo lo spettatore.
Chiamami con il tuo nome ha ottenuto quattro nomination al Premio Oscar 2018, due nomination al Golden Globe 2018 e quattro al British Academy, Film Awards 2018.
Filmografia
The Protagonists (1999), Melissa P. (2005), Io sono l’amore (2009), A Bigger Splash (2015).
Francesco Giuliano

mercoledì 24 gennaio 2018

“Ella & John – The Leisure Seeker” un film che glorifica l’amore supremo

Titolo: Ella & John – The Leisure Seeker
Titolo originale: The Leisure Seeker
Regia: Paolo Virzì
Sceneggiatura: Stephen Amidon, Francesca Archibugi, Paolo Virzì, Francesco Piccolo
Soggetto: Michael Zadoorian (dal romanzo In viaggio contromano, 2009)
Musiche: Carlo Virzì
Produzione Paese: Italia, Francia, 2017
Cast: Helen Mirren, Donald Sutherland, Christian McKay, Janel Molonev, Kirsty Mitchell, Dana Ivey, Dick Gregory, Gabriella Cila, Jennifer Ward, Joshua Mikel, Robert Pralgo, Raul Colon, […]



“The Leisure Seeker” (Il cercatore di piacere) è il nome di un vecchio camper degli anni settanta, con il quale i due vecchi coniugi, ormai sulla soglia degli ottant’anni, Ella Spencer (Helen Mirren) e lo smemorato John Spencer (Donald Sutherland), intraprendono un viaggio dal Massachusetts, verso il Sud, con destinazione Key West. Questa cittadina è ubicata nella punta estrema della Florida che si affaccia sulle acque azzurre del Golfo del Messico e dove si trova il Museo della casa dello scrittore Ernest Hemingway, essendo stato John docente di letteratura e grande appassionato di questo famoso scrittore. John considera quel posto meraviglioso un Paradiso terrestre, che con la sua semplice e naturale bellezza attrae la moglie che, dopo aver percorso quasi tutta la costa orientale degli Stati Uniti, ne rimane incantata. È il paradiso?- dice John. Forse! – risponde Ella. Credi che si possa avere un hamburger quassù? chiede John alla moglie, essendo spesso colto da disturbi della memoria, come se già quel luogo fosse il Paradiso.
Ambedue, di comune accordo, intraprendono quel lungo viaggio a insaputa dei due figli, Will (Christian McKay) e Jane (Janel Molonev), i quali, non appena si accorgono del fatto, incominciano a preoccuparsi data l’età avanzata dei loro genitori, ma non riescono a rintracciarli perché la madre Ella, unica detentrice del cellulare, non risponde alle loro chiamate.
Il viaggio è lungo e pieno di insidie, tant’è che gliene accadono di tutti i colori, compreso un fatto molto pericoloso. mentre stavano ad aspettare un carro-attrezzi per la foratura di una ruota del camper, ad una coppia di ladri che gli vuole estorcere tutto ciò che hanno, Ella si presenta con un fucile e li redarguisce dicendo: Se pensate di farci paura, vi sbagliate, perché non abbiamo niente da perdere! 
Helen Mirren, alias Elena Vasil'evna Mironova, che ha ricevuto il premio Oscar 2007 come Migliore attrice protagonista per il film “The Queen – La regina”, Donald Sutherland, a cui è stato assegnato il premio Oscar onorario 2018, sono gli indiscussi e abilissimi mattatori di questo film poliedrico e straordinario per la sceneggiatura originale e sorprendente, delicato nei modi, drammatico per la tensione e il profondo dispiacere che suscita nello spettatore e, al tempo stesso, spassoso e divertente per l’ilarità che gli genera. Il grande consenso di pubblico e la simpatia che realizzano Ella e John, vecchi ma stravaganti, confermano che il pluri-premiato e mitico Paolo Virzì è un maestro del cinema d’alto livello, che, con la sua sottile abilità, sa cogliere e esaminare approfonditamente l’essenza dei sentimenti, la bellezza, la genuinità, l’irrequietezza di una coppia ma la necessità di stare in coppia, l’odio e il conseguente emergere dell’amore e tanta tenerezza dell’essere umano. Tutti aspetti questi con i quali Virzì si trastulla e fa trastullare lo spettatore, e con i quali si eleva, in questo bel film avvincente e coinvolgente, a incantatore del pubblico e a grande maestro del cinema italiano.
Il riferimento al prologo del Il vecchio e il mare (1952) romanzo di Hemingway, il quale, come riferisce John ad una cameriera di un fast food, ha fatto della sua prosa poesia: In cima alla strada, nella capanna, il vecchio si era addormentato. Dormiva ancora bocconi. E il ragazzo gli sedeva accanto e lo guardava. Il vecchio sognava i leoni, denota la sinergia che scaturisce dalla mescolanza della settima arte con la letteratura di alto rango. Ed evidenzia, come avviene per il protagonista del romanzo, la tenacia e il coraggio dei coniugi Ella e John e la loro lotta per la vita e per la morte. Non è un caso anche il riferimento al romanzo Moby Dick (1851) di Herman Melville.
Filmografia
La bella vita (1994), Ferie d’agosto (1996), Ovosodo (1997), Bacie abbracci (1999), My Name Is Tanino (2002), Caterina va in città (2003), N – Io e Napoleone (2006), Tutta la vita davanti (2008), La prima cosa bella (2010), utti i santi giorni (2012), Il capitale umano (2012), La pazza gioia (2016).
                                                                        Francesco Giuliano

lunedì 22 gennaio 2018

"Il sole a mezzanotte" una storia d'amore sulle avversità della vita che vanno affrontate in due

Dal 22 marzo 2018 nei cinema


Titolo: Il sole a mezzanotte
Titolo originale: Midnight Sun
Regia: Scott Speer
Sceneggiatura: Eric Kirsten, Kenji Bando
Musica:Nate Walcott

Produzione Paese: USA, 2018
Cast: Bella Thorne, Patrick Schwarzenegger, Rob Riggle, Quinn Shephard, Ken Tremblett, Jenn Griffin, Nicholas Coombe, Tiera Skovbye, [...]



La diciassettenne Katie (Bella Thorne) è costretta fin da piccola a vivere nel buio della sua abitazione a causa di una rara malattia che  la obbliga a non stare esposta alla minima luminosità, altrimenti muore. Il caso, però, porterà sulla sua strada Charlie (Patrick Schwarzenegger), quel bambino che lei osservava tutti i giorni dalla finestra e che, ormai adolescente, le permetterà di conoscere l’amore in un modo del tutto speciale.
Dopo "Colpa delle Stelle" (2014) di Josh Boone, "Io prima di te" (2016) di Thea Sharrock e "Noi Siamo Tutto" (2017) di Stella Meghie, un’altra meravigliosa storia d’amore per giovani da cui si evince che l’unico modo di affrontare le avversità della vita è quello di farlo in due. Nel cast al fianco della splendida Bella Thorne c'è l’atletico e affascinante Patrick Schwarzenegger.

“Il vegetale”, una fiaba dei giorni nostri che descrive con leggera profondità l’antitesi tra i vecchi e i giovani

Titolo: Il vegetale
Regia: Gennario Nunziante
Sceneggiatura: Gennario Nunziante
Produzione Paese: Italia, 2018

Cast: Fabio Rovazzi, Luca Zingaretti, Ninni Bruschetta, Rosy Franzese, Alessio Giannone, Paola Calliari, Matteo Reza Arzchirvani, Mark Grosy, Barbara D’Urso, Katia Mironova, […]
Il titolo di questo film “Il vegetale” è esaustivo riguardo al contenuto, perché il protagonista Fabio (Fabio Rovazzi), un giovane laureato in Scienza delle comunicazioni, tutto d’un pezzo e dal carattere timido, con lavori precari e modesti, non attinenti al suo titolo di studio, che, pur essendo figlio di uno spregiudicato e arrivista geometra, alias ingegnere Ninni Rovazzi (Ninni Bruschetta), non accetta compromessi come avviene in Natura per “un vegetale”, appunto. Così si sfoga la sorella Nives Rovazzi (Rosy Franzese), ancora bambina e viziata: Sai come lo chiama papà? Il vegetale!  Per questo suo modo di essere, Fabio accetta diversi lavori da stagista, da distributore di volantini di pubblicità fino a fare il contadino con una folta squadra di immigrati neri, dove è comandato da un caposquadra anch’esso nero. Scusate ma anche voi qui per lo stage? – dice, nel giorno del suo arrivo, rivolgendosi agli immigrati dediti alla raccolta di pomodori, a differenza della fidanzata Elena che, ritenendolo un fallito, lo ha lasciato per andare a lavorare a Londra, dove è andata a fare presso un ristorante la cameriera, un lavoro umile che avrebbe potuto fare anche in Italia. Tant’è che Fabio al suo amico Pinuccio (Alessio Giannone), con il quale condivide l’appartamento in cui abita, confessa di averle detto: Mi stai lasciando per andare a fare la cameriera a Londra?
Fabio nel suo ultimo lavoro da stagista, che svolge presso un paesino sperduto dell’Appennino, conosce Armando (Luca Zingaretti), un uomo rude ma, al tempo stesso, gentile e benevolo, dal comportamento paterno, che lo aiuta e lo favorisce in tutto, anche a definire e concretizzare la relazione con la maestra (Paola Calliari) della sorella Nives, e che, al termine dello stage, lo saluta dicendogli, per incoraggiarlo, che nella vita c’è sempre una ricompensa, la gente pensa che non sia così, bisogna fregarsene del prossimo, invece bisogna sempre dare tutto quello che uno ha dentro. Poi le cose che devono arrivare arrivano.
Il film è esilarante, piacevole, coinvolgente e per tutte le età, basti pensare che la sceneggiatura è di Gennaro Nunziante che ne è anche regista, il quale, a sua volta, ha scritto e diretto tutti i film con Checco Zalone, da “Cado dalle nubi” (2009) a “Quo vado?” (2016). “Il vegetale” affronta, in modo molto semplice, brioso, pacato e con leggera profondità sia il problema della disoccupazione intellettuale dei giovani che, nella realtà attuale, vanno all’estero per compiere lavori che potrebbero fare in Italia e che, invece, vengono eseguiti da folte schiere di immigrati neri, sia il forte contrasto tra la vita superficiale e fittizia in una grande città, come Milano, e quella naturale e genuina in uno dei tanti paesini sperduti dell’entroterra italiano, sia la grande differenza tra il modo di agire illecito e immorale dei padri e quello consono alle leggi dei figli, che hanno tutte le capacità per potere risollevare le sorti del Paese.
Filmografia
Cado dalle nubi (2009), Che bella giornata (2011), Sole a catinelle (2013), Quo vado? (2016).
Francesco Giuliano

martedì 16 gennaio 2018

“Benedetta follia” o sull’opportunità di uscire dalla solitudine e “vivere”

Titolo: Benedetta follia
Regia: Carlo Verdone
Sceneggiatura: Carlo Verdone, Nicola Guagliarone, Menotti
Musiche: Lele Marchitelli, Michele Braga, Tommy Caputo
Produzione Paese: Italia, 2018
Cast: Carlo Verdone, Ilenia Pastorelli, Lucrezia Lante della Rovere, Maria Pia Calzone, Paola Minaccioni, Federica Fracassi, Elisa Di Eusanio, Francesca Manzini, Pietro Concilietti, Anna Ferraioli Ravel, Ciro Scalera, Margherita Di Rauso, Valentina d’Ulisse, […]



“Benedetta follia”, ultimo film di Carlo Verdone, è una commedia esilarante dai tratti bizzarri che segna la maturità del regista-attore, in quanto ci si trovano mescolati i caratteri di tutti i suoi precedenti film. Verdone, che veste i panni di Guglielmo Pantalei, proprietario di un negozio di prodotti religiosi che lo portano ad avere contatti con cardinali e vescovi e, quindi, con il Vaticano, si fa affiancare dall’attrice di successo del momento, Ilenia Pastorelli, diventata famosa nel film di esordio “Lo chiamavano Jeeg Robot” (2015) di Gabriele Mainetti, dove recita la parte della borgatara Alessia, per la quale le fu assegnato il David di Donatello 2016 come migliore attrice protagonista. E Verdone, in tal modo, ottiene un buon risultato perché Luna (Ilenia Pastorelli) attrae lo spettatore con il suo piglio genuino e  fresco e la sua inflessione tipica romanesca, diventando il filo conduttore di questo film che diverte molto e, nel contempo, fa riflettere sulla moderna società supertecnologica che offre per via dei socialnetwork degli espedienti che, in certo qual modo, alterano il naturale processo esistenziale di qualsiasi individuo che si trova veicolato in situazioni incerte e stravaganti, sia nel bene che nel male. Luna, infatti, con il suo fare dirompente e disinibito, cambia la vita di Guglielmo Pantalei. Irrompe, infatti, con impeto nella vita di Guglielmo nel momento in cui per costui è finita “La stagione dell’amore” (canzone cantata da Franco Battiato nelle prime scene del film), perché è stato piantato dalla moglie Lidia (Lucrezia Lante della Rovere) dopo venticinque anni di matrimonio. Paradossalmente Lidia ha, infatti, da circa un anno - È da un anno che io mi vedo con un'altra persona!, confessa al marito -, una relazione amorosa con l’ex commessa di Guglielmo, in quanto in età matura ha scoperto di essere lesbica. Dopo la confessione di Lidia, Guglielmo, rimasto sbalordito e incredulo, dice alla figlia che lo riprende malamente come se fosse un fatto consueto: Tua madre c'ha una relazione con la mia commessa ed è una cosa normale?
Nel momento in cui Guglielmo sta per passare dalla solitudine nel baratro della depressione, ecco che avviene un fatto che gli cambia la vita. In negozio gli si presenta Luna che si auto-candida a commessa del negozio e che, con i suoi modi affabili e sinceri, consapevole della situazione familiare di Guglielmo, lo aiuta a vivere una nuova vita, tant’è che questi afferma: Io voglio vivere. Mi sono stufato. Devo recuperare quello che ho perso.
“Benedetta follia”, pervaso di colpi di scena fino alla fine e ricco di situazioni strambe e imbarazzanti per Guglielmo ma divertenti e spassose per lo spettatore, rileva il disadattamento che un individuo intorno ai sessant’anni di età prova quando è costretto ad uscire dal proprio guscio familiare e si trova a fare i conti con una società che si è trasformata negli usi e nei costumi rapidamente. Il film mette in risalto anche la sensibilità dei giovani nei confronti delle persone mature, come Guglielmo, e la loro predisposizione ad aiutarli in situazioni che non riuscirebbero a gestire, e fa riflettere sul clero che va alla ricerca di abbigliamenti ricercati e si impingua sempre di più.
Filmografia
Un sacco bello (1980), Bianco, rosso e Verdone (1981), Borotalco (1982), Acqua e sapone (1983), I due carabinieri (1984), Troppo forte (1986), Io e mia sorella (1987), Compagni di scuola (1988), Il bambino e il poliziotto (1989), Stasera a casa di Alice (1990), maledetto il giorno che t’ho incontrato (19829, Al lupo al lupo (1992), Perdiamoci di vista( 1994), Viaggi di nozze (1995), Sono pazzo di Iris Blond (1996), Gallo cedrone (1998), C’era un cinese in coma (2000), Ma che colpa abbiamo noi (2002), L’amore è eterno finché dura (2004), Il mio miglior nemico (2006), Grande, grosso e … Verdone (2008), Io, loro e Lara (2010), Posti in piedi in Paradiso (2012), Sotto una buona stella (2014), L’abbiamo fatta grossa (2016).
Francesco Giuliano

venerdì 12 gennaio 2018

“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, una storia semplice in una città complessa dove “la rabbia genera altra rabbia”

Titolo: Tre manifesti a Ebbing, Missouri
Titolo originale: Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
Regia: Martin McDonagh
Soggetto e sceneggiatura: Martin McDonagh
Musiche: Carter Burwell
Produzione Stato: USA, UK, 2017

Cast: Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Caleb Landry Jones, Abbie Cornish, Lucas Edges, Zeliko Ivanek, Samara Weaving, John Hawkes, Clarke Peters, Kathryn Newton, Darrel Britt-Gibson, Amanda Warren, Christopher Berry, Kerry Condon, Sandy Martin, Nick Searcy, Malaya Rivera Drew, [...]
Il film “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” descrive una storia semplice in un mondo alquanto eterogeneo, quello della città di Ebbing nello Stato del Missouri, a causa di un ambiente multirazziale e di una polizia locale che fa e sfa la legge a proprio piacimento, in quanto lo sceriffo Bill Willoughby (Woody Harrelson), depresso psicologicamente per una  grave malattia, ha pochi mesi di vita.
Mildred Hayes (Frances McDormand), una donna risoluta, testarda e coraggiosa, inizia una guerra personale contro la polizia e, quindi, anche contro lo sceriffo, perché, dopo sette mesi dall’uccisione della figlia Angela (Kathryn Newton) dapprima violentata, ritiene che non sia stato fatto niente per trovare l’assassino. Pur essendo lo sceriffo, a differenza dei suoi poliziotti e, in particolare, del cattivissimo agente Jason Dixon (Sam Rockwell), una persona cordiale, leale e corretta che cerca a tutti i costi di fare rispettare la legge, Mildred, si reca presso l’agente pubblicitario Red Welby (Caleb Landry Jones), chiamato così per i suoi folti capelli rossi, a cui offre cinquemila dollari per ogni mese, affinché metta tre grandi manifesti lungo una strada secondaria che porta a Ebbing. Secondo la legge cos'è che non si può scrivere su un cartellone? Immagino che non si possano scrivere cose diffamatorie e nemmeno cazzo, fica o pisciare, è la sua richiesta a Red, perché la polizia è troppo impegnata a torturare la gente di colore per risolvere un crimine vero.
Quei manifesti, però, danneggiano l’immagine dello sceriffo che si reca presso l’abitazione di Mildred a cui motiva le ragioni che non hanno portato a scoprire l’assassino della figlia ritenendo - le dice - che quei cartelloni sono scorretti nei miei confronti … lo sai che sono malato di cancro. Mildred non si fa commuovere e non si smuove dalla sua decisione né davanti all’intervento di padre Montgomery (Nick Searcy), il quale viene, a ragione, schernito malamente mettendo a nudo la sua manifesta ipocrisia, né quando il figlio Robbie a scuola viene isolato e deriso dai suoi compagni.
“Tre manifesti a Ebbing, Missouri” è un titolo bizzarro che cela uno straordinario film dal contenuto complesso, divertente, realistico, ricco di colpi di scena, schietto e sincero, brioso e perspicace, ma al tempo stesso triste, coinvolgente, penetrante e drammatico, in cui tre grandi attori, Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, vestono i panni di tre personaggi che, con le loro rispettive e spiccate peculiarità, esprimono l’universalità dei comportamenti umani in un città del profondo sud in cui la rabbia genera altra rabbia. Il regista Martin McDonagh che, giocando con destrezza, con i suoi personaggi discute sul comportamento dell’essere umano e sui suoi difetti, come la violenza sfrenata e assurda, e sulle sue virtù, come l’altruismo e la generosità.
Il film per la sua bellezza ha ottenuto diversi premi, di  cui quattro al Golden Globe 2018, uno alla Mostra di Arte Cinematografica di Venezia 2017, uno al Toronto International Film Festival 2017, due al British Indipendent Film Awards 2017, uno al San Diego Film Critics Society Awards 2017, ecc.
Bibliografia
Six Shotter (2004), In Bruges - La coscienza dell’assassino (2008), 7 psicopatici (2012).
Francesco Giuliano

mercoledì 10 gennaio 2018

“Tutti i soldi del mondo” racconta la patologia incurabile conseguente ad una ricchezza smoderata

Titolo: Tutti i soldi del mondo
Titolo originale: All the Money in the World
Regia: Ridley Scott
Soggetto: John Pearson (dal saggio Painfully Rich: The Outrageous Fortune and Misfortunes of the Heirs of J. Paul Getty)
Sceneggiatura: David Scarpa
Produzione Paese: USA 2017
Musiche: Daniel Bemperton

Cast: Christopher Plummer, Michelle Williams, Charlie Plummer, Mark Whalberg, Romain Duris, Marco Leonardi, Timothy Hutton, Andrew Buchan, Giuseppe Bonifati, Maurizio Lombardi, Andrea Piedimonte, […]
Il film “Tutti i soldi del mondo”, diretto dal versatile ed eclettico regista ottantunenne Ridley Scott, è stato tratto dal saggio, Painfully Rich: The Outrageous Fortune and Misfortunes of the Heirs of J. Paul Getty (1995), dello scrittore John Pearson. Esso descrive la stroria vera relativa al rapimento del sedicenne John Paul Getty III (Charlie Plummer), nipote di J. Paul Getty (Christopher Plummer), che in quegli anni era l’uomo più ricco del mondo. Era il 10 luglio 1973 - anno in cui l’Italia si trovava in piena crisi petrolifera con restrizione alla circolazione autostradale nei giorni festivi e sotto scacco dal terrorismo delle Brigate rosse -, quando l’adolescente, passeggiando di sera per le vie di Roma, venne rapito da alcuni esponenti della ‘Ndrangheta con l’intento di ricevere dal nonno, come riscatto, diciassette milioni di dollari. Il vecchio magnate, tuttavia, si dimostrò sin dall’inizio insensibile a tale proposta, lasciando sia la stampa che i rapitori sbigottiti.  Non pagherò. Non ho denaro da buttare, disse infatti, quando gli arrivò la pretesa del riscatto. Si rifiutò, infatti, perentoriamente di pagare la somma richiesta, insensibile ai continui richiami che provenivano da più parti e incurante di riflettere se questo suo comportamento avesse potuto comportare l’uccisione del nipote. Ciò comportò per la madre di Paul, Abigail “Gail” Harris (Michelle Williams), ex nuora del magnate, una ricerca affannosa di una strategia per salvare il figlio dalla morte con l’apporto dell’ex agente della CIA Fletcher Chace (Mark Whalberg) per incarico del magnate. Il migliore nel mercato per trattare gli affari di Getty, tant’è che Gail lo redarguisce dicendogli: Il mio ex suocero ingaggia solo i migliori, ora cominci a fare quello per cui viene pagato. Riporti a casa mio figlio.
Christopher Plummer  è riuscito a indossare magnificamente, con la bravura che gli appartiene, i panni del magnate Getty evidenziando il suo pathos da novello re Mida e la sua avidità incommensurabile verso ogni cosa suffragata da un’avarizia incomparabile. Anche Michelle Williams è riuscita pienamente a mostrare la tensione emotiva senza mai concedere allo spettatore una pausa di rilassamento. Il film ha ottenuto tre candidature al Golden Globe 2018 e una candidatura al premio BAFTA 2018.
Filmografia
I duellanti (1977), Alien (1979), Blade Runner (1982), Legend (1985), Chi protegge il testimoine (1987), Black Rain – Pioggia sporca (1989),Thelma & Louise (1991), 1492 – La conquista del paradiso (1992), L’Albatros – Oltre la tempesta (1996), Soldato Jane (1997), Il gladiatore (2000), Hannibal (2001), Black Hawk Down - Black Hawk abbattuto (2001), Il genio della truffa (2003), Le crociate – Kingdom of Heaven (2005), Domino (2005), Un’ottima annata (2006), American Gangster (2007), Nessuna verità (2008), Robin Hood (2010), Prometheus (2012), The Counselor – IL procuratore (2013), Exodus – Il re dei re (2014), Sopravvissuto – The Martian (2015), Alien: Covenant (2017).
Francesco Giuliano

giovedì 4 gennaio 2018

“Come un gatto in tangenziale” descrive un incontro-scontro tra due mondi antitetici ma non troppo

Titolo: Come un gatto in tangenziale
Regia: Riccardo Milani
Sceneggiatura: Furio Andreotti, Giulia Calenda, Paola Cortellesi, Ricacrdo Mlani
Musica: Andrea Guerra
Produzione Paese: Italia, 2017

Cast: Paola Cortelesi, Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Luca Angeletti, Antonio D’Ausilio, Alice Maselli, Simone De Bianchi, Claudio Amendola, […]
Il titolo di questo film “Come un gatto in tangenziale” è una similitudine centrata ed efficace per dimostrare che, se due individui appartenenti a ceti sociali diversi sono costretti a relazionarsi per risolvere un problema comune, la durata di tale rapporto ha una durata brevissima come un gatto che, capitando casualmente in una tangenziale, con buona probabilità avrà una vita molto breve. Ebbene, questo è quel che succede a Giovanni (Antonio Albanese) quando si trova obbligato a rapportarsi con Monica (Paola Cortellesi). Un uomo e una donna, che per l’ambiente in cui vivono e per il rispettivo livello culturale ben diverso, mostrano incompatibilità a confrontarsi di primo acchito. Giovanni, infatti, responsabile di un importante ente di ricerca internazionale che si interessa, in teoria, di integrazione sociale, vive in centro, è un uomo distinto, curato e ben vestito, benestante, separato dalla moglie Luce (Sonia Bergamasco) e con una figlia, Agnese (Alice Maselli), da accudire. Monica, a sua volta, abita in periferia, nel quartiere multirazziale Bastogi, è un ex cassiera di supermercato, dall’aspetto e dal linguaggio volgare, con il corpo pieno di tatuaggi che ha il marito Sergio (Claudio Amendola) in galera e un figlio Alessio (Simone De Bianchi) a carico.
Il primo incontro-scontro abbastanza violento tra Giovanni e Monica avviene quando scoprono che i loro rispettivi figli, Agnese e Alessio, ancora ragazzini, si sono fidanzati. E si rendono subito conto, non potendoli dissuadere da questa relazione amorosa, che i mondi in cui vivono risultano inconciliabili tra di essi per varie diversità: per educazione, per disciplina, per ceto sociale, per costume, per modo di vivere e di parlare. Tant’è che Monica dice a Giovanni: lasciamo perdere ‘sti ragazzini ... tanto 'sta storia dura come un gatto in tangenziale!
Per amore dei figli, tuttavia, Giovanni e Monica vengono trasportati da un ambiente sociale all’altro e, in questo andirivieni, tra loro due si sviluppa dapprima sopportazione, poi simpatia, quindi empatia fino a rasentare quel sentimento sublime che non teme alcuna diversità. Giovanni e Monica, infatti, frequentandosi imparano a conoscersi e ad apprezzarsi.
Il film è una commedia divertente e vivace, ben riuscita, con la collaudata e briosa coppia Cortellesi - Albanese, che, al tempo stesso, affronta il problema della barriera  sociale esistente tra due mondi poco distanti tra di essi, ma lontani per livello culturale ed economico. Il regista Riccardo Milani, infatti, ritiene che un film, oltre a divertire, deve avere una forte valenza informativa ed educativa, cioè deve servire a fare conoscere una certa realtà e a fare riflettere su di essa.
Filmografia
Auguri professore (1997), La guerra degli Antò (1999), Il posto dell’anima (2003), Piano, solo (2007), Benvenuto Presidente (2012), Scusate se esisto! (2014), Mamma o papà? (2017) .
Francesco Giuliano

mercoledì 3 gennaio 2018

“Napoli velata” descrive la leggenda di una città avvolta nel mistero

Regia: Ferzan Ӧzpetek
Soggetto e sceneggiatura: Gianni Romoli, Valia Santella, Ferzan Ӧzpetek
Musiche: Pasquale Catalano
Produzione Paese: Italia, 2017

Cast: Giovanna Mezzogiorno, Alessandro Borghi, Anna Bonaiuto, Peppe Barra, Biagio Forestieri, Lina Sastri, Luisa Ranieri, Isabella Ferrari, Maria Pia Calzone, Carmine Recano, Loredana Cannata, Angela Pagano, Maria Luisa Santella, […]
Il pluripremiato e discusso regista Ferzan Ӧzpetek costruisce un film straordinario “Napoli velata”, in cui questa città diventa la vera protagonista con tutta la sua prorompente bellezza e le sue annose e profonde contraddizioni, i cui caratteri vengono sapientemente tracciati e amalgamati dai suoi personaggi che ne rappresentano le diverse sfaccettature. “Napoli velata” descrive la storia di Adriana (Giovanna Mezzogiorno), di professione medico legale, non sposata, rimasta orfana, quando ancora era bambina, in seguito ad un dramma familiare, che l’ha privata del necessario senso dell’amore, di cui va inconsciamente alla ricerca.  Durante una festa tra amici, infatti, Adriana si invaghisce perdutamente di Andrea (Alessandro Borghi), un giovane aitante e audace con il quale fa subito conoscenza e trascorre una notte di passione sfrenata e sessualmente soddisfacente. Un amore all’improvviso, dunque, germoglia in lei, un amore che le apre nuovi orizzonti che pensava di non cogliere più. Lei, donna fosca, triste, priva apparentemente di sentimenti, in seguito a questo meraviglioso rapporto acquista vitalità, sorride alla vita, diventa briosa, ottiene finalmente la libertà uscendo spontaneamente dalla cupa gabbia dell’intenso e continuo dolore che l’aveva stretta sin da quando era bambina. Arriva un momento in cui la vita ti si apre di nuovo, le dice sorridente Pasquale (Peppe Barra), il padre adottivo, che ne coglie subito i connotati. Come avviene talvolta nella vita di un individuo, a dirla con D. R. Hofstadter, si formano degli Strani Anelli, ovvero dei percorsi lungo un sistema gerarchico che lo fa salire e poi scendere, portandolo al punto di partenza. È quel che succede ad Adriana, la quale nel momento in cui aveva raggiunto l’apice della felicità, in quella circostanza in cui aveva colto il senso della vita, ritorna nel precipizio del dolore e della solitudine provando un’amarezza insopportabile di cui non si dà pace. Non sopporta la verità che le si presenta e che è costretta a vivere, anche se la verità è figlia del tempo. A questo punto Adriana nega la realtà e la idealizza costruendosi istintivamente un idolo da amare al punto da fargli dire se mi lasci faccio una pazzia. Lei diventa così il soggetto della sua storia, che non subisce più ma se la inventa avvicinandosi, con questo suo modo di essere, a quella concezione filosofica che fa capo all’idealismo soggettivista.
Ferzan Ӧzpetek, che di questo film ha scritto sia il soggetto che la sceneggiatura assieme a Gianni Romoli e Valia Santella, con la storia di Adriana traccia indiscutibilmente i connotati di questa città velata prendendo spunto dal “Cristo velato” conservato nella Cappella Sansevero, un’opera marmorea unica nel suo genere artistico che, per la fattura che esprime, sottintende un mistero, quello stesso mistero che avvolge come un velo la città di Napoli, e che la fa diventare leggendaria: una città ricca di sensualità che ha spodestato completamente la razionalità e che si insinua nei molteplici meandri del suo labirinto intriso di magia; una città passionale, che indossa la maschera che gli serve alla bisogna manifestata nella peculiare sceneggiata; una città ricca di un sentimento religioso che rasenta il paganesimo nella figliata del femminielli, e che fa della superstizione e il ricorso a fattucchiere il suo punto di forza; una città in cui si intrecciano reti invisibili di profonde contraddizioni che affondano le radici in un passato remoto; una città che gli stessi abitanti si sono creati a loro immagine e somiglianza e per la quale nutrono un sentimento antitetico di amore/odio.
Nel film, la cui accattivante visione gode anche delle magnifiche musiche di Pasquale Catalano e della coinvolgente voce di Arisa che canta Vasame di Enzo Gragnaniello nei titoli di coda, c’è un cast eccellente di attrici bravissime, come Anna Bonaiuto (Adele), Lina Sastri (Ludovica), Luisa Ranieri (Catena), Isabella Ferrari (Valeria), Maria Pia Calzone (il commissario di polizia).
Filmografia
Il bagno turco (1997), Harem Suare (1999), Le fate ignoranti (2001), La finestra di fronte (2003), Cuore sacro ( 2004), Saturno contro (2007), Un giorno perfetto (2008), Mine vaganti (2010), Magnifica presenza (2012), Allacciate le cinture (2014), Rosso Istanbul (2017).
Francesco Giuliano