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sabato 23 novembre 2019
“L’ufficiale e la spia”, un film che mette a confronto il formalismo militare con la veridicità di un fatto storico
Titolo: L’ufficiale e la spia
Titolo originale: J’accuse
Regia: Roman Polanski
Soggetto: Robert Harris (dal romanzo J’accuse)
Sceneggiatura: Robert Harris, Roman Polanski
Musiche: Alexandre Desplat
Produzione
Paese: Francia, Italia, 2019
Cast: Jean
Dujardin, Luois Garrel, Emmanuel Seigner, Grégory Gadebois, Mathieu Amalric,
Melvil Poupaud, Eric Ruf, Laurent Stocker, François Damiens, Michel Vuillermoz
Denis Podalydès, Wladimir Yordanoff, Didier Sandre, Vincent Grass, […]
Il ten. col.
Marie-Georges Picquart (Jean Dujardin), nel 1895, incaricato di dirigere la
sezione dei servizi segreti dell’esercito francese, scopre che il capitano Alfred Dreyfus (Louis Garrel),
di origini ebree, l’anno precedente era stato condannato a scontare la pena
detentiva, presso l’isola del Diavolo nella Guyana francese, per avere
trasmesso segreti militari all’esercito tedesco. Il tribunale aveva emesso la
sentenza basandosi su prove false: In nome del Popolo francese, il primo Consiglio di guerra del
Governo militare di Parigi ha riconosciuto l'imputato Dreyfus Alfred colpevole
del reato di alto tradimento. E
quel che pensava il gen. Raoul Le
Mouton De Boisdeffre (Didier Sandre) dimostra
l’opinione che l’esercito aveva nei confronti di questo ufficiale perché
probabilmente si trattava di un complotto in quanto l’indiziato era ebreo: La punizione che abbiamo inflitto a Dreyfuss mostrerà al mondo come
trattiamo i traditori. Il
ten. col. Picquart, mettendo a rischio sia la sua carriera di ufficiale che la sua
stessa vita, per una questione di coscienza
intraprese una strenua lotta contro i capi sia militari che politici. Ma
incontrò un muro di gomma, come capita
spesso quando sono coinvolti segreti militari. E si rese conto che quando una società arriva a tanto, cade in decomposizione. Picquart, dato che come
ufficiale in servizio non poteva dire niente, venne appoggiato dallo scrittore Emile Zola, che pubblicò, nel giornale
L’Aurore, un j’accuse a trecentosessanta gradi
al fine di fare emergere la verità e liberare il capitano Dreyfus: Accuso il generale Mercier (Wladimir
Yordanoff) di essersi reso complice di una delle peggiori iniquità del secolo.
Accuso il generale Billot (Vincent Grass) di avere le prove dell'innocenza di Dreyfus
e di averle soffocate. Accuso gli esperti calligrafi (Mathieu
Amalric) di aver fatto dei
rapporti fraudolenti.
Precedentemente questa storia molto complicata e complessa,
che coinvolse l’opinione pubblica francese, dividendola come al solito in
colpevolisti e in innocentisti, e vari intellettuali dell’epoca a favore di
Dreyfus, è stato lo spunto molto proficuo della produzione di diversi cortometraggi
contemporanei al processo e di svariati film tra cui L’affare Dreyfus (1958) di José Ferrer, L’affare
Dreyfus (1968) di Leandro Castellani, Il
giudice e l’assassino (1976) di Bertrand Tavernier e Prigionieri dell’onore
(1991) di Ken Russel.
Roman Polanski,
usando il suo consueto linguaggio drammatico, fatto di inquietudine e di
violenza, con il quale penetra nella dura realtà profondamente, mette in
risalto sin dall’inizio il truce formalismo militare, apparentemente
impeccabile e perfetto, che si mostra come un baluardo inespugnabile ma che
soltanto il coraggio, l’audacia e il senso dell’onestà intellettuale possono
rendere fragile e demolire. Dal film L’ufficiale
e la spia emerge, infatti, il disprezzo della tracotanza dei
potenti che soltanto la coscienza con uno sforzo sovrumano può sconfiggere. Con
un ritmo narrativo che non presenta sbavature e che non lascia distrazioni, il
regista riesce a veicolare lo spettatore su quel che è il suo pensiero: molto
spesso l’apparenza e le parate ingannano perché nascondono delle falsità che
solo chi ha rispetto della dignità umana e come guida la legge morale interiore
potrà sconfiggere.
Il film alla
LXXVI Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha ottenuto Il Leone d’argento – Gran Premio della
Giuria, il Premio FIPRESCI al miglior
film in concorso e il Green Drop
Award e 4 candidature al European Film Awards 2019.
Filmografia
IL coltello
nell’acqua (1962), Repulsione (1965), Cul-de-sac (1966), Per favore, non
mordermi sul collo (1967), Rosemary’s Baby (1968), Macbeth (1971), Che? (1972),
Weekend of a Champion (1972), Chinatown (1974), L’inquilino del terzo piano
(1976), Tess (1979), Pirati (1986), Frantic (1988), Luna di fiele (1992), La
morte e la fanciulla (1994), La nona porta (1999), Il pianista (2002), Oliver
Twist (2005), L’uomo nell’ombra (2010), Carnage (2011), Venere in pelliccia
(2013), Quello che non so di lei (2017).
Francesco Giuliano
venerdì 1 novembre 2019
“L’uomo del labirinto”, un bel thriller psicologico che provoca brivido e inquietudine nello spettatore ponendolo in continua attesa
Titolo: L’uomo del labirinto
Regia: Donato Carrisi
Soggetto: Donato Carrisi
Sceneggiatura: Donato Carrisi
Musiche: Vito Lo Re
Produzione Paese: Italia, 2019
Cast: Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Bellè, Vinico Marchioni,
Luis Gnecco, Riccardo Cicogna, Stefano Rossi Giordani, Caterina Shulha, Orlando
Cinque ,[…]
L’uomo del
labirinto è un thriller mozzafiato, di tipo psicologico
molto ben curato, che inizia con il rapimento di una ragazza, Samantha Andretti
(Valentina Bellè) mentre percorreva una strada isolata. Da questo momento in
poi il film si svolge su due percorsi paralleli. Da una parte c’è Bruno Genko
(Toni Servillo) un investigatore privato, ricco di sensibilità, dal grande
spessore umano, trascurato, a cui due mesi prima i medici hanno pronosticato una
breve durata di vita. A causa di un passato non sempre limpido, cerca di
riscattarsi nei pochi giorni che gli rimangono di vivere, indagando sul
rapimento della ragazza e andando alla ricerca del mostro che, a quanto ha
saputo, ha stranamente la testa di un coniglio. Dall’altra parte, c’è un profiler, il dottor Green (Dustin
Hoffman), che, per scoprire il rapitore, cerca di fare riacquistare la memoria alla
ragazza la quale, dopo quindici anni di clausura, in cui è stata sottoposta a
iniezioni di droghe psicotrope, essendo stata liberata, si trova ricoverata
nell’ospedale Santa Caterina per le cure necessarie. L’unico ricordo che
Samantha ha è quello di essere stata rinchiusa in un labirinto dove più che la
fame soffriva la sete e dove ogni stanza presentava un’insidia da cui doveva
scappare. Il dottor Green è, a differenza di Genko, un uomo molto distaccato,
freddo, misterioso, cinico, che suscita, con i suoi modi di fare e di dire e i
suoi sguardi, inquietudine e sospetto.
La storia, che si svolge attraverso un percorso molto ingarbugliato, è
popolata da personaggi deformi e orribili e, quando sembra che la soluzione sia
a due passi, essa prende un altro varco, che lascia in uno stato di
inquietudine e di continua attesa lo spettatore suscitandogli nel contempo
momenti di brivido e di apprensione.
L’uomo del
labirinto è caratterizzato da una situazione fondamentale
che, ponendo lo spettatore di fronte a problemi individuali e sociali di grande
attualità, lo fanno riflettere profondamente e lo mettono di fronte ad una
realtà, che è quella in cui egli stesso vive, e dove ciò che in un dato momento
gli sembra verità subito dopo appare come falsità e viceversa, e dove, come
dice lo stesso Servillo, ci sono due labirinti: quello fisico determinato dalla città in cui si abita, e quello
mentale da cui si tenta di sfuggire. L’inganno e il plagio, spesso, riducono
l’individuo libero in uno stato di schiavitù sia di natura fisica che mentale
perché lo inducono in uno stato di totale
soggezione al potere altrui. Con un finale imprevedibile, il film, come
se fosse un suggeritore, porta lo
spettatore a capire che da tale stato si potrebbe uscire usando la razionalità necessaria
che vince qualunque sentimento negativo. E lo fa attraverso due grandi attori come Toni Servillo e Dustin Hoffman.
Filmografia
La ragazza nella nebbia (2017).
Francesco Giuliano
venerdì 25 ottobre 2019
“Tutto il mio folle amore”, un film avvincente on the road alla scoperta dei sentimenti
Titolo: Tutto il mio folle amore
Regia: Gabriele Salvatores
Soggetto: Fulvio Ervas (dal romanzo Se ti abbraccio non aver paura)
Sceneggiatura: Umberto Contarello,
Sara Mosetti, Fulvio Ervas
Musiche: Mauro Pagani
Produzione Paese: Italia, 2019
Cast: Claudio Santamaria, Valeria
Golino, Diego Abbatantuono, Giulio Pranno, Daniel Vivian, Marusa Majer, Tania
Garibba, Maria Gnecchi, […]
Vincent (Giulio
Pranno), nato da un occasionale rapporto
sessuale tra Willy (Claudio Santamaria), cantante su una nave da crociera, ed Elena,
(Valeria Golino), è un sedicenne affetto da una grave malattia neurologica sin
dalla nascita. Per questo il giovane, che si comporta in modo disinibito, irrefrenabile,
libero da stereotipi, estraneo alla paura, come un cavallo senza briglia e
senza cavaliere, ha bisogno di continue cure e particolari attenzioni che
rendono alla madre la vita molto complicata e non facile, dato che si è trovata
a gestire da sola la problematica situazione essendo stata abbandonata da Willy quando
scopre di essere rimasta incinta: la felicità, purtroppo, non è un diritto, è un colpo di culo! Per
fortuna, con il procedere degli anni, Elena viene ad avere un sostegno sia
materiale che affettivo da Mario (Diego Abbatantuono), il suo nuovo e instancabile
compagno, che tratta Vincent come se fosse suo figlio.
Dopo sedici anni, tuttavia, a Willy
viene il desiderio di conoscere il figlio perché non sa che faccia ha, né
come si chiama, ma, come avviene in questi casi, egli viene respinto
violentemente da Elena che gli confessa di aver chiamato il figlio Vincent per la canzone di Don
MacLean che Willy le aveva cantato “Starry, starry night/
paint your palette blue and grayì/ look out on a summer’s day/ with eyes that know the darkness in my soul/ shadows on the hills/ sketch the trees and the daffodils/ catch
the breeze and the winter chills/ in
colors on the snowy linen land/ … (Notte piena di stelle/ colora la tua tavolozza di blu e di grigio/ guarda fuori in un giorno d’estate/ con occhi che conoscono/ l’oscurità della mia anima/ ombre sulle colline/ tratteggiano alberi e giunchiglie/ cattura
la brezza e il gelo invernale/ nei colori
sul terreno ammantato di neve …). Vincent,
tuttavia, fugge da casa perché sente il bisogno di ritrovare il padre che con
sua grande sorpresa dice: dopo una grande
sfiga, arriva sempre una grande fortuna. E Vincent segue il padre in un
tour canoro lungo la Slovenia e la Croazia e durante questo viaggio emergono
nel suo animo e in quello di suo padre tutti quei sentimenti che nel tempo
erano rimasti latenti nella loro interiorità.
Gabriele Salvatores, come è nel suo stile, anche questa volta cerca di scavare
nella profondità dell’animo umano che nella vita quotidiana è sottoposto a
continue frustrazioni e casuali imprevisti che gli stravolgono l’esistenza e lo
distolgono da suo essere umano. E lo fa on
the road che trova un lieve parallelismo nel romanzo di Jack Kerouac Sulla strada, in quella frase, divenuta
famosa, dobbiamo andare e non fermarci
finché non siamo arrivati. Infatti, padre e figlio, attraverso continue
peripezie e passando per terreni nudi e irti, proseguono il loro percorso per
raggiungere la meta, che li porta, nel contempo e pian piano, a scoprire le origini
della propria essenza, da cui sfociano impetuosi i loro più belli sentimenti rimasti
reconditi per sedici lunghi anni. E Salvatores lo fa usando un alone
di metafora con cui manifestare che, oggi, le persone sono soggiogate dalle regole
sregolate di una società che ha perduto il suo senso, e dalle quali dovrebbero
liberarsi per fare riemergere quei sentimenti che hanno in sé ma che non sanno
di possedere. Solo mettendosi in gioco, come fa nella parte del film Elena,
autodefinitasi nuotatrice indomita, e
liberandosi anche dalle proprie turpitudini, ogni individuo potrebbe fare
emergere le radici della propria essenza umana perché come canta Fabrizio De
André, in Via Del Campo, dal letame
nascono i fior.
Il soggetto del film è stato tratto liberamente dal romanzo Se ti abbraccio non avere paura di
Fulvio Ervas, edito da Marcos Y Marcos, che descrive la vera storia di Andrea e
Franco Antonello, padre e figlio autistico che hanno viaggiato in moto dagli Stati
Uniti al Sud America.
Il film è stato presentato fuori concorso alla LXXVI Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Filmografia
Sogno di una notte d’estate (1983), Kamikazen – Ultima notte
a Milano (1987), Marraech Express (1989), Turné (1990), Mediterraneo (1991),
Puerto Escondido (1992), Sud (1993), Nirvana (1997), Denti (2000), Amnèsia
(2001), Io non ho paura (2003), Quo vadis, baby? (2005), Come Dio comanda (2008),
Happy Family (2010), Educazione siberiana (2013), Il ragazzo invisibile (2014),
Il ragazzo invisibile – Seconda generazione (2018).
Francesco Giuliano
giovedì 17 ottobre 2019
“Le verità”, una storia ricca di confronti e scontri tra madre e figlia che sfocia nell’esplicitazione di sentimenti inibiti
Titolo: La verità
Titolo originale: La vérité
Regia: Hirokazu Kore’eda
Sceneggiatura: Hirokazu Kore’eda
Musiche: Aleksej Ajgi
Produzione Paese: Francia, Giappone, 2019
Cast:Catherine Deneuve, Juliette Binoche, Ethan
Hawke, Clémentine Grenier, Manon Clavel, Christian Crahay, Roger Van Hool,
Ludivine Sagnier, Laurent Capelluto, Alain Libolt, […]
Fabienne (Catherine Deneuve), grande attrice, brava e famosa, ormai avanti negli anni, ha
scritto la sua biografia. Per festeggiare la pubblicazione ,di cui l’editore ha
stampato già 50 mila copie, la raggiunge la figlia Lumir (Juliette Binoche), che fa la sceneggiatrice
a New York, col marito Hank (Ethan Hawke), attore di
scarsa rilevanza, e la piccola figlia.
Durante questa improvvisa e inaspettata riunione di famiglia riemergono, tuttavia,
risentimenti e conflitti dovuti a quelle verità, o presunte tali, che Fabienne ha
scritto nel proprio libro. Scaturisce sin dai primi dialoghi tra figlia e madre
che costei nella sua vita difficilmente sia stata priva di contraddizioni. Al
contrario, la sua incoerenza è stata costante. Si è comportata, infatti. come
se lei fosse vissuta in un mondo tutto suo, fatto di interpretazioni diverse congrue
con determinati momenti della sua vita. Infatti Lumir contesta alla madre: Mi
avevi promesso di mostrarmi le bozze del tuo libro, prima di pubblicarlo, te lo
ricordi? E ancora, dopo la lettura della
biografia, esclama: Mamma,
non riesco a trovare una cosa vera qui dentro! Forse Fabienne nello scrivere la sua vita era stata
trasportata dalle emozioni del momento piuttosto che dai ricordi che ormai
erano lontani nel tempo e questa lontananza le aveva fatto perdere i relativi connotati sinceri e precisi.
Si evince, dunque, che Fabienne, in ambito familiare e anche
nella descrizione delle sue memorie, abbia indossato una maschera –
parafrasando Pirandello una, nessuna, centomila -, adatta all’uopo così come ha
fatto nelle sue diverse interpretazioni filmiche: Sono
le mie memorie, il mio libro, ho il diritto di scegliere cosa scrivere, no? … Meglio essere una cattiva madre, una cattiva
amica e una buona attrice! E anche se tu non mi perdoni, il pubblico mi
perdona! E abbia sempre trovato
la risposta giusta ad ogni domanda fastidiosa come quando a Lumir, che le fa
notare di non essere mai andata a vedere lo spettacolo che ha fatto alle medie, risponde: sempre meglio averti trascurata che essermi immischiata nella
tua vita privata.
Soltanto due brave e mature mattatrici istrioniche,
come Catherine Deneuve e Juliette Binoche, dirette dall’abilità del regista
giapponese Hirokazu Kore’eda, potevano fare apprezzare allo spettatore quegli stessi
stati emotivi che i loro rispettivi personaggi provavano. I dialoghi intensi, attraverso il contatto fisico, il guardarsi negli
occhi, le carezze istintive, il confrontarsi, il rinfacciarsi i comportamenti passati
vicendevolmente e l’esternazione delle loro opinioni, stavano determinando via
via l’esplicitazione dei loro veri sentimenti, avulsi da ogni intima macchinazione,
che madre e figlia già possedevano nella loro interiorità. Sentimenti che per
tutta la loro vita erano stati repressi perché esse non si erano mai incontrate
e scontrate come stavano facendo ora, a causa del fatto che Fabienne aveva dato
tutta se stessa al cinema inibendo del tutto gli affetti familiari.
Le verità, che è
un encomio alla carriera di Catherine Deneuve, ha concorso per il Leone d’oro alla
LXXVI Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Filmografia
Maborosi (1995), Wandāfuru raifu )1998), Distance
(2001), Nessuno lo sa (2004), Hana yori mo naho (2006), Aruitemo aruitemo
(2008), Kuki ningyō (2009), Kiseki (2011), Father and Son (2013), Little Sister
(2015), Ritratto di famiglia con tempesta (2017), Sandome no satsujin (2017).
Francesco Giuliano
martedì 15 ottobre 2019
“Brave ragazze”, un film che con brio manifesta i lineamenti della condizione femminile
Titolo: Brave ragazze
Regia: Michela Andreozzi
Soggetto: Michela Andreozzi, Alberto Manni e Fiorenza Tessari
Sceneggiatura: Michela Andreozzi e Alberto Manni
Musiche: Maurizio Filardo
Cast: Ambra Angiolini, Ilenia Pastorelli, Serena Rossi, Silvia D’Amico,
Stefania Sandrelli, Luca Argentero, Max Tortora, Michela Andreozzi,
Massimiliani Vado, Fabio Morici, Fabrizio Colica, Ludovica Paglia, Michele
Savoia, Pietro Genuardi, […]
Tra Gaeta e Fondi, due città della provincia pontina,
all’inizio degli anni ottanta, quattro donne, quattro amiche per la pelle,
quattro brave ragazze - Anna (Ambra
Angiolini) con due figli piccoli che vive con la madre Lucia (Stefania
Sandrelli), Chicca (Ilenia Pastorelli) e Caterina (Silvia D’Amico), due sorelle
squattrinate e orfane con caratteri diametralmente diversi e Maria (Serena
Rossi), una donna costumata tutta casa e
chiesa che subisce costantemente le violenze del marito Giuseppe (Massimiliano
Vado) -, si trovano in uno stato di disagio economico o familiare, o, come si
dice comunemente, in uno stato di incipiente crisi di nervi. Per potere risollevarsi dallo stato indigente in
cui versano e dato che la loro vita è un agguato continuo, esse costituiscono
una banda con lo scopo di rapinare una banca al fine di avere quei proventi che
le permettano di tirare a campare.
Tutto avviene in seguito alla proposta di Chicca: Ma perché non la facciamo veramente una
rapina, eh? E lo fanno travestendosi da uomini. Spinte
dunque dal bisogno economico e alla ricerca di un riscatto sociale, armatesi di
coraggio, svaligiano una banca e poi un’altra ancora. I proventi di quest’ultima
sono più consistenti della prima, tant’è che la loro vita cambia come la notte con
il giorno. Su queste rapine, tuttavia, indaga il commissario Gianni Morandi
(Luca Argentero) che, appassionato dei romanzi gialli di Georges Simenon, inizialmente
si viene a trovare come in un cul de sac
ma, in seguito all’uccisione di Giuseppe, il marito di Maria, riesce a trovare
un indizio che forse gli spianerà la strada investigativa. La storia è tratta
da una vicenda vera avvenuta in Provenza verso la metà degli anni ottanta.
La regista, al suo secondo film, dopo essere stata interprete
in diversi film anche in RAI, ha scelto la scenografia nella suggestiva città
di Gaeta per affetto e attaccamento sentimentale perché, pur essendo nata a
Roma, è il posto dove è cresciuta. In
Brave ragazze, film prettamente al
femminile, Michela Andreozzi
riesce con acume e accuratezza a dare alle sue quattro protagoniste caratteri individuali
che evidenziano i diversi modi di essere della donna. C’è Anna, ragazza madre, che
con spirito di sacrificio cerca di sopravvivere facendo lavori precari: Ho che non ho un lavoro, ho che non sono
riuscita a comprare due costumi di carnevale per i miei figli; poi c’è Chicca, una ragazza disinibita, impavida,
intraprendente e audace al contrario della sorella Caterina che è introversa, pavida,
timoprosa e insicura, e, infine, c’è Maria che, essendo molto legata alla
dottrina cattolica, accetta ogni tipo di maltrattamento dal marito geloso e
autoritario.
Brave ragazze, un film che appare come una metafora del riscatto sociale della donna, ha
ottenuto il premio Filming Italy Best Movie Award 2019 per la Migliore regia a
Michela Andreozzi.
Filmografia
Nove lune e mezza (2017).
Francesco Giuliano
sabato 5 ottobre 2019
“Joker”, una metafora per descrivere le inquietudini e i turbamenti dei tempi moderni
Titolo: Joker
Regia: Todd Phillips
Soggetto: Bob Kane, Bill Finger, Jerry Robinson
Sceneggiatura: Todd Phillips, Scott Silver
Musiche: Hildur Guõnadóttir
Produzione Paese: USA, 2019
Cast: Joaquin Phoenix, Robert De Niro. Zazie Beetz, Frances Conroy, Brett
Cullen, Douglas Hodge, Dante Pereira-Olson, Shea Wigham, Bill Camp, Glenn
Fleshler Leigh Gill, Josh Pais, Marc Maron, Brian Tyree Henry, Bryan Calle, […]
Alcune città sono splendide, di notte. Gotham non è una di
queste. E a
Gotham city, che deve la sua fama
ai roditori, ai cumuli di immondizie e alla gente che viene uccisa tornando a
casa ogni giorno, c’è un incredibile degrado sociale. A Gotham city, infatti, imperano la
disuguaglianza e l’emarginazione, i servizi sociali per recuperare i più deboli
e i più bisognosi di cure sono sospesi per mancanza di fondi, la delinquenza
spicciola è alla portata di giovani insensati, la cattiveria genera altra cattiveria
senza freno. A Gotham city c’è una grande disparità sociale. A Gotham city,
infatti, c’è molta gente che vive nella miseria e nella sporcizia e soffre per
mancanza dei servizi essenziali, mentre i ricchi scialacquano nell’abbondanza,
nell’arroganza e nella violenza. Uno di questi è Thomas Wayne (Brett
Cullen) che vive in una sontuosa villa
fuori città e che si è candidato a sindaco dopo che sono stati tagliati i fondi
che sostenevano i servizi sociali. Una metafora dei tempi moderni, quindi, dove
i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri sono
continuamente vilipesi e sfruttati. A Gotham city, vive in un palazzo
degradato con la madre Penny (Frances Conroy) Arthur Fleck (Joaquin Phoenix), un uomo scheletrico con gravi problemi psichici che spesso gli
provocano attacchi duraturi di risata incontrollabili. Per questo è costretto,
dopo che lo hanno dimesso da una casa di cura, a rivolgersi ai servizi sociali,
mentre per campare si veste e si trucca la faccia da joker cercando di
divertire la gente per le strade di Gotham, e fa il comico in un locale
notturno, perché sua madre gli
diceva sempre di sorridere e mettere una
faccia felice … e portare risate e gioia
nel mondo. La sua
vita si svolge senza appigli, senza sogni e senza speranze come se fosse un
automa in una città che non gli offre stimoli di nessuna natura. Tutto lo
lascia indifferente, niente lo entusiasma se non l’incontro nell’ascensore con
la bella vicina di appartamento, Sophie (Zazie
Beetz) che ne apprezza le lusinghe. Gli unici
sfoghi per Arthur sono la televisione, di cui segue il famoso programma del
cinico Murray
Franklin (Robert De Niro) presso cui si
reca per un provino, e la madre invalida, che accudisce con grande cura e
devozione perché è l’unica persona che lo comprende. Tutto procede normalmente nella
sua vita quotidiana fino a quando interviene a sproposito e in modo sbagliato contro
tre giovani benestanti che sulla metro scherniscono una ragazza. In quel
momento Arthur ha la faccia truccata da joker. Infatti si vocifera che Gotham
si è persa. Che razza di vigliacco può fare questo a sangue freddo? Uno che si
nasconde dietro una maschera. La sua situazione psichica
peggiora quando in televisione vede nel talk show il suo provino non
riuscito e Murray Franklin che lo deride. Si rende conto che quel mondo in cui vive
gli sta stretto tant’è che la cattiveria che si abbatte su di lui lo rende
estremamente indifferente ma soprattutto cattivo. Ed è questa cattiveria che viene
apprezzata da tutti coloro che socialmente si trovano nella sua stessa
situazione. Diventa un idolo per costoro tant’è che condividendone il
comportamento indossano la maschera di clown, identificandosi in tal modo con
lui. Athur infatti da quel momento afferma: Ho
sempre pensato alla mia vita come a una tragedia, adesso vedo che è una
commedia!
Ed è, in accordo a questa asserzione,
che nei titoli di coda viene cantata la canzone Smile di Charlie Chaplin:
Smile
though your heart is aching,/ Smile even though it’s breaking,/ When there are
clouds in the sky,/ You’ll get by,/ If you smile through your fear and sorrow/
Smile and maybe tomorrow/ You’ll find that life is still worth while/ If you
just … Sorridi, anche se il cuore ti duole/
sorridi, anche se si sta spezzando/ quando ci sono nuvole nel cielo/ ci
passerai sopra/ se sorridi attraverso/ la tua paura e al dolore/ sorridi e
forse domani/ scoprirai che la vita vale ancora/ la pena di essere vissuta/ se
tu solo sorridi …
Un magnifico Joaquin Phoenix che, con il suo portamento ambiguo, leggero, coreografico,
accattivante, poteva essere il solo capace di dare anima autentica a Joker, tant’è che grazie a ciò il regista Todd
Phillips ha usato la macchina da presa per scavare profondamente nel suo volto da
cui ne ha estratto le inquietudini, i turbamenti e le continue afflizioni. Nel
contempo, il regista ha usato il linguaggio cinematografico come metafora, al
fine di ottenere un effetto maggiore rispetto al linguaggio esplicito, per
descrivere in modo eccellente e incisivo la situazione sociale degradata e piena
di cattiveria in cui versano i paesi post-industriali.
Joker ha vinto il Leone d’oro per Migliore film alla 76^ Mostra Internazionale
del Cinema di Venezia 2019.
Filmografia
Road Trip (2000), Old School
(2003), Starky & Hutch (2004), Scuola per canaglie (2006), Una
notte da leoni (2009), Parto col folle (2010), Una notte da leoni 2 (2011), Una
notte da leoni 3 (2013), Trafficanti (2016).
Francesco Giuliano
giovedì 3 ottobre 2019
“Vivere”, un’indagine sulla famiglia allargata e gli effetti sugli individui coinvolti
Titolo: Vivere
Regia: Francesca Archibugi
Soggetto. Francesca Archibugi
Sceneggiatura: Francesca Archibugi, Francesco Piccolo, Paolo Virzì
Musiche: Battista Lena
Produzione Paese: Italia, 2019
Cast: Micaela Ramazzotti, Adriano Giannini, Massimo Ghini, Marcello Fonte,
Roisin O’Donovan, Andrea Calligari, Valentina Cervi, Enrico Montesano, Elisa
Miccoli, […]
Vivere, l’ultimo film di Francesca Archibugi, cerca di fare una disamina su una
delle ormai diffuse famiglie allargate italiane, mettendone in risalto soprattutto
i difetti che la contraddistinguono e i conseguenti effetti. L’indagine verte
sulla famiglia Attorre composta dal capofamiglia Luca (Adriano Giannini), un
giornalista che non sa quello che fa
perché lo fa in quanto scrive continuamente articoli che non riesce a
piazzare, dalla moglie Susi (Micaela Ramazzotti), una svalvolata, frenetica, dinamica e disorganizzata maestra di ballo
per signore attempate - culone che
vogliono dimagrire -, e dalla figlia Lucilla (Elisa Miccoli), una bambina
di sei anni che soffre di asma psicosomatica, che a casa viene accudita da una
studentessa irlandese di storia dell’arte, Mary Ann (Roisin O’Donovan),
cattolica convinta. Talvolta, va a trovare Luca il figlio
Pierpaolo (Andrea Calligari), un ragazzo diciassettenne nato dal rapporto
sessuale con Azzurra (Valentina Cervi), figlia in un famoso e losco
professionista, l’avvocato De Sanctis (Enrico Montesano) che, a suo dire da
uomo di legge, legum servi sumus
ut liberi esse possumus, cioè siamo schiavi delle leggi per poter essere
liberi. In questo contesto, rappresentano un
substrato essenziale le liti tra Luca (Con te non si può parlare senza sbraitare!) e Susi (Perché se non
urlo, manco t'accorgi che sto a parla! Se non urlo, manco me vedi!), da
cui si dipana un
puzzle di comportamenti, perché sembra che il comportamento di uno non
influenzi in modo profondo quello dell’altro ma che ne sia connesso solo per completare
il riempimento dell’insieme. Un puzzle i cui singoli pezzi sono fatti di sesso,
tradimenti, amicizia, amore, politicanti e affaristi, alterchi chiassosi,
bugie, ingenuità, stranezze, affari equivoci o opportunistici, contegni incoerenti,
effetti della solitudine, discrasia tra religione e comportamento.
Tutto si svolge sotto l’attenta sorveglianza di Perind,
acronimo di Perito industriale (Marcello Fonte), il vicino di casa che, vivendo
da solo e non avendo null’altro da fare, sbircia ogni persona che pratica o vive
presso la famiglia Attorre e ne spia ogni fatto, ogni parola, ogni movimento.
Perind sa tutto di tutti! È un invidioso – come lui stesso dichiara di essere –
addirittura della vita caotica e insensata di questa famiglia perché lui non fa
nulla, non gli capita nulla, convinto che la sua sia non vita. Il tema che il film affronta è in parte attualissimo e in parte connesso
con la vita stessa, al di là dello spazio e del tempo, di ogni essere umano che,
dopo aver commesso un errore, essendo - come diceva lo storico romano Sallustio
faber est suae
quisque fortunae -, ognuno artefice della propria sorte, si trova ad un bivio e,
quindi, costretto a scegliere una delle due strade che gli si presentano senza
sapere a cosa, ciascuna di esse, conduca. Anche se apparentemente le due strade
sembrano uguali, simmetriche, ma che in realtà non lo sono, come le due chiese gemelle di piazza del Popolo di
Roma, la chiesa di s. Maria in Montesanto e quella di s. Maria dei Miracoli, perché
esistono evidenti differenze planimetriche.
Bravissima e accattivante la declamazione di Micaela Ramazzotti, che si
distingue magnificamente su tutti gli altri protagonisti.
Film è stato presentato Fuori Concorso Fiction alla 76° Mostra
Internazionale del Cinema di Venezia 2019.
Filmografia
Mignon è partita (1988), Verso sera (1990), Il grande
cocomero (1993), Con gli occhi chiusi (1994), La strana storia di Banda sonora
(1997), L’albero delle pere (1998), Domani (2001), Renzo e Lucia (2004),
Lezioni di volo (2007), Questione di cuore (2009), Parole povere (2013), Il
nome del figlio (2015), Gli sdraiati (2017), Romanzo famigliare (2018).
Francesco Giuliano
venerdì 27 settembre 2019
“Ad astra”, una profonda e stimolante riflessione sulle inclinazioni dell’uomo connesse con il senso della vita
Titolo: Ad Astra
Regia: James Gray
Sceneggiatura: James Gray, Ethan Gross
Musiche: Max Richter
Produzione Paese: USA, Brasile, Cina, 2019
Cast: Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Ruth Negga, Liv
Tyler, Donald Sutherland, John Ortiz, Greg Bryk, Loren Dean, John Finn, Kimberly
Elise, LisaGay Hamilton, Jamie Kennedy, Natasha Lyonne, […]
Ad astra, locuzione forse estrapolata dalla
più completa frase latina Per aspera sic
itur ad astra, con la quale si vuole indicare che
per giungere alle stelle, ovvero alla gloria o al successo, bisogna superare
grandi ostacoli, ricalca molto bene il contenuto di questo bel lavoro di James
Gray.
Ci sono film, tra cui il capolavoro indiscusso 2001 - Odissea nello spazio (1968) di
Stanley Kubrick a cui si affianca la SUA risposta sovietica Solaris (1972) di Andrej Tarkovskij, e i più recenti Gravity (2013) di Alfonso Cuaron e Interstellar (2014) di Christopher Nolan
che, assieme a questa recentissima pellicola Ad Astra, affrontano il problema del rapporto dell’uomo con
l’universo, spesso considerato come causa di imprevisti per l’uomo. In questo
contesto, viene compreso sua sponte il dilemma connesso con la
continua ricerca del senso della vita, che, a tutt’oggi, a meno che l’essere
umano non rifugga, come è suo solito di fronte al mistero, nei dogmi religiosi
come del resto fa da quando è stato creato, rimane profondamente irrisolto.
Uno degli imprevisti che, nel film Ad
Astra, nocciono alla Terra, sono delle
emissioni improvvise di energia di origine ignota, provenienti da Nettuno, il
pianeta ai confini del Sistema solare. Si sospetta che esse potrebbero essere
causate dalla base spaziale del progetto LIMA, che ventinove anni prima era
stato condotto dall’astronauta Clifford McBride (Tommy Lee Jones), e di cui non si è saputo più nulla da sedici anni,
anche se ci sono dei segnali che fanno pensare che sia vivo.
Conseguentemente lo SpaceCom, il Comando Spaziale, per indagare sulle cause di
ciò, convoca il quarantacinquenne maggiore Roy McBride (Brad Pitt),
figlio di Clifford, a cui vuole affidare la missione segreta di ricerca del
padre. Roy, che aveva sedici anni quando il padre partì, è stato sempre
affascinato dalle sue gesta, tant’è che manifesta il suo orgoglio di figlio dicendo: Faccio quello che
faccio grazie a mio padre, lui era un eroe. Ha sacrificato la sua vita per il
sapere. E Roy, anche se viene avvertito sui
rischi a cui andrà incontro (Potrebbe
essere uno shock per lei, suo padre faceva esperimenti con del materiale classificato
che poteva compromettere il nostro intero sistema solare, distruggendo ogni
forma di vita! Contiamo su di lei per scoprire cosa sta succedendo) accetta senza alcun a titubanza la missione (pronto a fare il mio lavoro al meglio delle
mie capacità. Ribadisco il mio fermo impegno a completare la missione secondo
le regole, se necessario distruggerò il progetto nella sua totalità. La Terra
sperava in lui ed ora è tutto ... nelle mie mani!)
A tal punto lo spettatore, di cui viene coinvolta tutta
la sua immaginazione, ha l’occasione di gustarsi, sulla base di un’attraente
scenografia, le intime riflessioni e gli intensi e profondi dialoghi,
accompagnati da musiche originali che ben si adattano alle continue azioni
frenetiche e imprevedibili che si presentano. Attraverso essi, grazie all’uso
metaforico che il regista pone con buon esito in atto, lo spettatore coglie l’attitudine
drammatica dell’uomo volta non solo a distruggere il proprio pianeta ma anche a
danneggiare gli altri corpi celesti, vedi la Luna e il pianeta Marte, così come
è avvenuto sulla Terra a decorrere soprattutto dal 1492, anno di scoperta dell’America.
Trasportato delle sue passioni, che lo inducono all’affannosa ricerca della
verità o alla bramosia di grandezza, l’uomo abbandona i suoi affetti più cari e
si scontra con la sua essenza: il padre, che lascia la sua famiglia e il figlio, per realizzare il suo sogno, o il marito che lascia la moglie per dare un scopo
all’impronta educativa ricevuta e alle sue innate aspirazioni. E in questo continuo trasporto
il tempo passa, l’età avanza e, ad un certo punto, egli si accorge degli errori
commessi, dell’inutilità di questa lotta sfrenata e cerca di tornare sui suoi
passi finché sia possibile, altrimenti rinuncia al suo scopo e alla sua vita.
Il film è stato presentato alla LXXVI edizione della Mostra
Internazionale del Cinema di Venezia.ì
Filmografia
Little Odessa (1994), The Yards (2000), I
padrone della notte (2007), Two Lovers (2008), C’era una volta a New York
(2013), Civiltà perduta (2016).
Francesco Giuliano
sabato 7 settembre 2019
“Mio fratello rincorre i dinosauri”, un film che affronta con brio e sagacia il tema della disabilità
Titolo: Mio fratello
rincorre i dinosauri
Regia: Stefano Cipani
Soggetto: Giacomo
Marraziol (dal romanzo autobiografico omonimo)
Sceneggiatura: Fabio
Bonifacci, Giacomo Marraziol
Musiche: Lucas Vidal
Produzione: Italia, 2019
Cast: Alessandro Gassmann,
Isabella Ragonese, Rossy De Palma, Francesco Gheghi, Lorenzo Sisto, Arianna
Becheroni, Gea Dall’Orto, Maria Vittoria Dallasta, Edoardo Pagliai, Saul Nanni,
[…]
Sarà diverso da
voi. È speciale... dotato di superpoteri, dice Katia
(Isabella Ragonese), con l’ingenua e sottile complicità del marito Davide, ai
figli [due femmine, Chiara (Gea Dall’Orto) e Alice (Maria Vittoria Dallasta), e
un maschio Jack (Francesco Gheghi)], dopo la nascita di Gio (Lorenzo Sisto), un
bambino affetto dalla sindrome di Down, come si sa causata dalla presenza del
47° cromosoma nel nucleo cellulare. Questa è l’innocente bugia che viene ritenuta
verità indiscussa dal piccolo Jack il quale però, quando diventa grande, si
rende conto della situazione fisiologica in cui si trova il fratello (La verità è che mi avete fatto credere che era un supereroe,
siete dei bugiardi!)
e, per vergogna, cerca di nascondere agli amici e ai compagni di scuola l’esistenza
del fratello down, asserendo che è morto. E ciò lo fa anche con la prima fiamma
della sua vita, di cui è innamorato profondamente: Arianna (Arianna Becheroni),
una ragazza perspicace e molto impegnata socialmente. Come è volgarmente noto,
tuttavia, le bugie hanno le gambe corte,
e Jack si trova costretto a confessare la verità. A quel punto, scartato da tutti,
soprattutto da Arianna, che gli rinfaccia di
averle detto di avere solo due sorelle,si
rende conto che non si può pensare di essere amati senza se e senza ma, se non si è
all’altezza di amare gli altri accettandoli con tutti i loro difetti. Jack riceverà addirittura dal comportamenti di Gio
questo insegnamento universale, che farà ricrederlo e lo porterà a pensare che suo fratello
è veramente un supereroe, tant’è che con grande convinzione afferma: Lui è genialità e
ingenuità al tempo stesso, Gio è uno che quando si trova nei corridoi corre,
perché nei corridoi si corre! Gio è uno che ogni mattina si sveglia e ti chiede
se fuori c'è il sole, ogni mattina porta dei fiori alle sorelle ... e quando mi
chiedono cos’ha Gio, io rispondo sempre: Mio fratello rincorre i dinosauri.
Ci sono temi sociali con cui è difficile coinvolgere il grande
pubblico, ma Mio fratello rincorre i dinosauri, grazie alla sceneggiatura scorrevole
e briosa e alla regia di Stefano Cipani, al suo esordio, che usa un linguaggio delicato e
una scorrevole fluidità narrativa, riesce, grazie anche ad un procedere vivace, a coinvolgere lo spettatore sia emotivamente, come quando si riceve un bel regalo, che
razionalmente perché lo fa riflettere su un tema che spesso viene rifiutato dalla
collettività. Mio fratello rincorre i dinosauri, presentato alla
76^ Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, è un film semplice e con un alto valore pedagogico che, affrontando un
problema sociale importante, riesce a sorprendere, divertire e appassionare. Per questo dovrebbe essere utilizzato come strumento didattico nelle scuole. Nel contempo,
questo film trasmette la bellezza della condivisione emotiva, dell’anormalità
considerata un fatto normale e del prendersi cura del diverso che diverso non è,
così come recita la canzone di Franco Battiato La cura cantata nei
titoli di coda: Ti proteggerò dalle paure
delle ipocondrie/ dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via/ dalle
ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo/ dai fallimenti che per tua natura
normalmente attirerai./ Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore/ dalle
ossessioni delle tue manie./ Supererò le correnti gravitazionali/ lo spazio e
la luce per non farti invecchiare. E guarirai da tutte le malattie/ perché sei
un essere speciale./ Ed io, avrò cura di te …
Francesco Giuliano
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