Un nuovo blog che parla di cinema italiano. Potrete trovare informazioni complete sui migliori attori, registi e film del nostro cinema. Vi saranno anche riferimenti al cinema straniero , informazioni complete su come visualizzare un in streaming e suggerimenti e indicazioni rispetto ad altre pagine del settore.
sabato 14 ottobre 2017
Il racconto dei racconti – Tale of Tales , un film magico e incantevole che descrive la realtà moderna
Titolo:
Il racconto dei racconti – Tale of Tales
Regia:
Matteo Garrone
Soggetto
Giambattista Basile
Sceneggiatura:
Matteo Garrone, Edoardo Albinati, Ugo Chiti, Massimo Gaudioso
Produzione
Stato: Italia, Francia, GB 2015
Cast:
Salma Hayek, John Reilly, Christian Lees, Jonah Lees, Laura Pizzirani, Franco
Pistoni, Toby Jones, Bebe Cave, Guillaume Dalaunay, Alba
Rohrwacher, Massimo Ceccherini, Eric MacLennan, Vincent Cassel, Shirley Henderson,
Hayley Carmichael, Stacy Martin, Kathryn
Hunter, Vincenzo Nemolato, Giselda Volodi, Giuseppina Cervizzi, Jessi Cave,
Nicola Sloane, Davie Campagna, Ryan McParland, Kenneth Collard, Renato Scarpa,
[…]
Ieri sera su Rai3 hanno trasmesso
questo film di Matteo Garrone, di cui ripropongo la recensione che scrissi
quando lo vidi.
“Il racconto dei racconti – Tale of Tales” è un film che il regista Matteo Garrone ha liberamente tratto
dal “Pentamerone” (una raccolta di cinquanta
fiabe raccontate da dieci narratrici in cinque giorni, dieci al giorno), meglio
conosciuto con il nome di “Lo cuntu de
li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerille” di Giambattista Basile (1566-1632), scrittore napoletano di Giugliano
in Campania (Na), il primo ad utilizzare la fiaba come forma di espressività popolare.
Esso, con una struttura complessa che segue il modello del Decamerone
boccaccesco, fu scritto, seguendo le regole del racconto tramandato oralmente, per
il trattenimento dei cortigiani, ma fu pubblicato postumo tra il 1634 e il
1636. Di questo libro Benedetto Croce ha scritto che “L’Italia possiede nel Cunto de li cunti del Basile, il più antico, il
più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari” definendo
il suo autore il “Boccaccio Napoletano”.
Vedendo questo film, che
appartiene al genere fantastico perché ambientato in uno spazio fiabesco che
stimola l’attenzione e coinvolge lo spettatore, mi sono ricordato di quando, ancora
bambino, ascoltavo le fiabe tratte da “Lo
cunto” che mia madre mi raccontava per farmi addormentare, ma l’effetto era
contrario alla sua benevola intenzione in quanto di notte mi venivano gli incubi
per la paura che la storia mi aveva provocato. Matteo Garrone delle cinquanta fiabe nel film ne ha usate soltanto
tre, i cui titoli però non corrispondono pedissequamente a quelli della raccolta:
La regina (Salma Hayek, John Reilly, Christian Lees, Jonah Lees, …), La pulce (Toby Jones, Bebe Cave, Guillaume
Dalaunay, Alba Rohrwacher, Massimo Ceccherini, …) e Le due
vecchie (Vincent Cassel, Shirley
Henderson, Hayley Carmichael, Stacy
Martin, …), le cui storie sono integrate tra di esse, ma senza alcun legame
relazionale e interattivo. Tutte e tre sono suggestive e fantasiose, e ingegnoso, affascinante e coinvolgente
appare il gioco dei due giovani sosia coetanei, Elias e Jonah (Christian Lees, Jonah Lees), ironico, divertente ma anche pauroso il concorso
che indice il re di Highhills (Toby Jones) per dare in
sposa la figlia Viola (Bebe Cave) e
la storia che ne segue; curiosa, ma attuale, la ricerca forsennata della perfezione fisica dettata
dalla perversione erotica del re di Strongcliff (Vincent Cassel), che induce sia la vecchia Imma (Shirley Henderson) a farsi manipolare fisicamente il
proprio corpo dalla strega (Kathryn
Hunter) che glielo rende perfetto ma effimero, sia la sorella di questa,
Dora (Hayley Carmichael), che per emulazione e per invidia
si fa spellare viva da un casuale arrotino (Kenneth Collard). Ma lo sono anche i
luoghi incantevoli, magici, meravigliosi, seducenti, scelti tra i tanti di cui
l’ Italia è ricca, da nord a sud, come i castelli (Donnafugata, Sorano, Castel del monte, Castello di
Roccascalegna e quello di Sammezzano), i boschi, le magnifiche gole rupestri (Alcantara, Sovana), i
dirupi e le grotte, e lo sono anche le corti e i costumi sfarzosi, ricchi ed
eleganti, ben congegnati, e le catapecchie, e ancora le giovani belle e le
vecchie rattrappite, i mostri fantastici come il drago marino o la pulce
gigante o l’orribile e terribile orco (Guillaume
Dalaunay), le frattaglie come il cuore del drago
marino cotto e mangiato dalla regina di Longtrellis (Salma Hayek). Un
insieme frattale di idee razionali e fantastiche all’unisono, che si riversa
nel paradosso,
nella magia, nel mistero, nel sentimento, nel meraviglioso, e che ha uno stampo
mitico, stravagante, bizzarro, simbolico, drammatico e ironico, dove il
brutto, il deforme, il macabro e la tristezza fanno a gara con il bello,
il seducente, il gradevole e l’allegria. Il film, così come il libro da cui è
tratto “Lo cunto de li cunti”, il
suo autore e il ‘600, ha tutti i caratteri, quali l’eccentricità,
la smisuratezza, la fantasia, la bizzarria, l’enfasi, dello stile barocco, perché legato all’estrosità,
alla metafora, al simbolismo, all’illusione del sogno, alla metamorfosi della
realtà, e l’estraneità al razionalismo, che però si fa razionale. Stile questo
che privilegia l’immagine che spesso inganna chi la guarda perché fa vedere ciò
che non è vero.
La scelta di questo libro del diciassettesimo
secolo, caratterizzato da profonde trasformazioni filosofiche e scientifiche,
così come esaurientemente descritto nel romanzo “L’intrepido alchimista”[1], non è
un caso in quanto dalla concezione concreta aristotelica della materia si passa
al razionalismo, e dal geocentrismo tolemaico si passa all’eliocentrismo
copernicano, la cui scoperta stravolge l’essenza dell’uomo che da entità privilegiata
e centrale, diventa un’entità insignificante, sperduta “negli infiniti mondi”
di Giordano Bruno. Così come avviene in “Meraviglioso
Boccaccio” (2015) dei fratelli Paolo
e Vittorio Taviani, infatti, c’è una
similitudine tra quel periodo e il ventunesimo secolo, quest’ultimo
caratterizzato anch’esso da profonde mutazioni, come la globalizzazione, il
controllo dell’immagine usata come mezzo di trasporto illudente, o ancora l’uso, tramite internet, del virtuale,
il nuovo mostro che prevarica il
reale fino al punto di indurre gli esseri umani a confondere l’uno con l’altro.
Virtuale e reale apparentemente uguali che, essendo enantiomeri, sono diversi e
in questa naturale e insostituibile diversità appare fondato il mondo.
Nelle tre fiabe vengono analizzati metaforicamente i vizi e i
difetti della nostra era: illusione,
bramosia sfrenata, cupidigia, invidia, menzogna, arroganza del potere,
idolatria dell’immagine, erotomania, violenza, ma emergono con forza i
sentimenti positivi, quali l’amore, l’amicizia, la fratellanza, il soccorso ai
bisognosi, il coraggio. Nella fiaba de La regina viene descritta la smania indotta
dalla bramosia di avere un figlio a tutti i costi a discapito dell’amore, in
quella de La pulce viene esposto il
potere patriarcale di un despota che, per capriccio e non curanza, gioca con i
sentimenti umani della figlia e, infine, in quella de Le due vecchie viene sottolineato il ricorso sconsiderato alla
chirurgia estetica di chi è già vecchia per apparire giovane, annullando così
il senso della verità.
Il
film è candidato alla Palma d’oro del sessantottesimo Festival di Cannes (dal 13 al 24 maggio 2015) assieme ad altri due
film italiani, “Mia madre” di Nanni Moretti e “Youlth - La giovinezza” di
Paolo Sorrentino.
Francesco
Giuliano
Iscriviti a:
Post (Atom)