Un nuovo blog che parla di cinema italiano. Potrete trovare informazioni complete sui migliori attori, registi e film del nostro cinema. Vi saranno anche riferimenti al cinema straniero , informazioni complete su come visualizzare un in streaming e suggerimenti e indicazioni rispetto ad altre pagine del settore.
domenica 27 novembre 2016
“Che vuoi che sia” in modo divertente mette a confronto il mondo di Internet con la morale
Titolo: Che vuoi che sia
Regia: Edoardo Leo
Soggetto: Edoardo Leo, Sergio Colabona
Sceneggiatura: Edoardo Leo, Alessandro
Aronadio, Marco Bonini, Renato Sannio
Musiche:
Gianluca Misiti
Produzione
Stato: Italia 2016
Cast:
Edorado Leo, Anna Foglietta, Rocco Papaleo, Marina Massironi, Giampiero Judica,
Pierpaolo Spollo, Massimo Wertmuller, Bebo Storti, Maria Di Biase, Fabrizio
Coniglio, Sara Magalotti, […]
Edoardo Leo,
il giovane attore-regista, dalle idee geniali mostra determinazione e
creatività esplosiva nei suoi film, così come ha evidenziato nell’originale e
divertente “Noi e la Giulia” (2015), affrontando nel contempo temi sociali importanti
di attualità.
In questo
suo quarto lungometraggio “Che vuoi che sia”, Leo analizza il mondo dei giovani
e affronta il problema del lavoro dei laureati e gli espedienti che questi
escogitano al fine di potere sbarcare il lunario, dopo avere provato la
delusione di non poter dare sfogo ai loro studi. Ciò li obbliga a rinunciare
alle proprie aspettative, ai propri sogni tra cui, soprattutto, quello di avere
un figlio. Tra questi giovani ci sono Claudio (Edoardo Leo), un ingegnere
informatico che cerca di racimolare qualche euro aggiustando computer, e Anna
(Anna Foglietta), insegnante di matematica precaria in una scuola privata, che
convivono felicemente. Ovviamente, come è naturale in una coppia, Claudio e
Anna vorrebbero un figlio, ma non possono permetterselo a causa della loro incertezza
economica. Non hanno neppure i genitori che li possono aiutare economicamente.
Soltanto qualche particolare espediente potrebbe favorirli. Per questo, a Claudio
gli viene l’idea di creare una piattaforma web con il lancio in rete Internet
di un finanziamento collettivo (crowdfunding) che, però,
non riesce ad avere i proventi sperati. Sfiduciati i due giovani, una sera, per
contenere questa ulteriore delusione, bevono si ubriacano. Nello stato di
ebbrezza, Claudio aggiunge alla sua richiesta di crowdfunding una proposta
“indecente”: in cambio dei soldi promette di trasmettere un video hard in
diretta sulla rete. Le risposte sono numerose tant’è che a poco a poco le
offerte superano l’esorbitante e inaspettata quota di 250 mila euro. Cifra che
avrebbero potuto avere solo se avessero mantenuto la promessa! Ciò pone i due
dinnanzi al dilemma shakespeariano: realizzare quanto promesso e cambiare vita
oppure continuare a fare la vita piena di stenti e di privazioni? Prendere o
lasciare?
Il titolo
del film “Che vuoi che sia” lascia presagire una scelta, ma sarà così?
Su tutto
ciò si svolge il film che coinvolgesu questa questione morale lo spettatore ,
il quale si pone anche lui la domanda: cosa farei io in quella situazione?
Ma il
film sottolinea anche che i valori
consolidati nel tempo su cui sono stati cresciuti questi giovani, quali il
diritto al lavoro, l’educazione, il rispetto della dignità personale, l’onestà,
il concetto di morale, la concezione del sesso e la sua valutazione, l’intimità
e la privatezza, ecc. sono stati stravolti e messi in discussione dall’avvento
di internet e dalla globalizzazione.
Filmografia
Diciotto
anni (2010), Buongiorno papà (2013), Noi e la Giulia (2015).
Francesco Giuliano
martedì 8 novembre 2016
“Adaline - L'eterna giovinezza” descrive cosa potrebbe succedere se non si invecchiasse
Titolo: Adaline – L’eterna giovinezza
Titolo
originale: The Age of Adaline
Regia:
Lee Toland Krieger
Sceneggiatura:
J. Mills Goodloe, Salvador Paskowitz
Produzione
Stato: USA 2015
Cast: Blake Lively, Michiel
Huisman, Kathy Baker, Amanda Crew, Harrison Ford, Ellen Burstyn, Richard
Harmon, Anthony Ingruber, Anjali Jay, Linda Boyd, Barclay Hope, Chris William
Martin, Aaron Craven, Jane Craven, Hugh Ross (voce narrante), […]
Quello
che capita ad Adaline (Blake Lively), un evento che le procura “l’eterna giovinezza”, è qualcosa di
straordinario e inconsueto nella storia del mondo, ovviamente fantastico. Un
pretesto che serve al giovane regista del film, Lee Toland Krieger, e ai suoi
due sceneggiatori, J. Mills Goodloe e Salvador Paskowitz, di raccontare una
storia curiosa, bizzarra e avvincente, a tratti anche drammatica e piena di
colpi di scena, di una donna attraente e bella che, arrivata ad una certa età,
a ventinove anni, non invecchia più. Non una ruga, non un capello bianco, non
un mutamento dei suoi caratteri fisici! Conserva una bellezza a dir poco
strabiliante, in un secolo di storia, a partire dal 1908, in cui guardarsi allo
specchio non le procura alcun fastidioso cruccio. O forse sì! Un tema, anche se
fantascientifico ma molto interessante, che affronta il discorso sull’eterna
giovinezza che, contrario al pensiero eracliteo, secondo cui “Non si può discendere due volte nello stesso
fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato,
ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e
si raccoglie, viene e va”, urta con lo stereotipo a cui tutti noi, esseri
umani, siamo abituati e rassegnati sin dal momento in cui nasciamo, essendo già
destinati all’invecchiamento e, quindi, alla morte. Un tema con il quale ci si
pone la domanda: cosa potrebbe succedere se una persona fosse dotata di eterna
giovinezza e di un eterno presente? Sicuramente dovrebbe rinunciare ai legami
sentimentali stabili e duraturi, perché vedrebbe invecchiare le persone che le
stanno accanto e cambiare i loro costumi e le loro abitudini, e vivrebbe il
susseguirsi delle complicate vicende umane politiche, sociali ed economiche e
dello sviluppo tecnologico. Si verrebbe a creare così anche il paradosso
innaturale e inimmaginabile di vedere, giorno dopo giorno, invecchiare i propri
figli, come avviene alla figlia di Adaline, Flemming (Ellen Burstyn), che ad un
certo punto appare molto più vecchia della madre. Oppure, casualmente, si
potrebbe verificare che tale ipotetica persona incontri casualmente il primo
amore della sua gioventù, William (Harrison Ford), il cui ricordo si era già
smarrito nei profondi meandri della dimenticanza. O, ancora, sarebbe costretta
a cambiare continuamente residenza ed identità per sfuggire ai sospetti
infantili e infondati del servizi segreti americani. Tuttavia, come sosteneva
il filosofo romano Lucio Anneo Seneca “Nemo
potest personam diu ferre fictam: ficta cito in naturam suam recidunt” (Nessuno può portare a lungo una maschera
finta: le cose finte cadono per loro stessa natura).
Un
film, in definitiva, che avvince e che coinvolge senza soluzione di continuità
lo spettatore per il problema affrontato e per la tensione emotiva che riesce a
trasmettergli e che, per questo, merita di essere visto.
Filmografia
December
Ends (2006),The Nature of Space & Time (2008), The Vicious Kind (2009),
Separatti innamorati (Celeste and Jesse Forever) (2012).
Francesco Giuliano
domenica 6 novembre 2016
“In guerra per amore” in modo brioso descrive l’origine del sopravvento mafioso in Sicilia e in Italia
Titolo:
In guerra per amore
Regia:
Pif (Acronimo di Pierfrancesco Diliberto)
Soggetto:
Pif, Michele Astori
Sceneggiatura:
Michele Astori, Marco Martani, Pif
Produzione
Stato: Italia 2016
Cast:
Pif, AndrEA Di Stefano, Sergio Vespertino, Maurizio Bologna, Miriam Leone,
Samuele Segreto, Stella Egitto, Antonello Puglisi, Vincent Riotta, Maurizio
Marchetti, Orazio Stracuzzi, Mario Pupella, Lorenzo Patanè, Aurora Quattrocchi,
David Mitchum Brown, […]
Nel
pieno della seconda guerra mondiale, quando l’esercito tedesco aveva già
occupato quasi tutta l’Europa, il presidente statunitense Franklin
Roosevelt decise di fare intervenire, assieme alle truppe alleate, l’esercito americano
per debellare il pericolo nazista. Il punto prescelto, non a caso, fu la costa
meridionale della Sicilia. Era il 10 luglio 1943. Al fine di facilitare lo
sbarco ed evitare grande spargimento di sangue dei propri soldati, Roosevelt
prese accordi con Lucky Luciano, alias Salvatore Lucania, mafioso siciliano,
capo di “Cosa Nostra statunitense”, che aveva forti legami e molta influenza su
“Cosa Nostra siciliana”.
In questa situazione, a New York, si svolge la
storia sentimentale del giovane siciliano Arturo Giammaresi (Pif) con Flora
(Miriam Leone). Una storia però molto travagliata ed contrastata, in quanto lo
zio (Orazio Stracuzzi) vuole dar la nipote in sposa a Carmelo (Lorenzo
Patanè), figlio di Don Tano (Mario
Pupella), un mafioso d’alto rango molto legato a Luciano. Per evitare queste
nozze Arturo deve ottenere il consenso dal padre di Flora che però abita a
Crisafullo, in Sicilia. L’impresa appare molto ardua data la grande distanza
che separa il giovane dalla Sicilia, dove è nato. Ma come spesso avviene, per caso
il giovane trova un’ottima soluzione che gli darebbe la possibilità di sposarsi
Flora: Arturo va “in guerra per amore”. L’arruolamento nell’esercito americano,
infatti, gli avrebbe dato l’opportunità di recarsi in Sicilia e di incontrare
il padre della sua amata. Per evitare questa eventualità, allora, Don Tano ordina
al mafioso locale di Crisafullo, Don Calò, di uccidere Arturo.
Pif,
dopo il grande successo di pubblico e di critica ottenuto grazie alla sua opera prima “La mafia uccide solo d’estate”
(2013), usando lo stesso piglio sui
generis e la medesima vivacità umoristica descrive, passo dopo passo, gli
eventi che trasferiscono il potere politico alla mafia e che portano
conseguentemente alla liberazione dei delinquenti a cui vengono affidati posti
di alto merito.
In
definitiva, con il suo caratteristico linguaggio cinematografico oscillante tra
il dramma e l’umorismo, Pif elegantemente trasferisce allo spettatore
informazioni storiche che danno spiegazione, dalla fine della seconda guerra
mondiale, dei fatti che hanno trasferito potere alla mafia e della collusione
tra questa e il potere politico italiano, a tutt’oggi vigente.
Pif
trova il modo divertente di raccontare questa storia nel paese inventato di
Crisafullo in cui, come avviene per Vigata, il paese immaginario, dove si
svolge l’attività poliziesca del commissario Montalbano, vengono assemblate
immagini di luoghi diversi come il duomo di Erice che sovrasta Trapani, come la
caratteristica Scala dei turchi di marna bianca nella costa meridionale
siciliana, come il magnifico tempio elimo di Segesta, o come la cittadina di
Realmonte. Ma dove si svolge anche la vita dei siciliani con le loro tradizioni
e i loro costumi: la camicia nera che si indossa per sette anni al fine di commemorare
la morte del fratello defunto, la concezione dell’illibatezza femminile la cui
trasgressione comporta disonore imperituro e l’impossibilità di contrarre
matrimonio, il raccomandarsi ai santi per avere un privilegio personale come la
salvaguardia della vita, la grande ospitalità nei confronti del forestiero al
fine di avere ricambiato il favore, servirsi di un cieco per vedere ciò che chi
vede non ha facoltà di vedere, e così via.
In
definitiva, Crisafullo rappresenta la Sicilia, pari a quella descritta nel
romanzo “I sassi di Kasmenai” (ed. Il foglio): “La Sicilia, un’isola, una terra martoriata dalle colate laviche del vulcano
“buono” Etna, dai continui terremoti e qualche volta dai maremoti, dalle
frequenti invasioni di popoli non autoctoni da più di tremila trecento anni,
dai Siciliani stessi.
Il fascino dei luoghi siciliani, in particolare di
quelli in cui Ciccio è vissuto dalla nascita fino alla giovinezza, è stato
descritto inquadrando, come un dipinto in una cornice, le immagini e i colori
visti e vissuti e gli olezzi odorati e respirati, i quali però non possono
essere percepiti così come realmente essi sono. Non esistono, infatti, parole
che possano suscitare, nell’animo di chi legge, le emozioni, le palpitazioni, i
tremori passionali, gli stati d’animo che soltanto chi vede, chi tocca e chi
nasce e vive in quella terra può provare; non esistono parole che possano far
odorare la miscellanea di profumi, di olezzi, di aromi che solo le nari possono
fare apprezzare; non esistono parole che possano descrivere i colori, le
immagini, i luoghi che soltanto attraverso gli occhi di chi li guarda possono
far emergere la loro eccezionale singolarità. … Le continue invasioni, senza
soluzione di continuità, hanno senza dubbio arricchito culturalmente il popolo
siciliano che ogni volta ne ha tratto caratteri particolari e grandi benefici.
Quella siciliana è, infatti, una cultura, dalle mille sfaccettature e dai
connotati singolari, che si mostra in tutte le opere d’arte, sparse ovunque, da
est ad ovest e da nord a sud dell’isola, che sono rimaste visibili all’occhio
del visitatore; tale cultura si manifesta anche nella grande ricchezza
dell’arte culinaria, e si esprime con l’ineguagliabile cordialità e l’innata
ospitalità insite nel carattere del siciliano. Purtroppo il soggiacere continuo
al dominio di tutti quei popoli non ha fatto acquisire ai siciliani un amor
proprio, un’identità propria, il desiderio di lottare, tutt’altro.”
Francesco Giuliano
domenica 23 ottobre 2016
“Io, Daniel Blake” osanna un eroe povero che lotta per la sopravvivenza
Titolo:
Io, Daniel Blake
Titolo
originale: I, Daniel Blake
Regia:
Ken Loach
Sceneggiatura:
Paul Laverty
Musica:
Gerge Fenton
Produzione
Stato: Gran Bretagna, Francia 2016
Cast:
Dave Johns, Hayley Squires, Dyln McKiernan, BRiana Shann, Kate Runner, Sharon
Percy, Kerna Sikazwe, Natalie Ann Jarnieson, Micky McGregor, Colin Coombs, Bryn
Jones, Mick Laffey, John Sumner, […].
Daniele Blake (Dave Johns) è un falegname
vedovo, alle soglie dei sessant’anni, che, a causa di un attacco cardiaco, è
costretto a chiedere l’indennità di malattia in attesa di ristabilirsi, dopo una
cura adeguata ed un’opportuna riabilitazione prescritte dal suo cardiologo, per
potere riprendere il lavoro perduto. Ciò lo costringe ad entrare nelle maglie
labirintiche dell’apparato burocratico britannico (come ha già fatto con
“Ladybird Ladybird” del 1994),
il quale mette in luce le illogicità ciniche e crudeli e le assurdità
procedurali e violente di un sistema amministrativo, creato deliberatamente al
fine di calpestare gravemente la sua dignità umana di uomo esemplare e solidale:
“Il
mio nome è Daniel Blake, sono un uomo, non un cane. E in quanto tale esigo i
miei diritti. Esigo che mi trattiate con rispetto. Io, Daniel Blake, sono un
cittadino, niente di più e niente di meno”. Ma non solo la sua!
Durante tutte le traversie a cui va
incontro presso il centro preposto per le pratiche di richiesta di sussidio, infatti,
Daniel incontra Katie (Hayley
Squires), una giovane donna single, madre di due figli, che, per un ritardo non
dipendente dalla sua volontà, perde il sussidio mensile. Tra Katie e Daniel si instaura
subito un legame empatico forte e profondo, come tra una figlia ed un padre, che
li porta vicendevolmente ad aiutarsi con dolcezza e profonda umanità.
Daniel
Blake è un personaggio determinato, con una grande voglia di vivere, dotato di
una grande forza d’animo, povero di beni materiali ma colmo di una grande ricchezza
interiore, che non teme ostacoli e che lo porta a lottare per la sopravvivenza
propria e quella degli altri come fosse un eroe del mito greco. Si coglie ,
infatti, nel comportamento di Daniel il senso kafkiano “dell’'uomo che non può
vivere senza una fiducia permanente in qualcosa di indistruttibile dentro di
sé, anche se entrambi hanno qualcosa di indistruttibile e la sua fiducia in
esso può rimanere permanentemente nascosta da lui”.
“Io,
Daniele Blake” è un film, come del resto lo sono tutti i film di Loach, che sta
dalla parte dei poveri, degli emarginati, degli sfruttati contro una società
capitalistica, cinica, egoista e violenta che fa dell’apparato burocratico un
mezzo idoneo per calpestare la dignità umana di chi, come cittadino, ha sete di
giustizia e bramosia di rispetto. Con questo film l’ottantenne Loach, poco
amato nella sua patria, entra nella vita di Daniel e Katie e, assieme a loro,
vive la loro impotenza ma anche la loro grande umanità di esseri umani, mettendo
in luce nel contempo l’arroganza dei preposti di un potere politico che non
rispetta i suoi stessi elettori. E lo fa con quella pregevole satira pungente
che si coglie anche in “La fattoria degli animali” (1945) di George Orwell, in
cui “Tutti
gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.
E lo fa con un linguaggio semplice, realistico, quasi documentaristico, chiaro,
netto che colpisce, in senso rivoluzionario, l’animo dello spettatore che viene
colto da commozione e coinvolto come in un vortice da cui non vuole uscire,
perché anche lui si sente “cittadino” come Daniell, calpestato nei suoi diritti
di uomo e di lavoratore.
“Io,
Daniele Blake” è un film per tutti ma
consigliato soprattutto per i giovani senza lavoro e per i lavoratori
disoccupati.
Il
film per la sua forza prorompente ha vinto la Palma d’oro al Festival del
Cinema di Cannes 2016.
Filmografia
Poor
Cow (1967), Kes (1969), Family Life (1971), Black Jack (1979), The Gamekeeper
(1980), Uno sguardo, un sorriso (1981), Fatherland (1986), L’agenda nascosta
(1990), Riff Raff – Meglio perderli che trovarli (1991), Piovono pietre (1993),
Ladybird Ladybird (1994), Terra e libertà (1995), La canzone di Carla (1996),
My name is Joe (1997), Bread and Roses (2000), Paul, Mick e gli altri (2001), Sweet
Sixteen (2002), 11 settembre (2001), Tickets (2004), Il vento accarezza l’erba
(2006), In questo mondo libero (2007), Il mio amico Eric (2009), L’altra verità
(2011), La parte degli angeli (2012), Jimmy Hall – Una storia d’amore e libertà
(2014).
Francesco Giuliano
venerdì 21 ottobre 2016
“Pasolini” o sulla negazione della scelta individuale
Titolo:
Pasolini
Regia
e sceneggiatura: Abel Ferrara
Produzione:
Italia, Belgio 2014
Cast:
Willem Dafoe, Ninetto Davoli, Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Adriana
Asti, Maria de Medeiros, Roberto
Zibetti, Andrea Bosca, Giada Colagrande, Francesco Siciliano, Luca Lionello,
Salvatore Ruocco, […]
Il film “Pasolini” di Abel Ferrara, il regista che è
cresciuto “guardando le sue opere”, tratta le vicende vissute da Pier Paolo
Pasolini nei giorni precedenti la sua terribile morte avvenuta il 2 novembre
1975, che mettono in risalto il suo pensiero sulla società stereotipata, sullo
“scandalo della contraddizione” e sulla distinzione tra morale e moralisti.
Quei “Ragazzi di vita”, giovani emarginati che vivono sulla soglia del crimine
(descritti perfettamente nel suo romanzo omonimo del 1955), che mostrano una
genuina vitalità ancestrale che contrasta i valori borghesi, e con i quali egli
giocava anche a pallone o con alcuni di essi ne condivideva occasionalmente i
pasti presso una trattoria che frequentava spesso, segnano la sua malasorte a
causa della omosessualità che lo caratterizzava, nota a tutti. Uno scandalo
legato a questa sua tendenza lo coinvolse, nel 1949, mentre insegnava a
Casarsa, nel Friuli. Ciò lo costrinse ad abbandonare l’insegnamento e a
trasferirsi a Roma, dove rimase assieme alla madre Susanna sino alla morte.
Il filosofo e giurista catanese Pietro
Barcellona, nel suo saggio “La Parola Perduta. Tra polis greca e cyberspazio”
(ed. Dedalo, 2007), in cui pone l’accento su “lo scandalo della
contraddizione”, che esprime
ciò che il regista ha poi trasposto indipendentemente nel film, dice “ … Pasolini
eretico, impegnato politicamente a denunciare i crimini del Palazzo …”,
evidenzia “la degenerazione antropologica del <<popolo>> italiano
in <<massa>> di teledipendenti, ottusi consumatori di immagini e
merci … Pasolini è un tragico greco, sostanzialmente impolitico perché
ossessionato, fino alla terribile morte, dall’urgenza delle passioni ancestrali,
dai tumulti del cuore nell’ambito delle dinamiche esistenziali … è critico
della modernità dell’omologazione, del fascismo come abbrutimento e
passivazione della <<massa>>, come culto della violenza senza
scopo, come conformismo gregario da caserma; critico del presente in nome di un
passato eroico di <<peccatori innocenti>> come i contadini e i
nuovi proletari delle borgate … ha accusato la borghesia di ridurre la vita a
finzioni e ipocrisie …” e rileva “…. La lacerazione di essere ‘con se stessi e
contro se stessi’: una contraddizione irrisolvibile, la ricerca di una
comunicazione non linguistica, pre-linguistica, là dove il dionisiaco insidia
la certezza luminosa di Apollo … La contraddizione tragica è ciò che rende
Pasolini attualissimo, se si intende la contraddizione non come una
contraddizione dialettica ma come una permanente e irresolubile coesistenza
degli opposti … senza contraddizione/conflitto” non c’è “vita”. A tal
proposito, il regista, tramite Epifanio (Ninetto Davoli) che nell’inseguire una
cometa si accorge che gli viene negato il paradiso, rafforza il pensiero di
Pasolini “Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un
piacere e chi rifiuta il piacere di essere scandalizzato è un moralista, il
cosiddetto moralista”. Il moralismo per
Pasolini è, in definitiva, uno strumento del potere che nega la libera scelta
all’individuo e il moralista “che dice di no agli altri” è il guardiano della
tradizione senza vitalità perché si oppone al pensiero “diverso”, al pensiero fuori
dal gregge. Si contrappone al moralista l’uomo morale che dice di no “solo a se
stesso”. A ciò si aggiunge “Il potere … un sistema di educazione … uno stesso
sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù
fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano allo
stesso modo”. Questo film, che è difficile raccontare, non è per tutti per la
particolare e aggrovigliata sceneggiatura sia per i continui flashback e che
per le frequenti corrispondenze. È stata azzeccata la scelta dell’attore Willem
Dafoe, molto somigliante a Pasolini, che ha “cercato di abitare le
sue passioni e i suoi pensieri in un rapporto molto personale e privato”. Molto
bravi tutti gli altri attori, da Ninetto Davoli nel ruolo di Epifanio a
Riccardo Scamarcio (Ninetto Davoli), da Adriana Asti (Susanna, la madre di
Pasolini) a Valerio Mastandrea (Nico Naldini), da Maria De Medeiros (Laura Betti)
a Francesco Siciliano (Furio Colombo).
Il film è stato presentato in concorso alla 71^ Mostra del
Cinema di Venezia 2014.
Francesco Giuliano
giovedì 20 ottobre 2016
“Neruda”, la poesia tradotta in immagini piene d’umanità ancestrale
Titolo:
Neruda
Regia:
Pablo Larrain
Sceneggiatura:
Guillermo Calderòn
Produzione
Stato: Argentina, Cile, Spagna, Francia 2016
Cast:
Luis Gnecco, Gael Garcìa Bernal, Mercedes Moràn, Diego Muňoz, Pablo Derqui,
Michael Silva, Jaime Vadell, Alfredo Castro, Marcelo Alonso, Francisco Reyes,
Alejandro Goic, Antonia Zegers, […]
“Posso scrivere i versi
più tristi questa notte./ Scrivere, ad esempio: La notte è stellata,/ e
tremolano, azzurri, gli astri in lontananza./ Il vento della notte gira nel
cielo e canta. / Posso scrivere i versi più tristi questa notte./ Io l'amai, e
a volte anche lei mi amò./ Nelle notti come questa la tenni tra le mie
braccia./ La baciai tante volte sotto il cielo infinito./ …”. Quanta
umanità e quanta profondità sentimentale si evince da questi versi semplici
recitati, nel film, da Pablo Neruda (Luis Gnecco),pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, il poeta politico più noto al mondo che ha cercato di
aiutare i poveri, i diseredati, i disgraziati della sua Terra, il Cile che,
dopo la sua morte, ha vissuto una dittatura orrenda e sanguinosa in seguito al
golpe capeggiato da Pinochet (1973). Questi, grazie all’esercito, abbatté lo
stato democratico presieduto da Salvador Allende, la cui elezione (1970) era
stata appoggiata da Pablo Neruda.
Il
regista Pablo Larrain, con la direzione di questo bel film, a cui conferisce connotati
particolari e suggestivi e anche grotteschi, dimostra ancora una volta il suo
generoso e straordinario estro creativo costruendo una storia reale coronata da
eccelsa poesia, che è la manifestazione artistica che conferisce agli animi
sensibili un grande impulso rivoluzionario. “Neruda” è la poesia tradotta in
immagini piene d’umanità ancestrale, perché la poesia è sentimento che si
trasforma in una spinta dinamica, ricca di alterità conferente senso alla vita,
che caratterizzò del poeta Neruda, attraverso i rapporti amorosi e benevoli,
non solo quelli sessuali ma anche quelli rivolti ai bisognosi, tutta la sua esistenza.
Il
film tratta, a partire dal 1948, le vicissitudini sofferte da Neruda quando, da
senatore della repubblica cilena democraticamente eletto, rivolge delle gravi
accuse di tradimento del popolo al Presidente Videla (Alfredo Castro) eletto
con i voti del partito comunista. Ovviamente, Videla, ormai indossate le vesti
di dittatore, sguinzaglia il prefetto Oscar Peluchonneau (Gael Garcìa Bernal),
un arrivista immaginario bramoso di gloria, alla ricerca di Neruda. Da questo
momento inizia un dialogo a distanza tra un arrampicatore sociale ed un
sognatore con un inseguimento avventuroso, quasi inverosimile, a volte anche incredibile,
simile al gatto che rincorre il topo, che a tratti risulta divertente e a
tratti anche drammatico. Ad un certo punto, infatti, avviene uno scambio dei
ruoli perché ci si confonde tra chi sia il fuggitivo e chi sia l’investigatore.
In questo procedere, Neruda scrive la sua decima raccolta di poesie “Canto
general” (Appena
squillò la tromba,/ tutto era pronto
sulla terra,/ e Geova divise il mondo/
tra Coca-Cola Inc., Anaconda,/ Ford Motors, e altre società …).
Il film è stato presentato al Festival del Cinema di Cannes
2016 nella Quinzane des Réalisateurs.
Filmografia
Filmografia
Fuga (2005), Tony Manero ( 2007),
Post Mortem (2010), No - I giorni dell’arcobaleno (2012), Il Club
(2016), Jackie (2016).
Francesco
Giuliano
martedì 18 ottobre 2016
“Go with me” descrive con intensa suspense la cattiveria senza limiti
Titolo:
Go with me
Titolo
originale: Blackway
Regia: Daniel Afredson
Soggetto:
Castyle Freeeman Jr.
Sceneggiatura: Joe Gangemi, Gregory
Jacobs
Produzione Stato: USA, Canada, Svezia
2015
Cast: Anthony Hopkins, Julia Stiles,
Ray Liotta, Alexander Ludwig, Lochlyn Munro, Hal Holbrook, Steve Bacic, Aleks
Paunovic, Chris Gauthier, Aaron Pearl, Audrey Smallman, Glenn Beck, […]
La giovane Lilian (Julia Stiles), ritornata a vivere nella città dove è nata dopo la morte della madre, viene ben presto perseguitata da Blackway (Ray Liotta), un uomo duro e pericoloso che da poliziotto è diventato un acerrimo criminale tanto temuto, che spadroneggia liberamente nel territorio. Lilian, allora, si reca presso lo sceriffo per denunciare i soprusi ricevuti da quel losco individuo, tra cui l’uccisione del suo gatto, ma l’unico consiglio che riceve dal garante della legge, per paura di ritorsione, è quello di vendersi la casa e lasciare la città. Lilian, ovviamente, essendo una donna caparbia non si dà per vinta e, grazie all’aiuto dell’ex taglialegna Loster (Anthony Hopkins) e del giovane Nate (Alexander Ludwig),va alla ricerca dell’ex poliziotto per farlo desistere dalle sue azioni prepotenti e per lasciarla in pace.
Un film intenso, sconvolgente e coinvolgente che fa cogliere sensibilmente il peso gravoso e insopportabile della cattiveria, che ha il sopravvento e diventa ancora più greve quando chi la subisce non ha chi lo aiuta o lo protegge. Come in questo caso la legge! Esso, in certo qual modo, ricalca anche la legge biblica del taglione, quella “dell’occhio per occhio, dente per dente”, secondo cui chi subisce intenzionalmente un danno da un’altra persona ha il diritto di infliggere a quest’ultima un ugual danno. E questo, contrariamente a quanto viene sostenuto nel Vangelo secondo Matteo, in base al quale “bisogna amare i propri nemici e pregare per quelli che ci perseguitano”. Come sosteneva Alda Merini, infatti, “la cattiveria è un grande reato, che va punito. … Il male fatto rimane e non va dimenticato”.
La storia, tratta dal romanzo ‘Vieni con me’ (2008) di Castyle Freeeman Jr., si svolge in un ambiente sperduto tra montagne e foreste, lontano dal mondo civile, grigio, uggioso, tenebroso come quello di un bosco, che riflette un po’ l’animo malinconico, pauroso e rassegnato della gente che vive in quel luogo freddo e acromatico. Freddo perché, come dice Alessandro Baricco, “la cattiveria è una luce fredda in cui ogni cosa perde colore, e lo perde per sempre”.
Il film è stato presentato fuori concorso alla 72^ Mostra del Cinema di Venezia – 2015.
Filmografia
The Man on the Balcony (1993), La ragazza che giocava col fuoco (2009), La regina dei castelli di carta (2009), IL caso Freddy Heineken.
Francesco Giuliano
mercoledì 5 ottobre 2016
“Indivisibili”, un film dove la bellezza fa rima con la bruttezza
Titolo:
Indivisibili
Regia:
Edoardo De Angelis
Soggetto:
Nicola Guaglianone
Sceneggiatura:
Edoardo De Angelis, Nicola Guaglianone, Barbara Petronio
Musica:
Enzo Avitabile
Produzione
Stato: Italia 2016
Cast:
Marianna e Angela Fontana, Massimiliano Rossi, Antonia Truppo, Toni Laudadio,
Marco Mario De Notaris, Gaetano Bruno, Gianfranco Gallo, Peppe Servillo,
Antonio Pennarella, […]
“Indivisibili”
è il terzo lungometraggio del bravo regista napoletano Edoardo De Angelis, un
film originale che si differenzia nettamente da buona parte dei film italiani,
ormai ripetitivi sia nei significati espressivi che nei contenuti. Questo film,
infatti, è un connubio magistrale tra l’ars
cinematografia e la realtà nuda e cruda, che descrive una storia ambientata a
Napoli, città che “rappresenta tutto quello che c’è di bello e di brutto al mondo …
(dove) la compresenza di bellezza e
bruttezza permette di realizzare una sintesi visiva che rappresenta la vita in
maniera piuttosto esaustiva …”. Volgarità, ignoranza, desolazione,
superstizione, falsità, droga, connubio tra chiesa e malaffare, sono i
connotati di un mondo in cui vivono le due sorelle siamesi, Viola (Marianna
Fontana) e Dasy (Angela Fontana), considerate per la loro condizione fisica un
fenomeno portafortuna, le quali per la loro bella voce sono pagate per cantare
melodie in matrimoni, battesimi, feste patronali. Ambedue i genitori, Peppe
(Massimiliano Rossi) e Titti (Antonia Truppo), compresi gli zii, si spartiscono
tutti i proventi derivanti dalla attività canora, vivendo alle loro spalle e privandole
di tutto. Uno sfruttamento bello e buono.
Casualmente,
un giorno, Viola e Dasy conoscono Alfonso Fasano (Peppe Servillo), un medico
specializzato nella separazione dei fratelli siamesi, che opera in Svizzera,
dal quale vengono a sapere, dopo opportune indagini, che è possibile eseguire
la loro separazione. Questa notizia rompe l’equilibrio che si era venuto a
creare fino a quel momento, facendo sognare Dasy che, in tal modo, avrebbe
acquistato quella libertà che per ovvie ragioni le era negata, come fare
l’amore o ubriacarsi o intraprendere un viaggio per Los Angeles o altro ancora,
ma generando, al tempo stesso, contrasti forti con il padre, che si oppone
ovviamente per insana convenienza all’intervento. Viola, invece, dal canto suo
mostra contrarietà alla separazione perché non vuole staccarsi dall’amata
sorella, ma Dasy rimane ferma nel suo intento.
Forti
emozioni derivanti da un’autenticità descrittiva di un realismo becero
catturano lo spettatore che vive in prima persona quella situazione inumana e
incivile con estrema trepidazione e morale tifoseria.
Il
regista, “un talento visionario”, intuisce il profondo significato del suo tempo
e del suo ambiente e lo descrive puntualmente nei minimi particolari con
semplicità, evidenziando lo stato di degrado morale di una popolazione intera, grazie
anche alla complicità di una chiesa rappresentata da un prete donnaiolo e
affarista, don Salvatore (Gianfranco Gallo), in palese connubio con il
malaffare, e lo stato di abbandono in cui versa un luogo in cui neppure le
antiche vestigia dell’antro della Sibilla riescono a conferire una se pur
minima idea di decoro.
“Indivisibili”, un capolavoro italiano, “un film
da Oscar” come ha sostenuto il regista Paolo Sorrentino, è stato presentato nella sezione "Giornate degli
Autori" alla LXXIII Mostra
Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, al Toronto International Fil
Festival 2016 e al London Film Festival 2016,ed ha ottenuto il Premio FEDIC, il Premio Lina
Mangiacapre, il Premio Francesco Pasinetti per il miglior film e il Premio Gianni Astrei.
Filmografia
(lungometraggi)
Mozzarella
Stories (2011)
film d’esordio, Perez (2014).
Francesco Giuliano
venerdì 30 settembre 2016
“Café Society”, una digressione filosofico-sentimentale sugli eventi che caratterizzano la vita umana
Titolo:
Café Society
Regia,
Soggetto, Sceneggiatura: Woody Allen
Produzione
Stato: Usa, 2016
Cast:
Jesse Eisenberg, Jeannie Berlin, Steve Carell, Kristen Stewart, Blake Lively,
Parker Posey, Corey Stoll, Ken Stott, Anna Camp, Stephen Kunken Sar Lennick,
Paul Schneider, […]
Ancora
una volta, Woody Allen con “Café Society” confeziona un excursus
filosofico-sentimentale sugli eventi della vita umana e mostra la sua genialità
nel trovare i mezzi dialogici, densi di significati e di tratti ironici, per
indagare nella vita dei suoi personaggi e nel loro animo umano attraverso i
riferimenti non solo filosofici, ma inconsapevolmente anche attraverso leggi
scientifiche. E tutto questo lo fa egregiamente, come sa fare soltanto lui con
il suo originale stile, imponendo allo spettatore attenzione sul susseguirsi
degli eventi del film, in un’atmosfera serena e piacevole, ricca di decine di
pezzi di magnifica musica jazz degli anni trenta.
La
storia raccontata, una delle tante storie che possono verificarsi nella vita di
un uomo, si riferisce a Bobby (Jesse Eisenberg), uno dei tre figli di una
famiglia ebrea che vive a New York, il quale decide di trasferirsi a Los
Angeles per cambiare sia il lavoro di gioielliere, sia la vita. Bobby è un
giovane ingenuo, semplice, “naif” per intenderci, e di sani principi, tant’è
che addirittura si rifiuta di iniziare alla prostituzione una bella ragazza
Candy (Anna Camp) che gli si offre volontariamente. Aiutato dallo zio Phil
(Steve Carrell), rinomato e ricco agente cinematografico di Hollywood, Bobby
riesce ad affermarsi, conoscendo nel frattempo la bellissima segretaria dello
zio, Vonnie, diminutivo di Veronica (Kristen Stewart), di cui si invaghisce
abbagliato come “un cervo dai fari di un’auto”. I due si amano
appassionatamente e rifuggono dall’ambiente frivolo e formale dei divi del
cinema. L’amore è intenso anche se Vonnie, ad un certo punto, contraddicendosi
per la scelta che fa, che è quella di sposare lo zio Phil e con lui preferisce
“l’avere” piuttosto che “l’essere”, opta cioè per la vita agiata e vuota di significato a discapito della
genuinità sentimentale e sincera. Bobby, deluso, ritorna a New York per dimenticare
e perché stanco di quell’ambiente non confacente al suo carattere. Qui, grazie
al fratello gangster Ben (Corey Stoll), dirige brillantemente un night club,
attraverso cui diventa famoso e ben voluto, conoscendo persone che contano
nella società newyorkese ma anche un’altra bella donna, anche lei di nome Veronica
(Blake Lively),che sposa e dalla quale ha dei figli. Nel frattempo, avvengono
dei fatti importanti che stravolgono la vita di Bobby. C’è l’arresto del
fratello che, per i delitti commessi, viene condannato a morte e che, durante
la detenzione, si converte per opportunismo al cristianesimo, che è una
religione che prevede una vita dopo la morte a differenza di quella ebraica.
Poi avviene anche l’incontro con Vonnie, in trasferta a New York per un breve
periodo col marito Phil. Questo incontro è “galeotto” perché fa riaffiorare i
sentimenti amorosi tra i due che erano sedimentati per il tempo e per la
dimenticanza. Sentimenti che, in ogni caso, li hanno condizionati nelle loro
scelte future, così come avviene nella fisica delle particelle, in cui, secondo
lo scienziato quantomeccanico Paul Dirac, “Se due sistemi interagiscono tra loro per
un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma in qualche
modo, diventano un unico sistema. In altri termini, quello che accade a uno di
loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce”
Acuto,
profondo e originale come sempre, Woody Allen sottolinea, con il solito
sottile sarcasmo, i punti sostanziali
che governano la vita di ogni essere umano, in continuo divenire e in balia del
caos, anche se rimangono indelebili nel tempo solo i suoi sentimenti: il
mistero delle coincidenze, la vanità, la ricerca del successo e dell’effimero,
il becero opportunismo manifestato anche alle soglie della morte, il credo
religioso e il contrasto tra le varie confessioni religiose, l’assenza
nell’uomo di indagare sulla propria vita e derivarne una valutazione,
l’incapacità dell’uomo di governare la propria vita.
La pellicola è stata selezionata come film d'apertura, fuori
concorso, del Festival di Cannes 2016.
Filmografia
Prendi i
soldi e scappa (1965), Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971), Tutto
quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere
(1972), Il dormiglione (1973), Amore e guerra (1975), Io e Annie (1976),
Manhattan (1977), Interiors (1978), Stardust Memories (1980),Una commedia sexy
in una notte di mezza estate (1982), Zelig (1983), Broadway Danny Rose (1984),
La rosa purpurea del Cairo (1985), Hannah e le sue sorelle (1986), Radio Days
(1987), Crimini e misfatti (1987), Settembre (1987), Un’altra donna (1978),
Alice (1990), Ombre e nebbia (1992), Mariti e mogli (1992), Misterioso
omicidio a Manhattan (1993), Pallottole su Broadway (1994), La dea dell’amore
(1995), Tutti dicono I love you (1996), Harry a pezzi (1997), Celebrity (1998),
Accordi e disaccordi (1999), Criminali da strapazzo (2000),La maledizione dello
scorpione di giada (2001), Hollywood Ending (2002),Anything Else (2003),
Melinda e Melinda (2004), Match Point (2005), Scoop (2006), Sogni e delitti
(2007), Vicky Cristina Barcelona (2008), Whatever Works – Basta che funzioni
(2009), Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni (2010), Midnight in Paris (2011), To
Rome with Love (2011), Blue Jasmine (2013), Magic in the Moonlight (2014), Irrational
Man (2016) .
Francesco
Giuliano
sabato 24 settembre 2016
Arriva “Alice nella città”, la XIV edizione dal 13 al 23 ottobre 2016
La XIV edizione di “Alice nella città”, sezione autonoma e parallela della “Festa del Cinema di Roma”, dedicata alle giovani generazioni, si
svolgerà dal 13 al 23 ottobre 2016 presso l’Auditorium Parco della Musica e il Cinema Admiral. Essa sarà diretta da
Gianluca Giannelli e Fabia Bettini e organizzata dall’Associazione Culturale
PlayTown Roma, con il sostegno della Direzione Generale Cinema del MiBACT, del
Comune di Roma che, anche quest’anno, garantirà il trasporto scolastico dei
bambini del secondo ciclo elementare, della Camera di Commercio di Roma e
grazie al contributo di Acea Spa, BNL-BNP Paribas e della SIAE.
La sigla della XIV edizione sarà diretta dai registi Massimiliano e Gianluca De Serio che, attivi
ormai da diversi anni nel campo del cinema (Sette opere di Misericordia), del documentario (I ricordi del fiume) e della video
arte in generale, si sono ispirati per la loro sigla al cinema di Abbas
Kiarostami, in onore del quale “Alice nella città” in
collaborazione con la cineteca del Museo del cinema di Torino proporrà una retrospettiva dei film
del regista iraniano appena scomparso:
“I protagonisti della sigla sono alcuni giovani
abitanti di una grande baraccopoli, - dichiarano i registi - una città nella città, che esisteva a
Torino fino a qualche mese fa, sulle sponde del fiume Stura. Con loro abbiamo
vissuto due anni della nostra vita, mentre giravamo il documentario "I
ricordi del fiume". I ragazzi della baraccopoli sono intenti, nel
buio, a "guardare oltre", guardare "una luce", che si
concretizza poi nel film di Abbas Kiarostami "Dov'è la casa del mio
amico?". Essi sembrano infatti guardare, da luoghi diversi,
tutti i film di Abbas. La sigla è dunque anche un omaggio al maestro iraniano,
che abbiamo avuto modo di conoscere diversi anni fa, in giorni intensi di
cinema e di amicizia. Alla fine, è una ragazzina, una nostra piccola ‘Alice’,
che guarda, disegna, immagina e sogna il suo film, la sua città, tracciando un
ponte fra il ragazzo del film e il suo mondo, nelle baracche che da lì a poco
saranno distrutte, forse chiedendosi dove sia la casa del suo amico.”
Alice nella città, attenta ai temi giovanili, presenterà un
programma di anteprime assolute, esordi alla regia e conferme originali.
12 le opere del Concorso Young/Adult, 3 film Fuori Concorso, 2 co-produzioni con
la Festa del Cinema e 2 eventi speciali, programmati
all’interno degli spazi dell’Auditorium Parco della Musica. Mentre al Cinema Admiral si
svolgerà il programma di Alice/Panorama, con 10 film che racconteranno il mondo
delle nuove generazioni, offrendo il pretesto per dire agli adulti cose da e
sui giovani, a cui si affiancherà la selezione del KINO Panorama/Italia, curata dai ragazzi
del KINO, che come per la passata edizione metterà l’accento sul cinema
italiano con proiezioni di film, documentari e cortometraggi di giovani
promesse.
Il Premio ‘Camera D’oro
Taodue 2016’, sarà assegnato dalla giuria presieduta dall’attore Matt Dillon e
composta dalla produttrice Camilla Nesbitt, l’attrice Anna Foglietta, il
regista Gabriele Mainetti, il regista Claudio Giovannesi e gli sceneggiatori
Giordano Meacci e Francesca Serafini. (F.G.)
venerdì 23 settembre 2016
“Escobar” ovvero la descrizione violenta della perdita del paradiso in Terra
Titolo:
Escobar
Titolo
originale: Escobar: Paradise Lost
Regia e Sceneggiatura: Andrea Di Stefano
Musica: Max Richter
Produzione Paese: Francia, Spagna, Belgio 2014,
(Uscita in Italia 25 agosto 2016)
Cast: Benicio Del Toro, Josh Hutcherson, Brady Corbet,
Claudia Traisac, Carlos Bardem, Ana Girardot, Laura Londoño, Lauren Ziemski,
Henry Bravo, aaron Zebede, Micke Moreno, Elmis Castrillo, Tenoch Huerta, Frank
Spano, […]
Il film racconta, di riflesso, gli ultimi anni di vita
del famoso trafficante di cocaina Pablo Emilio Escobar Gaviria, alias
Pablo ( Benicio Del Toro), a Medellin, in Colombia, prima che
venisse imprigionato. È stato uno dei più ricchi criminali della storia moderna
che basò il suo “successo” sul motto “lasciarsi corrompere o morire” perché,
uccidendo senza pensarci un attimo chi si rifiutava di collaborare, riuscì a
corrompere ufficiali della polizia, giudici e politici. Egli era ben voluto dal
popolo perché elargiva soldi e favori a chicchessia, tant’è che fu pure eletto
senatore per un breve periodo. È una regola sociale che laddove la povertà
dilaga, il ricco malfattore diventa “onnipotente” e viene venerato come se
fosse un Dio. E tutto questo si coglie perfettamente nel film.
La storia del film inizia dal momento in cui due fratelli
canadesi Nick (Josh Hutcherson) e Dylan
(Brady Corbet) si trasferiscono sulla costa del Pacifico
colombiano, perché attratti dalle bellezze naturali e perché vogliono aprire
una scuola dello sport acquatico surf per il quale l’oceano è molto adatto per
le sue onde perfette. Dylan è sposato con Laure (Ana Girardot), mentre
Nick non ha ancora legami affettivi. È per questo che, quando incontra
casualmente Maria (Claudia Traisac), se ne
innamora perdutamente. Amore che viene ricambiato apertamente con
vigore e schiettezza. Questo legame con Maria, nipote prediletta di Pablo
Escobar, per il susseguirsi degli eventi, veicola pian piano e irreversibilmente
Nick nell’ambiente malavitoso e terribile da cui gli diventa impossibile distaccarsi.
Nick, giovane affabile, onesto, non violento, amante dello sport, per amore di
Maria, purtroppo, si viene a trovare come un uccello in gabbia, da cui gli
viene difficile scappare ed è costretto ad accettare incarichi criminosi che
sono avulsi dalla sua indole bonaria e pacifica. Nick, in sintesi, dal quel
paradiso terrestre che lo aveva attratto passa in una situazione infernale, dove
non sa come muoversi e come agire per evitare di commettere i delitti che gli vengono
ordinati. La sua vita diventa un continuo incubo orribile perché risulta vano
ogni tentativo di fuga da quel terrore. E comprende che per lui sarà finita, se
non riuscirà a fuggire, quando telefonando a Pablo costui si paragona a Mowgli,
il personaggio creato da Rudyard Kipling ne ‘Il libro della giungla’, che nel finale
del romanzo deve “lasciarsi alle spalle gli amici e lui (Nick) è uno di
questi”.
Un film drammatico, molto coinvolgente, che suscita nello
spettatore un forte e continuo stato di tensione, e che pone di fronte due
mondi contrapposti: quello della criminalità e quello della genuinità umana
anche se ambedue tendono, con mezzi diversi, al valore fondamentale della
società che è quello della famiglia basato sull’amore e sul rispetto. Il film è
ben costruito e diretto da Andrea
Di Stefano, romano, trasferitosi giovanissimo negli USA per studiare all'Actor's Studio, che ne ha scritto l’ottima
sceneggiatura, realizzando perfettamente
un personaggio, quello di Escobar, molto vicino alla realtà, cinico, disumano,
violento, calcolatore, terribile, prossimo alla divinità, deciso, magnificamente
interpretato dall’ottimo Benicio Del Toro.
Filmografia
Andrea Di Stefano è stato protagonista in “Il principe
di Homburg” (1997) di Marco Bellocchio, “Il fantasma dell’opera” (1998) di
Dario Argento, “Prima che sia notte” (2000) di Julian Schnabel, “Almost Blue”
(2000) di Alex Infascelli, “Hotel” di Mike Figgis, “Il vestito da sposa” (2004)
di Fiorella Infascelli.
Francesco Giuliano
Iscriviti a:
Post (Atom)