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sabato 22 giugno 2019
“Arrivederci professore”, una disamina profonda, emozionante ma anche divertente sul senso della vita
Titolo: Arrivederci professore
Titolo originale: The professor
Regia: Wayne Roberts
Sceneggiatura: Wayne Roberts
Musiche: Aaron Dessner, Bryce Dessner
Paese Produzione: USA, 2018
Cast: Johnny Depp, Zoey Deutch, Danny
Huston,Rosemarie DeWitt, Farrah Aviva, Odessa Young, Devon Terrel, Debbie Podowski,
Dion Riley, Ron Livingston, Siobhan Fallon Hogan, Paloma Kwiatkowski, […]
Originale e trasgressivo questo film Arrivederci professore, secondo lavoro del regista Wayne
Roberts, è una critica alla società
mediocre, formalista, enfatica e decadente che non si pone la domanda sul senso
della vita, la quale viene affidata ad una condotta individuale superflua e banale
ed a stereotipi consolidati e consuetudini insensibili.
Con un tocco interpretativo straordinario,
singolare e coinvolgente del professore Richard (Johnny Depp), questo film
presenta dei connotati originali che portano lo spettatore a riflettere sulla
società moderna, sui superflui formalismi su cui è basata, e sulle mutue
relazioni degli individui che la compongono. Il film, infatti, mette in risalto
che si può vivere bene soltanto dando sfogo alle proprie pulsioni passionali,
senza farsi condizionare dall’ambiente in cui si vive, e dando valore e ampia visibilità
al ciuffo ribelle del professore Richard, metafora che domina incontrastata le
scene.
Lo spunto di tutto questo deriva dal fatto
che Richard, professore universitario di letteratura, viene a
sapere che è affetto da un tumore ai polmoni, che è in uno stadio metastatico
molto avanzato. La situazione non è buona, Richard, anzi a essere sincero è
piuttosto critica – gli dice il
dottore. Ma ciò che sconvolge Richard e che crea in lui un
comportamento indisciplinato deriva dal fatto che gli rimangono circa sei mesi
di vita. La scoperta di questa sua personale situazione drammatica,
inaspettata, improvvisa, sconvolgente, gli stronca i protocolli sociali e
professionali che fino ad allora aveva seguito e rispettato. Sceglie spontaneamente
e istintivamente, infatti, di rinunciare a ogni tipo di formalismo e a ogni convenzione
razionale, incominciando a vivere in modo trasgressivo ed eterodosso, avulso da
ogni condizionamento esterno e da ogni pregiudizio, sia in campo sociale che
professionale, liberandosi definitivamente dall’opprimente omologazione sociale
e dal pensiero unico. Diventa ribelle
togliendosi quella maschera che la società gli aveva imposto di portare e, trovatosi
dinanzi ad un bivio già segnato, sceglie
la strada tracciata da lui stesso. Infatti, nel primo giorno di lezione si
presenta così ai suoi studenti: Mi
chiamo Richard, sono il vostro professore, d'ora in poi faremo le cose in modo
decisamente diverso! A proposito, se qualcuno vende marijuana, può passare da
me durante l'orario d'ufficio? Da una parte, sceglie la via del vizio fatta
di fumo, di alcol, di droga, di sesso sia etero che omo, mentre, dall’altra
parte, si trova a riflettere sul senso della vita indagando sulla sua interiorità:
Spero che i vostri genitori vi abbiano detto che moriremo tutti alla fine! È
come se galleggiassimo senza vivere e voi avete un'occasione, afferratela,
stringetela, fatela vostra! Non lasciate che vi sfugga neanche un momento!
Che sarebbe quell’invito, che si desume dall’ode rivolto a Leuconoe
riportato nelle Odi del poeta latino Orazio: “Carpe diem, quam minimum credula postero”, (Cogli l'attimo, confidando il meno possibile nel
domani), in cui è riassunto un significato fondamentale della vita dell’essere umano, a
cui è impedita la conoscenza del futuro, o di determinarla. L’essere umano può
intervenire solo sullo svolgersi della vita nel tempo presente e, quindi, sul
suo comportamento con cui cercare di cogliere i momenti che lo fanno godere senza
alcun condizionamento sia interiore che esteriore.
Il film è anche un elogio
dell’amore e della vera amicizia, quest’ultima rappresentata dall’amico Peter (Danny Huston), ma è anche una critica al
potere costituito, fatto di arroganza e sopraffazione, il cui degno
rappresentante è il rettore del Campus (Ron Livingston). Solo un cenno lieve
alla religione che appare superflua e condizioinante, ma un riferimento più
incisivo sia all’avversione dei sentimenti negativi, tra cui la vendetta, sia alla
luce il cui bagliore è metafora che dà vigore alla vita.
Filmografia
Katie Says
Goodbye (2016).
Francesco
Giuliano
venerdì 14 giugno 2019
“Il flauto magico di Piazza Vittorio” una festa di musica, di lingue e di colori dove la Bellezza e la Ricchezza d’Umanità sono figlie della multietnicità
Titolo:
Il flauto magico di Piazza Vittorio
Regia:
Mario Tronco e Gianfranco Cabiddu
Soggetto:
Mario Tronco e Fabrizio Bentivoglio
Sceneggiatura:
Fabrizio Bentivoglio, Mario Tronco, Alessandro Arfuso, Fabio Natale, Doralice
Pezzola
Musiche
tratte da Il Flauto Magico di Mozart secondo L’Orchestra di Piazza Vittorio
Musiche
originali: Leandro Piccioni
Produzione
Paese: Italia, Francia, 2018
Cast:
Ernesto Lopez Maturell, Violetta Zironi, El Hadji Yeri Samb, Petra Magoni,
Fabrizio Bentivoglio, Ashai Lombardo Arop, Houcine Ataa, Omar Lopez Valle,
Simone Zambelli, Camilla Zecca, Alice Stancanelli, Veronica Tundis, Adrien
Ursulet, Sara Sguotti, Marisa Fortebraccio, Lia Grieco, Raul Scebba, Gaetano
Messana, Nina Pitolli, Ziad Trabelsi, […]
Tenetevi, o antiche terre, la vostra vana pompa - grida
essa con le silenti labbra - Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le
vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili
delle vostre coste affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle
tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata. Questo è il sonetto
inciso alla base della Statua della Libertà, nella baia di Hudson all’ingresso
del porto di New York, scritto dalla poetessa ebrea Emma Lazarus, che costituisce
l’incipit di questo film Il flauto magico di Piazza Vittorio da cui deriva il profondo
contenuto del film: la bellezza e l’arricchimento d’umanità grazie alla multietnicità.
Partorito circa
dieci anni fa, dall’omonimo
spettacolo teatrale, che aveva debuttato nel 2009 a Lione e che aveva poi avuto
oltre 200 rappresentazioni in Italia e nel mondo,
il progetto di questo film è la narrazione di una fiaba musicale che rivisita e
reinterpreta, modificandola e attualizzandola, l’opera Il flauto magico (1791) di Wolfgang Amadeus Mozart: il principe
Tamino (Ernesto Lopez Maturell), aiutato da Papageno (El
Hadji Yeri Samb) va a liberare la sua amata Pamina (Violetta Zironi), prigioniera
del padre Sarastro (Fabrizio Bentivoglio) che l’ha portata con sé separandosi dalla
moglie, la Regina della Notte (Pietra Magoni).
Gli attori-musicisti
di otto lingue diverse (italiano, francese, tedesco, inglese, spagnolo,
portoghese, arabo, ecc.) suonano nell’Orchestra e frequentano piazza Vittorio,
tant’è che il film si svolge dentro i giardini della stessa piazza romana. Il
proposito che gli attori provenissero da mondi e background diversi –
folk, pop, classici - voluta dal regista deriva dal fatto che egli voleva una libertà assoluta e non voleva essere
schiavo del genere, rischiando di essere etichettato. È il primo caso di
orchestra finanziata dai cittadini e non dallo Stato. In questi diciotto (dal
2002 n.d.r.) anni abbiamo prodotto tre
opere, che sono ‘Il flauto magico’, ‘Carmen’ e ‘Don
Giovanni’, un concerto di
musica sacra e tre dischi. Mentre riguardo all’ambiente scenografico per il quale è stata scelta la
piazza Vittorio deriva dal rapporto sentimentale
che il regista ha con quella piazza. È un
posto estremamente romantico e al tempo stesso tragico. Ha un’anima umana fatta
di bellezza diurna e di angoscia notturna – dice Mario Tronco, che ha selezionato i personaggi in base ai caratteri dei componenti dell’orchestra.
Infatti, chi intepreta Papageno, El Hadji Yeri Samb, è una persona semplice che ama il cibo, mentre la Regina della Notte,
interpretata da Petra Magoni, è un’anima punk.
Il film, che utilizza
tecniche volutamente artigianali, è un messaggio di integrazione,
convivenza e scambio, qualcosa che in questi tempi caratterizzati dal fenomeno
migratorio è ancora più necessario. Per questo esso appare attualissimo in questa epoca altamente
e generalmente xenofobica e assume un alto valore educativo e anche morale sia
dal punto di vista sociale che politico. I registi, infatti, sono riusciti a
coniugare sinergicamente, attraverso la musica, la geografia di generi e stili
musicali diversi con la geografia dei colori e con quella linguistica, da cui
deriva il messaggio che si può ottenere un arricchimento umano e artistico da coloro
che provengono da culture e tradizioni diverse, dove la donna assume un
ruolo fondamentale. Questa, rappresentata in particolar modo da Pamina,
metafora dell’amore e della virtù, riesce a cambiare il corso degli eventi
trasformando con dolcezza l’odio in amore attraverso la riappacificazione dei genitori,
Regina della Notte e Sarastro. Ciò, ovviamente, contrasta con la politica dell’odio
che da qualche tempo sta caratterizzando l’azione dei nostri governanti rivolta
contro i migranti, da cui non potrà ottenersi nulla di buono socialmente
parlando.
Il film, proiettato in
anteprima alla Festa del cinema di Roma 2019, è stato diretto da Mario Tronco e da
Gianfranco Cabiddu. Il primo, Mario Tronco, compositore e direttore d’orchestra,
membro del gruppo Avion Travel e fondatore dell’Orchestra di Piazza Vittorio
(2002), ha guidato e composto varie opere tra cui Il flauto magico secondo l’Orchestra di Piazza Vittorio
(2007), Il giro del mondo in 80 minuti
(2013), Carmen(2014), Credo (2015) e Don Giovanni (2017), e i seguenti film: Il tuffo (1993), Isotta
(1996), Cinque giorni di tempesta
(1997), Metronotte (2000), Long Live the Monkey (2002), L’esplosione (2003), The Edge of Heaven (2007), I fiori di Kirkuk (2010). Il secondo, Gianfranco
Cabiddu, etnomusicologo, regista e sceneggiatore, direttore artistico del
Festival Creuza de Mà – Musica per il Cinema, è stato regista dei seguenti
film: Disamistade (1988), S’Ardia (1994), Il figlio di Bakunin (1997), Passaggi
di tempo (musical, 2004), Faber in
Sardegna (documentario, 2012), La
stoffa dei sogni (musical,2016).
Francesco
Giuliano
lunedì 3 giugno 2019
“Il traditore” , un film dal realismo avvincente sul pentito Buscetta che ha fatto vacillare l’organizzazione mafiosa Cosa Nostra
Titolo: Il traditore
Regia: Marco Bellocchio
Soggetto: Marco Bellocchio
Sceneggiatura: Marco Bellocchio,
Valia Santella, Ludovica Rampoldi, Francesco
Piccolo, Francesco La Licata
Musiche: Nicola Piovani
Produzione Paese: Italia, Brasile,
Germania, Francia, 2019
Cast: Pierfrancesco Favino, Maria
Fernanda Cândido, Fabrizio Ferracana, Fausto Russo Alesi, Luigi Lo Cascio,
Nicola Calì, Giovanni Calcagno, Bruno Cariello, Bebo Storti, Vincenzo Pirrotta,
Goffredo Maria Bruno, Gabriele Cicirello, Paride Cicirello, Elia Schilton,
Alessio Praticò, Pier Giorgio Bellocchio, Rosario Palazzolo, Antonio Orlando,
Fabrizio Romano, Ada Nisticò, Federica Butera, Ludovico Caldarera, Nunzia lo
Presti, Matteo Contino, Alberto Gottuso, Massimilaino Ubaldi, Pippo Di Marca,
Raffaella Lebboroni, […]
“Il traditore” è un film diretto da Marco
Bellocchio, regista sui generis del
cinema italiano, che ha descritto con semplicità filmica e realismo intenso un
fenomeno attuale molto complesso qual è quello della mafia siciliana. La
narrazione ha inizio nei primi anni ottanta, quando sta per iniziare la guerra
tra le più importanti famiglie mafiose palermitane e quella emergente dei
corleonesi guidata da Totò Riina (Nicola Calì) per il controllo del traffico
della droga. Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino), chiamato Don Masino, e conosciuto a livello
internazionale come il Boss dei due mondi,
avverte in anticipo l’incipit nefasto di tale scontro durante la festa di Santa
Rosalia a Palermo ed emigra in Brasile dove va a vivere con Cristina (Maria
Fernanda Cândido), la bellissima e affascinante moglie brasiliana. Purtroppo, le cose vanno tristemente come lui
aveva immaginato, solo che non aveva previsto che i suoi due figli e il
fratello, rimasti in Sicilia, venissero uccisi violentemente, senza avere nessuna
colpa, ma soltanto per annientare la semenza
dei Buscetta. Soltanto Salvatore Contorno (Luigi Lo Cascio), tra tutti, riesce
fortunatamente a salvarsi dall’attentato
perpetrato nei suoi confronti. Catturato dalla polizia brasiliana, Buscetta viene
estradato in Italia dove, per evitare la stessa sorte dei suoi familiari per
mano dei corleonesi, accetta di collaborare con lo Stato, diventando il primo pentito della storia italiana. Chi
lo convince in questo è il giudice Giovanni Falcone (Fausto Russo Alesi) a cui Don Masino rivela gli infimi segreti e i nomi di personaggi famosi
e anche di politici eccellenti implicati con l’organizzazione mafiosa Cosa Nostra. La prima domanda del giudice Falcone lascia intendere il prosieguo
cronachistico: Faccia i nomi, Buscetta! A cui segue la risposta: Dottor
Falcone, noi dobbiamo decidere solo una cosa: chi deve morire prima, lei o io?E il giudice risponde che non ci si
può sottrarre dalla morte perché si può morire per un incidente, per cancro, e
così via.
Quel che Bellocchio
riesce a far cogliere allo spettatore avveduto, secondo il pensiero
pirandelliano della duplice verità (Ma che colpa abbiamo se le parole sono vuote?
E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e nell’accoglierle,
inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto di intenderci; non
ci siamo intesi affatto.) sono essenzialmente alcune tematiche molto
significative che riguardano tutti gli italiani. Una di queste, vista dalla
parte della giustizia secondo un criterio sociologico, è riportata nel libro-intervista
Cose di Cosa Nostra (edito da BUR,
2012), in cui la giornalista francese Marcelle
Padovani fa, tra l’altro, una domanda sul problema-mafia a Giovanni Falcone, il
quale risponde che La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un
tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori,
complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori,
gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società.
Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di
implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che
spesso godono del consenso della popolazione.
Dall’altra
parte si coglie, al contrario, come il mafioso dal suo punto di vista interpreta
la mafia: una perfezione spirituale qual è la bellezza pura. E ciò può essere desunto
dall’intervista del compianto giornalista Enzo Biagi in Linea diretta del 20 marzo 1989 (citato in Moiraghi Francesco, Cosa Nostra,
pubblicato in Strutture: Cosa Nostra e ‘ndrangheta a confronto, WikiMafia –
Libera Enciclopedia sulle Mafie) ad un capofamiglia, il quale, alla domanda di Biagi “Che cos’è la mafia secondo lei, è una cosa riprovevole?”, risponde
“[…] Leggendo vari autori che hanno
parlato su ‘sta parola, mafia, e rifacendomi al Pitrè che è uno dei grandi
cultori della lingua antica siciliana, mafia doveva essere una parola di
bellezza. Bellezza non solo fisica, ma anche bellezza come spiritualità, nel
senso che se incontro una bella donna diciamo “Mafiusa sta fimmina” […]. Era un
complimento e un fenomeno di bellezza.” E il giornalista Biagi aggiunge “Se è così lei non si offende se io dico che è mafioso.”
Un’altra
tematica è quella dei valori che si assegnano
alle azioni e ai comportamenti umani e che, quindi, rientra nella sfera
psicologica. La mafia, quella di Cosa Nostra, secondo Buscetta, era originariamente
costituita da uomini d’onore che uccidevano (!) chi aveva disonorato
l’organizzazione o non aveva portato rispetto alla famiglia, ma al tempo stesso faceva sacra la vita dei bambini,
delle donne e delle persone innocenti. Invece, per le istituzioni e quindi per
lo Stato, la vita di qualunque individuo è un valore sacro che va salvaguardato
e il delitto va punito ad ogni costo.
Poi c’è la tematica del tradimento perché Buscetta era ritenuto
dai corleonesi un infame, mentre da
parte sua egli reputava di essere un uomo d’onore: Sono loro che hanno tradito gli ideali di Cosa Nostra, per questo io non
mi considero un pentito!
E, ancora, c’è la tematica angosciosa
e angosciante che lascia presagire nefandezze istituzionali segrete come si
evince dalle parole di Falcone che risponde a Buscetta: Non ci sono intoccabili! Non mi fraintenda, ma ho più
paura dello Stato che della mafia!
Il traditore risulta, quindi, un film encomiabile e coinvolgente che tutti
dovrebbero vedere per il suo alto valore educativo e informativo, per il profondo
realismo che lo caratterizza, per le azioni violente gratuite di mafiosi, direi
alienati, che sono stati educati soltanto all’odio, a non considerare la vita
come bene supremo, a prevalere a tutti i costi sui più deboli, ad essere, in
definitiva, lupus lupi homini a dirla con il filosofo Thomas Hobbes.
La scelta di Favino nell’interpretare Buscetta è stata azzeccata
propriamente in quanto l’attore essendo molto versatile è riuscito a cogliere
l’aspetto sentimentale del pentito e a farlo suo con perfetta sagacia ed
espressa passione. E lo stesso dicasi per Luigi Lo Cascio, anche se
temporalmente in misura minore, che ha vestito i panni di Salvatore Contorno,
anche lui pentito.
Le eccellenti e coinvolgenti musiche di Nicola Piovani, inoltre, ben si
sono adattate all’ottima descrizione narrativa coinvolgendo e ponendo in attesa
lo spettatore con perfetta ratio sui futuri eventi delittuosi o
sentimentali raccontati.
In concorso per la Palma d’oro al 72° Festival di Cannes 2019 Il
traditore non ha avuto alcun riconoscimento, ma è stato abbondantemente
premiato, e continua ad esserlo, dal pubblico che ne ha colto la penetrante bellezza
e l’acume filmico.
Filmografia
I
pugni in tasca (1965), La Cina è vicina (1967), Nel nome del padre (1972),
Sbatti il mostro in prima pagina (1972), Marcia trionfale (1976), Il gabbiano
(1977), Salto nel vuoto (1980), Gli occhi, la bocca (1982), Enrico IV (1984),
Diavolo in corpo (1986), La visione del sabba (1988), La condanna (1991), Il
sogno della farfalla (1994), IL principe di Homburg (1996), La balia (1999),
L’ora di religione (2002), Buongiorno, notte (2003), Il regista di matrimoni
(2006), Sorelle (2006), Vincere (2009), Sorelle mai (2010), Bella addormentata
(2012), Sangue del mio sangue (2015), Fai bei sogni (2016).
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