Un nuovo blog che parla di cinema italiano. Potrete trovare informazioni complete sui migliori attori, registi e film del nostro cinema. Vi saranno anche riferimenti al cinema straniero , informazioni complete su come visualizzare un in streaming e suggerimenti e indicazioni rispetto ad altre pagine del settore.
venerdì 23 marzo 2018
“Metti la nonna in freezer” potrebbe succedere quando le istituzioni pubbliche ledono i diritti dei cittadini?
Titolo: Metti la nonna in freezer
Regia: Giancarlo Fontana, Giuseppe G.
Stasi
Soggetto: Fabio Bonifacci, Nicola Giuliano
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci
Musica: Francesco Cerasi
Produzione Paese: Italia, 2018
Cast: Fabio De Luigi, Miriam Leone,
Barbara Bouchet, Maurizio Lombardi, Marina Rocco, Lucia Ocone, Francesco Di
Leva, Eros Pagni, Carlo de Ruggieri, Susy Laude, […]
Il film descrive la storia della
bella Claudia (Miriam Leone), una giovane imprenditrice che si occupa di
restauro di opere d’arte, coadiuvata nel suo delicato lavoro da Rossana (Lucia
Ocone) e Margie (Marina Rocco). Claudia avanza un credito dalla sovrintendenza
di centosessantamila euro da un anno, tant’è che, per pagare le due
collaboratrici, usa parte della pensione della nonna che ammonta a più di
quattromila euro mensili. Per fortuna che c’è la pensione della nonna Brigit
(Barbara Bouchet), altrimenti Claudia non saprebbe come fare. Un giorno, mentre
sta minacciando di distruggere in un museo con uno spray colorato un quadro d’autore,
al cospetto dei giornalisti se non le verranno dati subito i soldi che le
spettano di diritto, riceve da Margie la notizia che sua nonna sta per morire.
Ovviamente, Claudia interrompe l’azione ricattatoria contro le istituzioni e corre
al capezzale della sua amata fonte di sostentamento. Purtroppo la nonna muore e
Claudia, per continuare a prendere la pensione, che viene accreditata direttamente
nel conto bancario della nonna, dietro suggerimento di Rossana, si convince di
congelare la sua ava in un freezer, andando incontro a grossi rischi giudiziari
per truffa ai danni dello Stato. La situazione sembra andare per il verso
giusto fino a quando, nella vita di Claudia, per puro caso, si intromette un
uomo romantico Simone Recchia (Fabio De Luigi), un incorruttibile e
stakanovista capitano della guardia di finanze, malvisto dai suoi subalterni perché
costretti a lavorare continuamente senza un attimo di respiro.
Avendo usato come input fatti veramente
accaduti, Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, due giovani registi con questa
loro opera prima “Metti la nonna in freezer”, riescono a guadagnarsi l’apprezzamento
del pubblico in quanto fanno ridere per l’intera durata del film con un
susseguirsi di colpi di scena e di impreviste azioni esilaranti. Poiché è
risaputo che il riso fa bene alla salute, agli appassionati di questo genere di
film non resta che andarlo a vedere. Lo spunto, da cui deriva la sceneggiatura,
è ottimo e convince anche per l’originalità del sarcasmo pungente e sferzante, accompagnato
da musiche scelte che conducono lo spettatore in un persistente godimento ilare,
al tempo stesso distrattivo del vivere quotidiano.
Francesco Giuliano
sabato 17 marzo 2018
“Maria Maddalena” un film che finalmente rivaluta una donna bistrattata per più di quattordici secoli dalla Chiesa cattolica
Titolo:
Maria Maddalena
Titolo
originale: Mary
Magdalene
Regia: Garth Davis
Sceneggiatura: Helen Edmundson, Philippa Goslett
Musiche: Hildur Guõnadóttir, Jóhann Jóhannsson
Produzione Paese: UK, USA, Australia, 2018
Cast: Rooney Mara, Joaquin Phoenix, Chiwetel
Ejiofor, Tahar Rahim, Denis Ménochet, Ariane Labed, Zohar Shtrauss, Uri
Gavriel, Charles Babalola, Tawfeek Barhom, Michael Moshonov, David Schofield,
Hadas Yaron, Ryan Corr, Irit Sheleg,Theo Theodoridis, [...]
Dopo
il debutto come regista del film Lion –
La strada verso casa presentato al Toronto International Film Festival 2016,
Garth Davis dirige questo suo secondo
lungometraggio Maria
Maddalena dal tratto originale e anticonformista, interpretando
i dettami evangelici secondo una visione umana laicale al femminile. Per la
prima volta il Nuovo Testamento viene epurato da quel carattere maschilista che
lo ha sempre caratterizzato così come il Vecchio Testamento, dando parità alla
donna che, invece, è stata descritta sempre come subalterna all’uomo. Descrive
questo film, infatti, con straordinario realismo la storia di Maria di Magdala,
per questo chiamata Maddalena (Rooney Mara), figura evangelica controversa e molto bistrattata,
storicamente per circa quattordici secoli, da quando fu considerata una
prostituta in un sermone del papa Gregorio I. Era il 591. Maria
Maddalena, in
questo film, è decantata così come deve essere, come una donna coraggiosa che
sfidò i dettami familiari, gli stereotipi e i pregiudizi sociali per seguire il
Rabbi, il mio maestro Gesù (Joaquin Phoenix), di cui si era
profondamente innamorata. Maria aveva visto, infatti, il Rabbi per la prima
volta quando suo fratello Daniele (Denis Ménochet) e il padre gli avevano
chiesto di espellere il demonio da lei (Hai
disonorato la nostra famiglia. C'è qualcosa di non umano in te!) che, avendo un
comportamento non consono alla loro volontà e rifiutando di sposare chi non conosceva
e non amava, era ritenuta indemoniata: Se c'è un demonio in me, c'è sempre stato, confessa a Gesù, che le risponde:
Non ci sono demoni qui, Maria di Magdala. Amore a prima vista, in sostanza, fu quello di
Maria di Magdala per Gesù forse attratta dalla sua bellezza, dal suo eccezionale
carisma o dalle sue virtù di grande taumaturgo dato che, tra l’altro, aveva
resuscitato Lazzaro (Theo Theodoridis) al cospetto della nutrita folla che lo
seguiva lungo la via di Gerusalemme per la Pasqua ebraica e per propagandare il
Regno di Dio. Un amore platonico, spirituale, nobile, quello di Maria Maddalena
per il Rabbi così come rileva con grande sensibilità materna Maria, la madre di
Gesù (Irit Sheleg): Tu ami mio figlio,
vero? Devi essere preparata, come me,… a perderlo, e così come viene
descritto dal regista Garth Davis, che non va oltre il desiderio umano come,
invece, ha immaginato José Saramago nel suo celebre romanzo “Il vangelo
secondo Gesù Cristo”, di cui riporto qualche riferimento: “ ... Maria si
fermò accanto al letto, lo guardò con espressione ardente e nel contempo dolce,
e disse, Sei bello, ma per essere perfetto, devi aprire gli occhi. Esitante, Gesù
li spalancò e immediatamante li chiuse, abbagliato, tornò ad aprirli e in quell’istante
seppe ciò che davvero volevano dire quelle parole del re Salomone. ... Impara,
impara il mio corpo. Gesù si guardava le mani, che Maria stringeva, e
desiderava averle libere perché potessero frugare ogni sua parte, ma lei
continuava, ancora una volta, di nuovo e diceva, Impara il mio corpo, impara il
mio corpo ... Ma adesso Maria di Magdala glielo aveva insegnato, Impara il mio
corpo, e ripeteva, ma in un altro modo, cambiando una parola, Impara il tuo corpo,
e lui l’aveva lì, quel suo corpo, teso, duro, eretto, e sopra di lui, nuda e
stupenda, maria di Magdala, che lo rassicurava ...”.
Un film dunque che riscatta, a ragione la donna,
attraverso la figura di Maria Maddalena tanto umiliata ma che è ritenuta l’apostola
degli apostoli, perché rivaluta la donna in un periodo nel quale Le donne hanno paura a farsi battezzare con gli uomini, … esprimendo con determinazione il coraggio
che ci vuole - Non resterò in silenzio! Mi ascolteranno -, e che, secondo il Vangelo secondo
Giovanni, fu presente alla crocifissione di Gesù sul Golgota e alla sua
morte (Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua
madre, Maria di Cleofa e Maria Maddalena), e alla
sua scomparsa dal sepolcro (Maria Maddalena andò al sepolcro di buon mattino, quando
ancora faceva buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro ... andò
subito ad annunciare ai discepoli: ho visto il Signore).
Maria Maddalena
è un film che scardina profondamente alcuni stereotipi presenti nell’immaginario
collettivo perché il regista immagina che gli apostoli Pietro (Chiwetel Ejiofor) e Giacomo (Tawfeek
Barhom) siano di pelle nera e che Giuda Iscariota (Tahar Rahim) abbia tradito Gesù
non per i trenta denari, come sostenuto nel Vangelo secondo Matteo, ma
perché aspira alla rivoluzione immediata al fine di combattere e distruggere quel
(o questo) mondo disumano e sostituirlo con il Regno di Dio, che non si può comprare, nè vendere, e che potrà essere realizzato ad una sola
condizione, come sostiene Maria Maddalena: Il mondo cambierà solo se cambiamo noi.
Filmografia
Lion
– La strada verso casa (2016).
Francesco Giuliano
giovedì 15 marzo 2018
“Ricomincio da noi” una commedia briosa sulla terza età che fa rima con la seconda età
Titolo:
Ricomincio da noi
Titolo
originale: Finding Your
Feet
Regia:Richard Loncraine
Sceneggiatura: Meg Leonard, Nick
Moorcroft
Produzione Stato: GB, 2017
Cast:
Imelda Staunton, Timothy Spall, Celia Imrie, David Hayman, John Sessions,
Joanna Lumley, Josie Lawrence, Indra Ové, Richard Hope, Sian Thomas, […]
Al trentacinquesimo anno di matrimonio, con tanti invitati
che brindano al festeggiamento dell’anniversario coniugale, Sandra (Imelda
Staunton) scopre che suo marito Mike (John Sessions), colto in flagranza di
adulterio, la tradisce a casa propria spudoratamente con una sua cara amica. E
la cosa più grave per Sandra è che viene a conoscenza di quella scellerata tresca
che dura ininterrottamente da cinque anni. Chiunque in quelle condizioni ne
avrebbe uno scombussolamento psicofisico a tal punto da fare la valigia e
andarsene di casa. E andare dove? Chiedere aiuto ad un familiare più prossimo,
forse. È questo, infatti, che fa Sandra cercando e trovando accoglimento e conforto
presso la sorella Bif (Celia Imrie), che non vedeva e non sentiva da circa
dieci anni. Questo incontro affettivo, però, genera lo scontro di due mondi
completamente diversi e opposti tra di essi. Il mondo di Sandra, donna piena di
sé, chiusa in se stessa e orgogliosa inconsapevolmente della sua vacuità,
vissuta in un ambiente sociale caratterizzato da formalismo esasperato e
fondato su maldicenze, pregiudizi e stereotipi di una borghesia perbenista e
ipocrita, viene subito in conflitto con il mondo di Bif, donna libera, avulsa
da convenzioni condizionanti, amante della vita affrontata così come viene, e
portata ad aprirsi al mondo con grande naturalezza ed eleganza. Sandra,
tuttavia, spontaneamente e gradualmente incomincia a comprendere che il mondo
in cui è vissuta, sino a quel momento, era un mondo che ne aveva ingabbiato profondamente
la personalità, facendole cogliere soltanto la cresta e non la sostanza delle
cose, e “costringendola”, a sua insaputa, più a mettersi in bella vista con
effimere onorificenze e a seguire i canoni imposti da una società prettamente
insensibile e fredda, piuttosto che a cercare i veri aspetti sentimentali delle
relazioni umane e a cogliere l’essenza delle cose. In questo frangente, il
comportamento di Sandra nei confronti degli amici di Bif diventa più aperto
apprezzandone gli aspetti solidali e comprensivi e facendoli propri. Sandra, in
definitiva, modifica la sua personalità e ricomincia una nuova vita, tant’è che
instaura un’amicizia profonda con il simpatico e malinconico Charlie (Timothy
Spall), che ha alle spalle una situazione familiare non molto felice dato che
sua moglie è ricoverata in un centro per malati di Alzheimer.
Il
regista Richard Loncraine, dopo il successo del film Riccardo
III che gli comportò l’Orso d’Argento al Festival di Berlino (1996), è
ritornato con quest’ultimo film Ricomincio
da noi ad essere apprezzato per il
suo tocco semplice, essenziale ma molto profondo. Egli, infatti, usando una schiera
di protagonisti della terza età, riesce a coinvolgere emotivamente lo
spettatore perché gli fa cogliere la sottile differenza tra un ceto sociale sofisticato
e finto e quello autentico e genuino basato sui valori umani autentici. Il film
è stato presentato al 35° Torino Film
Festival 2017.
Filmografia
Radio Wonderful (corto, 1974), Flame (1975),
Demonio dalla faccia d’angelo (1977), Il missionario (1982), Le due facce del
male (1982), Rapina al computer (1987), Riccardo III (1995), Guerra imminente
(2002), La mia casa in Umbria (2003), Wimbledon (2004), Firewall – Accesso
negato (2006), My One And Only (2009), I due presidenti (2010), Ruth & Alex
– L’amore cerca casa (2014).
Francesco Giuliano
venerdì 9 marzo 2018
“Lo chiamavano Jeeg Robot” segna il ritorno del mito che genera eroi romantici
Titolo: Lo chiamavano Jeeg Robot
Regia: Gabriele Mainetti
Sceneggiatura: Nicola Guaglianone, Menotti
Musica: Gabriele Mainetti
Produzione Paese: Italia 2015
Cast: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei, Francesco Formichetti, Daniele Trombetti, Antonia Truppo, Salvo Esposito, Gianluca Di Gennaro, […]
Filmografia
Cortometraggi: Basette (2008), Tiger Boy (2012).
Regia: Gabriele Mainetti
Sceneggiatura: Nicola Guaglianone, Menotti
Musica: Gabriele Mainetti
Produzione Paese: Italia 2015
Cast: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei, Francesco Formichetti, Daniele Trombetti, Antonia Truppo, Salvo Esposito, Gianluca Di Gennaro, […]
Il
film prende spunto dalla serie televisiva giapponese “Jeeg robot d’acciao”,
trasmessa dalla tv italiana a partire dal 1979, il cui personaggio principale
Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), è un delinquente del quartiere Tor Bella
Monica di Roma, che, in seguito ad una fuga rocambolesca dalla polizia che lo
insegue per arrestarlo, si nasconde nelle acque del Tevere sotto una
piattaforma, venendo in contatto casualmente con una sostanza di natura
incognita. Qualche giorno dopo, cadendo dal nono piano di un edificio, scopre
di avere acquisito da quella sostanza dei poteri sovraumani. Enzo Ceccotti è un
ragazzo di borgata, taciturno e introverso, egoista, senza amici, che
incomincia a svaligiare, senza l’uso delle armi, bancomat e furgoni portavalori
sfruttando questa sua forza eccezionale. Casualmente, questo suo modo di essere
e di fare cambia gradualmente, dopo aver conosciuto Alessia (Ilenia Pastorelli),
una ragazza che ha ricevuto un’educazione di stampo televisivo perché nata e
cresciuta sotto l’egida dei cartoni animati giapponesi. Ella identifica Enzo
per i suoi poteri sovrannaturali con Hiroshi Shiba, l’eroe del cartone animato
“Jeeg Robot d’acciao”, venuto per salvare il mondo dal Male. Enzo, infatti, si
innamora di Alessia e, grazie a lei, subisce una profonda trasformazione
interiore e intraprende, come un novello Ercole, la strada della “virtù” e
abbandona quella del “vizio”, diventando “una persona che esegue azioni fuori
dal comune, non ordinarie e che dà prova di straordinario coraggio,
specialmente in ambiti bellici. Sceglie il bene al posto del male, sacrifica se
stesso per gli altri e ha sempre, o quasi, tutto da perdere e nulla da guadagnare”,
cioè divenendo un eroe. Enzo, un ragazzo banale, grezzo, senza ideali, un
criminale sconosciuto che guardando le storie di un cartone animato, egli stesso
diventa personaggio straordinario, nato dalle acque come Afrodite. Enzo diventa
così un eroe romantico che lotta strenuamente contro il Male assoluto,
personificato dal turpe e violento Zingaro (Luca Marinelli), per difendere i
valori dell’umanità e per salvare questa dalla rovina. In ciò, il film è una
metafora del Paese italico in cui la mediocrità, l’inefficienza e la violenza
prevalgono sull’eccellenza e sul merito, ma è anche un’accusa alla televisione
che con certi programmi entra nella testa delle persone e li ingabbia per tutta
la vita riducendoli ad individui inermi o violenti, che non si pongono neppure
il problema sul senso della vita.
Il
film segna un ritorno alla mitologia greca, dove l’eroe lotta per la sconfitta
del male assoluto e la difesa dei valori umani, e soffre nel vedere morire la
propria amata come Apollo che vede scomparire Dafne, oppure come Orfeo che assiste
inerme alla morte della sua Euridice.
Dopo
due cortometraggi di successo, Gabriele Mainetti esordisce nel lungometraggio con
questo suo originale e fantastico film “Lo chiamavano Jeeg Robot”, presentato
alla Festa del Cinema di Roma 2015, che non ha niente da invidiare a film dello
stesso genere statunitensi di alto rango, come Superman o Spiderman, e che
dimostra ciò che manca al cinema italiano: la fantasia e la creatività. Tra gli
attori emergono Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorelli, tutti e
tre apprezzati per la diversità delle rispettive magnifiche interpretazioni.
Filmografia
Cortometraggi: Basette (2008), Tiger Boy (2012).
Francesco Giuliano
“Lady Bird”, una disamina eccellente dei problemi adolescenziali del nostro tempo
Titolo: Lady Bird
Regia:
Greta Gerwig
Sceneggiatura:
Greta Gerwig
Musica:
Jon Brion
Produzione
Paese: USA, 2017
Cast:
Saoirse Ronan, Laurie Metcalf, Tracy Letts, Lucas Hedges, Timothée Chalamet,
Beanie Feldstein, Odeya Rush, Jordan Rodrigues, Marielle Scott, Lois Smith,
Stephen McKinley Henederson, Laura marano, John Karna, Jake McDorman, Kathryn
Newton, Andy Buckley, […]
“Lady
Bird” è il nome che
l’adolescente Christine McPherson (Saoirse Ronan) ha scelto di darsi, in quanto, avendo un
comportamento insofferente e non rispettoso delle regole caratteristico di
quell’età, non condivide che siano stati i genitori ad averle dato il nome Christine,
nome che non le piace. La giovane, alle soglie dei diciotto anni, frequenta
l’ultimo anno di un liceo privato cattolico e vive a Sacramento, la città
californiana che la scrittrice Joan
Didion, nei suoi romanzi, descrive così: se
pensate che la California sia sinonimo di edonismo non siete mai stati a Sacramento; descrizione che
costituisce l’incipit del film.
Christine odia
quella città che definisce una città
senza anima, dove si svolge una vita banale e insignificante e, per questo,
aspira, alla fine del liceo, di potere frequentare l’università di una città
della East Coast statunitense,
preferibilmente New York. Una scuola tipo
Yale, ma ... non Yale, dubito che potrei entrarci! risponde Christine all’addetta
all’orientamento del liceo. Vorrebbe anche leggere il romanzo Furore di John Steinbeck, premio Nobel
per la letteratura, perché è attratta da quei luoghi in cui gli scrittori si appartano nei boschi
creando un misto di realismo e di immaginazione che induce il lettore a
sognare. Se vuoi leggerlo, possiamo andare in
biblioteca! Le dice la madre. Io voglio
leggerlo a letto! Risponde Christine. Quello lo
fanno i ricchi, noi non siamo ricchi! Ribadisce la madre.
Christine, infatti, vive
un difficile rapporto intriso di amore e odio – non potrebbe essere altrimenti
a quell’età -, con la madre Marion (Laurie Metcalf) che si mostra nel contempo affettuosa, ma anche un po' inquietante, e che
vorrebbe per la figlia la migliore prospettiva di vita, anche se è costretta,
ogni giorno, a fare i conti con le ristrettezze economiche familiari dato che
il marito Larry (Tracy Letts) è stato licenziato. Questo rapporto conflittuale con
la madre, purtroppo le rende la vita
in famiglia come in una gabbia da cui, come un uccello, bird appunto, vorrebbe scappare e volare via se non fosse per il
padre Larry con il quale ha un’ottima relazione affettiva.
Il film “con il più alto numero di recensioni
completamente positive” nel sito web Rotten Tomatoes, è opera prima dell’attrice e sceneggiatrice
Greta Gerwig, (che nel 2008 ha co-diretto con il regista Joe
Swanberg il film Nights and Weeends), la quale descrive, con grande accuratezza e scioltezza, il
modo di pensare anarchico e ribelle e quello di agire di un’adolescente, Christine – interpretata realisticamente
dalla brava Saoirse Ronan -, attraverso le bugie, i continui litigi intervallati dai dialoghi
armoniosi con la madre, la perdita della verginità attraverso i primi amori, dapprima con il timido Danny (Lucas Hedges) e poi con il sofisticato Kyle (Timothée Chalamet), e le connesse delusioni,
le azioni illecite pur di raggiungere il suo scopo, le amicizie, le attività scolastiche
ricreative come il ballo e il teatro, l’incapacità di valutare le conseguenze
delle sue azioni. E poi, all’arrivo della maturità con il raggiungimento del
suo obiettivo, il rimpianto di non avere agito diversamente e il relativo senso di
colpa nei confronti della sua famiglia.
“Lady Bird”, pur avendo avuto
cinque candidature al Premio Oscar 2018, non ha ottenuto nessun premio, ma ha
vinto due Golden Globes e 3 candidature al Premio BAFTA 2018.
Francesco Giuliano
giovedì 8 marzo 2018
“Puoi baciare lo sposo” una commedia che diverte e smonta i pregiudizi moralistici sulle coppie gay
Titolo:
Puoi baciare lo sposo
Regia:
Alessandro Genovesi
Soggetto:
Giovanni Bognetti, Alessandro Genovesi
Sceneggiatura:
Giovanni Bognetti, Alessandro Genovesi
Produzione
Paese: Italia,2018
Cast:
Diego Abatantuono, Monica Guerritore, Cristiano Caccamo, Salvatore Esposito,
Dino Abbrescia, Diana Del Bufalo, Beatrice Amera, Antonio Catania, Rosaria D’Urso,
Vito Facciolla, Enzo Miccio, […]
“Puoi
baciare lo sposo” è una commedia divertente, briosa, coinvolgente, che, facendo
sorridere, descrive le traversie vissute da Antonio (Cristiano Caccamo) che
deve contrarre matrimonio con Paolo (Salvatore Esposito). Ambedue, ma
soprattutto Antonio deve superare l’ostacolo del padre Roberto (Diego
Abatantuono), sindaco del paese, che pur essendo aperto all’integrazione
sociale (Il mondo va verso l'integrazione,
tutto il mondo!), mostra una ferma ritrosia a tale unione, tant’è
che si rifiuta di celebrarlo in Comune. A tale ritrosia paterna, tuttavia, si
oppone, con altrettanta decisa riluttanza, la moglie Anna (Monica Guerritore), madre
di Antonio, che accoglie con esultanza la decisione anche se sotto condizione. Da
ciò deriva tra i due genitori di Antonio un conflitto irrisolvibile, perché il
padre, fermo nella sua intransigenza, non riesce a superare gli stereotipi e i
pregiudizi radicati nella sua mente (il
musical … è la
versione gay del teatro), difficili da eliminare, e perché l’altra, avulsa
da ogni vincolo pregiudiziale, si lascia trasportare liberamente e senza alcun
dubbio dall’amore materno verso il figlio. Sostenuta e confortata in questa sua
decisione sentimentale anche dal prete (Antonio Catania) sotto l’egida dell’attuale
papa Francesco. Un conflitto che mette a confronto il preconcetto con l’amore,
la ragione con il sentimento, l’imbarazzo paterno con l’agape materno, la
personalizzazione di un fatto e il suo accoglimento a livello sociale, il
moralismo con la morale, l’idealismo con il pragmatismo, l’amore la legge con
la sua attuazione.
“Puoi
baciare lo sposo” è un film diretto da
Alessandro Genovesi in maniera molto agile e scorrevole con un’impronta vivace,
dopo l’approvazione della legge, sul matrimonio di coppie gay che richiederà
del tempo prima che si smontino i pregiudizi sociali. Bravissimi come sempre
Diego Abatantuono e Monica Guerritore.
Filmografia
La
peggior settimana della mia vita (2011), Il peggior Natale della mia vita
(2012), Soap opera (2014), Ma che bella sorpresa (2015).
Francesco Giuliano
venerdì 2 marzo 2018
“Quello che non so di lei” disamina un interessante rapporto a ping pong tra due belle donne
Titolo:
Quello che non so di lei
Titolo
originale: D’après une histoire vraie
Regia:
Roman Polanski
Soggetto:
Delphine de Vigan (dal romanzo D’après
une histoire vraie)
Sceneggiatura:
Olivier Assayas, Roman Polanski
Musiche:
Alexandre Desplat
Produzione
Paese: Francia, Belgio, Polonia, 2017
Cast:
Emmanuelle Seigner, Eva Green, Vincent Pérez, Dominique Pinon, Camille Chamoux,
Brigitte Lvovsky, […]
“Quello
che non so di lei”, un thriller drammatico che attrae lo spettatore e lo tiene con
il fiato sospeso per tutta la sua durata, descrive le disavventure della
scrittrice di successo Delphine de Vigan (Emmanuelle Seigner) che, sprofondata in
uno stato depressivo, diventa insicura e debole psichicamente e non riesce più
a scrivere. Durante la presentazione del suo ultimo romanzo Delphine conosce
una lettrice molto affascinante e perspicace, Elle (Eva Green), con la quale
instaura subito un rapporto empatico intenso. Delphine, infatti, un po’ di
tempo dopo confida al suo compagno Francois (Vincent Perez) di avere incontrato
una donna molto interessante e simpatica con cui ha parlato tutta la sera e che
si è dichiarata essere una sua grande ammiratrice. È rimasta colpita dalla sua franchezza
in quanto le ha detto che il successo e
l’improvvisa ribalta l’hanno posta in una situazione a rischio di
esaurimento. Un’adulazione che Francois coglie con sospetto e con inquietudine
perché gli sembra che quella donna abbia destabilizzato l’animo di Delphine, e
che addirittura l’abbia plagiata. Un’adulazione mirata che fa ricordare allo
spettatore colto la favola “La volpe e il
corvo” di Esopo: “Un corvo con
un pezzo di formaggio stava appollaiato
su un ramo di un albero. Una volpe affamata lo vide e, volendo per sé il
formaggio, si mise a lodare il corvo per la sua bellezza e disse: Peccato
che tu sia muto! Allora il corvo, per far sentire che aveva una bella
voce, aprì il becco. Il pezzo di formaggio gli cadde e la volpe subito l'afferrò.”
Con un abile
artificio, Elle giunge anche a farsi ospitare da Delphine nella sua
casa, dove manifesta esplicitamente un carattere molto opprimente, dominante in
tutto e per tutto, e diventa insopportabile. Ad un certo punto, Delphine
comprende il gioco maldestro di Elle e, all’improvviso, tutto le appare chiaro, tant’è che lei riesce a prendere il sopravvento e conduce il gioco relazionale.
Si instaura tra le due, infatti, una partita a ping pong che Roman Polansky,
con il suo consueto stile e il suo linguaggio filmico inquietante e sinistro,
sa esprimere con grande maestria, aiutato anche da una bella colonna sonora ben
adatta alla vicenda raccontata.
Il film è stato presentato in anteprima, fuori
concorso, al Festival del Cinema di Cannes 2017.
Filmografia
Il coltello nell’acqua (1962),
Repulsione (1965), Cul-de-sac (1966), Per favore, non mordermi sul collo
(1967), Rosemary’s Baby (1968), Macbeth (1971), Che? (1972), Chinatown (1974),
L’inquilino del terzo piano (1976), Tess (1979), pirati (1986), Frantic (1988),
Luna di fiele (1992), La morte e la fanciulla (1994), La nona porta (1999), Il
pianista (2002), Oliver Twist (2005), L’uomo nell’ombra (2010), Carnage (2011),
Vener in pelliccia (2013).
Francesco Giuliano
giovedì 1 marzo 2018
“Il filo nascosto”, che lega impercettibilmente gli animi umani nella loro intima essenza, è tutto da scoprire
Titolo: Il filo nascosto
Titolo originale: Phantom Thread
Regia e sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
Musiche: Jonny Greenwood
Produzione Paese: USA, 2017
Cast: Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps, Lesley Manville, Brian Gleeson, Harriet Sansom Harris, Camilla Rutherford, Gina Mckee, Sue Clark, Joan Brown, Luiza Richter, Julia Davis, Nicholas Mander, Philip Franks, Phyllis MacMahon, Silas Carson, Richard Graham, Martin Dew, Jane Perry, […]
“Il
filo nascosto” è un film ben costruito, emozionante e coinvolgente che trova la
sua originale e peculiare ambientazione nella Londra degli anni cinquanta del XX
secolo, in cui si svolgono le vicissitudini professionali e anche sentimentali
del famoso del creatore di moda femminile britannico Reynolds Woodcock (Daniel
Day-Lewis). “Il filo nascosto” descrive l’incontro di due mondi diversi e
contrastanti, di primo acchito incompatibili, il mondo dell’accurato e metodico
Reynolds e dell’inflessibile sorella Cyril (Lesley Manville) con quello della schietta
e genuina Alma (Vicky Krieps). L’uno è regolato, chiuso, intransigente,
insensibile, rigoroso mentre l’altro è indulgente, aperto, comprensivo,
generoso, flessibile. L’uno appare irrigidito e ingabbiato in stereotipi e
pregiudizi che non lasciano spazio alla scoperta della propria essenza umana,
mentre l’altro si manifesta aperto alla vita e a tutte le sue sfaccettature
sentimentali, tendenti alla salvaguardia della propria identità e alla scoperta
di quei valori che rendono sacra la personalità di un essere umano. Eppure
esiste un “filo nascosto” che lega impercettibilmente gli animi umani nella loro
intima essenza. Basta scoprirlo, ma per rivelarlo se ne deve avere la capacità
che è basata su un amore profondo e quasi trascendente. “Il filo nascosto”, in
sintesi, è la metafora dell’esistenza umana che trae la sua linfa
dall’educazione ricevuta nei primi anni di vita e dall’ambiente sociale e
familiare in cui si è vissuti. Esso affronta, dunque, un tema attualissimo che,
in un certo senso, ha il carattere dell'universalità, in quanto tratta una
storia molto semplice nella sua complessità sentimentale e relazionale, ma dai
connotati significativi e allusivi che, a tutto tondo, riguardano ogni essere
umano. Si evince da questa storia che sin dalla nascita ci possiamo trovare
come chiusi in una gabbia, le cui sbarre diventano tanto più spesse quanto più
incisivi sono stati i condizionamenti ricevuti durante l’infanzia, e da cui,
nella vita adulta, diventa difficile uscire. Anzi, a volte, impossibile! Così
come, del resto, avviene a Reynolds chiuso irreprensibilmente attraverso le sue
regole rigide nelle sue fisime e nella sua inflessibile sfera mentale. Reynolds
come ogni altro essere umano appare, in definitiva, come conseguenza di ciò che
gli è stato insegnato ad essere nei primi anni di vita (secondo recenti studi, nei
primi tre anni di vita): l'educazione ricevuta dalla famiglia, dall’ambiente
sociale e dalla scuola bolla irreversibilmente la vita di ognuno, e traccia come
un faro acceso quel percorso vitale che in genere viene chiamato destino, ma
che destino non è. Paradossalmente ognuno diventa artefice e vittima della
propria sorte, ovvero come sosteneva lo
storico latino Sallustio faber est suae
quisque fortunae. Ne
rappresenta, infatti, una metafora ciò che Reynolds confessa ad Alma nei primi
momenti della conoscenza reciproca: si può cucire quasi ogni cosa nella
stoffa di un soprabito. Da bambino ho cominciato a nascondere cose nelle fodere
dei vestiti, solo io ne conoscevo l'esistenza ...
C’è, tuttavia, qualcosa in ogni
essere umano di incontrollabile e di irrefrenabile quando gli stereotipi
vengono sopraffatti dalla sfera sentimentale che prevale su ogni razionale comportamento
acquisito, e Reynolds lo dimostra nel momento in cui esprime ad Alma il suo profondo
sentimento genuino: Mi sembra di averti cercata per moltissimo tempo. Tu sei
molto bella ... bellissima. Ci sono alcune cose che voglio fare, cose che non
posso fare senza di te. Premessa questa per un cambiamento del proprio
essere?
Il film, che traccia l'ultima interpretazione di Daniel
Day-Lewis con l’annuncio del suo ritiro dalla
vita di attore, è curato nei minimi particolari dal pluripremiato regista Paul Thomas Anderson attraverso ogni gesto, ogni sguardo, ogni
espressione, ogni comportamento, ogni linguaggio non verbale di ciascun
protagonista (ottime le interpretazioni di Vicky Krieps e Lesley
Manville) e attraverso ogni scena e costume con
un coinvolgimento incisivo e continuo dello spettatore, aiutato in questo anche
da una bellissima colonna sonora.
“Il filo nascosto”, che costituisce un
fondamento cinematografico da manuale, è candidato, tra l’altro, a sei premi Oscar 2018 e a due premi Golden
Globe 2018.
Filmografia
Sydney
(1996), Boogie Nights – L’altra Hollywood (1997), Magnolia (1999), Ubriaco
d’amore (2002), Il petroliere (2007), The Master (2012), Vizio di forma (2014).
Francesco
Giuliano
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