Un nuovo blog che parla di cinema italiano. Potrete trovare informazioni complete sui migliori attori, registi e film del nostro cinema. Vi saranno anche riferimenti al cinema straniero , informazioni complete su come visualizzare un in streaming e suggerimenti e indicazioni rispetto ad altre pagine del settore.
lunedì 28 dicembre 2015
“Perfect day” descrive la complicanza umana delle cose semplici e banali
Titolo:
Perfect day
Titolo
originale: A Perfect Day
Regia:
Fernando León de Aranoa
Soggetto:
Tratto dal romanzo Dejarse
Llover di Paula Farias
Sceneggiatura: Paula Farias, Fernando
León de Aranoa
Produzione
Stato: Spagna 2015
Cast:
Benicio Del Toro, Tim Robbins, Melanie Thierry, Olga Kurylenko, Fedja Stukan,
Eldar Residovic, Sergi López, Nenad
Vukelic, […]
Metti
un pozzo, un cadavere e una corda in un Paese della ex Jugoslavia durante l’epilogo
della guerra del 1995 e si ha una giornata perfetta, “A Perfect Day”, una di quelle giornate in cui nessuna azione intrapresa,
se pur facile, va per il verso giusto. Tutto inizia con il tentativo di
rimozione di un grosso e pesante cadavere di un uomo gettato in un pozzo d’acqua
e la lacerazione della corda utilizzata per il prelevamento del corpo prima che
questo fosse concluso. Tentativo compiuto da una squadra composta da quattro
volontari umanitari che vogliono portare sostegno morale e materiale alla
disastrata popolazione del luogo, ma che si trasforma ben presto in un’avventura, che viene descritta in
modo ironico ma al tempo stesso attendibile ed equilibrato.
Il gruppo è capeggiato dall’affascinante Mambrù (Benicio Del Toro) a cui fa da spalla il satirico signor B (Tim Robbins) e l’idealista francese
Sophie (Melanie Thierry) a cui si
aggiunge successivamente la bellissima e disinvolta Katia (Olga Kurylenko). Attorno a quei
tre sostantivi - pozzo, cadavere e corda - il bravo regista pluripremiato, quarantasettenne, Fernando
León de Aranoa, al suo sesto film, costruisce un intreccio bellissimo, che fa divertire
ma al tempo stesso commuovere e riflettere, tessendo magistralmente i fili, che
purtroppo si aggrovigliano, attorno ad una situazione semplice ed umanitaria a
causa della stupidità umana, origine di tutti i mali del mondo. Come è nel suo stile, infatti, il regista partendo
da una situazione a dir poco insignificante riesce ad evidenziare in modo mirabile
la cattiveria, l’invidia, lo spirito di sopraffazione, la violenza, gli
interessi, gli affari, la supremazia del dio denaro, le diatribe inconcludenti e
le guerre fratricide dell’essere umano. Una miscellanea di non valori che
rendono complicato, anzi impossibile il raggiungimento di un obiettivo se pur
semplice e banale, e che ci fa capire come vanno le cose al mondo.
Perfect
Day è stato presentato alla Quinzaine des
Réalisateurs del Festival di Cannes 2015 ed ha ottenuto la Candidatura per l’Art
Cinema Award dell’Hamburg Film Festival 2015 e la quinta preferenza dal
pubblico al Melbourne International Film Festival 2015.
Filmografia
Familia (1996), Barrio (1998), I lunedì al sole
(2002), Princesas (2005), Amador (2010).
Documentari: Refugiados (1995), Caminantes
(2001), Invisibles (2007, doc. collettivo).
Francesco Giuliano
giovedì 24 dicembre 2015
“Franny” o sugli effetti di un’amicizia traboccante
Titolo:
Franny
Titolo
originale: The BenefactorRegia:
Andrew RenziSoggetto:
Andrew RenziSceneggiatura:
Andrew RenziProduzione
Stato: USA 2015Cast: Richard Gere, Dakota Fanning, Theo James, Marko
Caka, Clarke Peters, Brian Anthony Wilson, Andrea Havens, Maria Breyman, Dennisha
Pratt, Erica Cho, Lyssa Roberts, […]
“Franny” è un film indipendente, opera prima di Andrew
Renzi che , avendone scritto anche il soggetto e la sceneggiatura, denota già il
talento di un grande regista.
Renzi
dirige, infatti, magistralmente Richard Gere nei panni del protagonista Franny, un uomo bizzarro e complicato, perseguitato
dai sensi di colpa che cerca di alleviare affidandosi alla droga, all’alcool ma,
quel che è strano, è che si comporta da grande
benefattore. La sua filantropia non dimostra limiti.
Egli dà continuamente più di quanto gli altri
si aspettano, dona ciò che gli fa piacere e soprattutto ama. Ama Olivia (Dakota
Fanning), la figlia dei suoi più cari amici morti tragicamente in un incidente
stradale procurato da lui stesso, ama Luke (Theo James) il marito di Olivia a
cui procura il posto di medico presso l’ospedale pediatrico di cui lui è
amministratore e proprietario, e ama
soprattutto i bambini infermi, ricoverati nello stesso nosocomio.
In questo suo agire, tuttavia, Franny mostra
una grande incoerenza che è anche una metafora dell’azione umana. Effettivamente,
da un lato egli mostra l'amicizia, nel senso ciceroniano, cioè avulsa dall’interesse
e dall’utilitarismo, cioè l’amicizia come sentimento umano, genuino e sincero, che
lo induce a realizzarsi, cioè a percepire negli altri se stesso e ad aiutarli
nel momento del bisogno (Amicus certus in
re incerta cernitur) manifestando così una grande integrità morale. Dall’altro
lato usa l’amicizia in senso epicureo: Franny si comporta così perché nel suo
dare instaura un rapporto che gli possa apportare una certa “utilità”, cioè l’amicizia
intesa non solo in senso materiale ma anche psichico e affettivo. In tal caso,
il rapporto interpersonale diventa anche una richiesta di bisogno da ricambiare
con forza, un do ut des, ed entrano
in gioco la prevaricazione o un tentativo di plagio, e l’amicizia diventa un
legame doloroso e insopportabile. Richard
Gere dimostra, con questa interpretazione che lascia col fiato sospeso, di
essere un attore molto bravo e poliedrico, di grande sensibilità e maturità
interpretativa, che riesce, nel contempo, a fare amare e odiare Franny senza
soluzione di scelta. Il film è stato presentato al Tribeca Film Festival, che fu fondato
dopo l’11 settembre 2011 dall’attore Robert De Niro.
Francesco
Giuliano
domenica 10 maggio 2015
“L’albero di Giuda” o sul tradimento evangelico della Sicilia
Titolo:
L’albero di Giuda
Regia e soggetto: Vito
Cardaci
Voce narrante: Vito Cardaci,
Rosario Marco Amato
Editing: Charry project
studio
Montaggio e post
produzione: ch@rry project studio – Vito Cardaci
Produzione Stato: Italia,
2014
Durata: 40′
Genere: Docufilm
“Una
leggenda racconta che Giuda si sia impiccato con una corda ai rami di un
albero. Da quel giorno il tronco avrebbe assunto un andamento contorto. La
fioritura improvvisa preceduta dall’aprirsi delle foglie vorrebbe così
raffigurare le lacrime di Cristo. Il colore acceso dei fiori vorrebbe
rappresentare la vergogna dell’albero o forse la perfidia di Giuda. Sì! Sono
proprio io, l’albero di Giuda!” –
dice la voce narrante. Non poteva
esserci migliore incipit di questo cortometraggio che, con la metafora de “L’albero
di Giuda”, racchiude ed esprime, in modo estremamente sintetico e chiaro ma
profondamente e sentimentalmente
incisivo, a tratti poetico, una verità autentica e inviolabile che è
quella della Sicilia ancora una volta tradita e vilipesa e non potrà mai essere
messa in dubbio! Il film prende inizio da un carrubo, piantato come prima
pietra per la realizzazione a Regalbuto, in provincia di Enna, di una grande
opera faraonica, “il più grande parco di divertimenti d’Europa, la Disneyland
siciliana, che doveva sorgere su un’area di circa trecento ettari, alberghi con
migliaia di posti, ristoranti, discoteche …” e chi più ne ha più ne metta. Cioè
a dire “… l’emblema del più grande
investimento privato dell’isolanel settore del turismo”. Il regista Vito Cardaci, con una
descrizione ironica e sarcastica, mette
in evidenza magistralmente il tradimento politico nei confronti della Sicilia, dove
il dissesto sociale, la saccenteria, l'indifferenza, il trasporto populistico,
l’egoismo, la superficialità e la mediocrità padroneggiano. In quest’evento
eccezionale carrubo quanta bella gente intervenne: “… si scomodarono le più alte cariche istituzionali: ministri,
presidenti, prefetti, sindaci, cardinali, generali, giornalisti, portaborse e
ombrose figure provenienti da ogni dove. Credo che neppure quando venne al
mondo Gesù bambino si vide questa confusione”. Una commedia, la solita, dunque, da cui emerge il
consolidato assioma gattopardesco che con ima amarezza fa cogliere e apprezzare
l'impossibilità di cambiare lo status quo
della Sicilia e dei siciliani che accaniti creduloni si affidano continuamente
alle parole dei politici di turno, quelle stesse che sono decantate nella
poesia “Parole”[1]:
Parole, parole, parole,/ verbi come
vento/ fastidiosi come Noto/ pari ad Apeliote insopportabili/ piacevoli gemelli
di Euro/ frizzanti simili a Borea/ come Zefiro ammalianti./ E, molesti,/
insoffribili,/ incantevoli,/ freschi,/ seducenti,/ come il vento volano via,/
inghiottiti da Kaos,/ trasportati non si sa dove./ E non rimane che lo sconforto/
di quel sogno che portano con sé”. Parole espresse da una classe politica di stampo baronale, arcaica, cinica
e opportunista che usa il populismo come mezzo di trasporto delle coscienze e
di illusione sociale e che dà ipocritamente speranza al fine di rendere schiavo
il popolo: “Non c’è schiavitù migliore
che essere prigionieri della speranza”, perché “... sperare, per definizione, non significa
essere felici, bensì essere in
attesa, provare la mancanza, il desiderio insoddisfatto e impotente: “sperare è desiderare senza godere, senza sapere, senza potere”. Senza
godere, perché spera soltanto quello
che non si ha; senza sapere, perché la speranza implica sempre una
certa dose d’ignoranza rispetto alla realizzazione dei fini desiderati; senza potere, dato che nessuno si sogna di
sperare ciò che gli è dato di realizzare pienamente … . La speranza non
solo ci mette in uno stato di tensione
negativa, ma ci priva anche del
presente: preoccupati di un avvenire
migliore, dimentichiamo che l’unica vita
che valga la pena di essere vissuta, la sola che, molto
semplicemente, esista, è quella che si
svolge sotto i nostri occhi, qui e ora”[2].
Il
regista Vito Cardaci antropomorfizza il carrubo per dire con
convinzione che “sembra proprio che senza
il mito, la simbologia, la metafora sia quasi impossibile narrare certe storie.
La realtà però è molto più semplice e immediata, meno incomprensibile di come
possa apparire. Bastava osservare dove mi avevano piantato”, in un ambiente
in cui predominano la “ … noia e il
silenzio, di vita che non scorre, …”
e dove “non si dovrebbe
invecchiare incazzati!”
Eccezionale
e pesante come un macigno l’epilogo del film con cui il regista rivolgendosi
agli spettatori chiede: “Vi siete mai
chiesti come sarebbe stata la storia di Cristo senza la figura di Giuda?” La
risposta ai posteri.
Ci sono voluti quasi sette anni per ordinare le idee e realizzare le
riprese di questo docufilm che racconta l’artificio consapevole,e per questo
ancor più greve, del tradimento politico perpetrato ai danni della Sicilia e dei
siciliani, a partire dai tempi di Cuffaro, fino ad arrivare ai giorni nostri. A
narrarlo è un albero, un Carrubo. Una narrazione sarcastica, avvincente e, a
tratti, drammatica che racconta, in parte, anche "il decantato modello Enna,
quello di Mirello Crisafulli e di Cataldo Salerno ex Presidente della provincia
regionale di Enna."
“L’albero di Giuda” è stato vincitore al “Bari International Film Festival”
2014 con la seguente motivazione che la
giuria popolare, presieduta da Achille Bonito Oliva, ha dato il 9 aprile 2014 del
premio “Vittorio De Seta”: “Per ritmo,
ironia, linguaggio e capacità di denuncia. Un’opera che racconta in maniera
icastica l’arte del tradimento politico nei confronti di una realtà staccata
dal continente e insulare, la Sicilia. Una regione che non è soltanto un’entità
geografica, ma un luogo che ha subito indifferenza, populismo e un fallimento
sociale legato al cinismo di una classe padronale arcaica. Il film ha la
capacità di evidenziare una negatività ancestrale attraverso uno sguardo
ironico, secondo la definizione di Goethe: ‘L’ironia è la passione che si
libera nel distacco’. Tale distacco produce comunicazione e denuncia nello
stesso tempo”.
Un film, in definitiva che non solo i siciliani, ma anche gli italiani
dovrebbero vedere per non perdere la memoria di ciò che viene promesso dai
politici di turno e mai realizzato.
Vito Cardaci, siciliano cinquantenne, www.vitocardaci.com, inizia come musicista,ma l’amore
per la fotografia lo porta a dedicarsi al multimediale tant’è che nel 2005
realizza il suo primo corto “Sono Una Donna” un video virale che impazzerà in
rete con oltre 500.000 contatti nel giro di un anno. Nel 2007 produce e cura la
fotografia nonché le riprese del documentario “Umanza” premiato al Torino Film
Festival e al Festival Internazionale del Cinema dell’Uruguay 2008: “Italia:
Los Primos de Torino 2007”. Nel 2008 e nel 2009 cura la regia come reporter del
Festival “Sole Luna”, un ponte tra le culture. Nel 2010 entra come reporter
ufficiale nello staff del Salina Doc Fest diretto da Giovanna Taviani. Nel 2011
Produce e dirige “Saturday Night Fear” un corto, che lo stesso regista
definisce un mero esercizio di stile.
Francesco Giuliano
lunedì 4 maggio 2015
Arianna Mattioli, una brava attrice poliedrica
L’incantevole
e brava Arianna Mattioli, alle
soglie dei trentadue anni, ha maturato in pochissimo tempo una carriera
brillante e promettente che mette in chiara evidenza la sua spiccata poliedricità e la sua netta versatilità
in campo artistico, tant’è che parla inglese e spagnolo e sa recitare in
romanesco, siciliano e toscano. Infatti, dopo una formazione intensa, ricca, brillante,
veramente nutrita e seriamente diversificata, iniziata nel periodo 2006 - 2007
con la frequenza della Scuola di Teatro “Teatri
possibili”, in cui ha perfezionato sia la dizione che la recitazione e che
ancora continua, come è nella natura di chi vuole migliorare sempre di più,
Arianna ha iniziato il suo percorso di attrice di teatro, di tutto rispetto, in
“Delitti esemplari” (2007) dello
scrittore spagnolo Max Aub, con la
regia di Francesco Sala e Viola Pornaro. Ha
proseguito, nel 2008, recitando nel
recital brechtiano “Essere amici al
mondo” per la regia di Giorgio
Maulucci, in “Così fan tutte” di W. Amadeus Mozart sotto la direzione
di Gianluigi Gelmetti, in “Wozzeck” di Alban Berg
(reading inserito nel progetto “Roma per ascoltare” in collaborazione con il
Comune di Roma e il Teatro dell'Opera di Roma sotto la direzione artistica di
Gianluigi Gelmetti), in “Mosè in Egitto”
di Gioacchino Rossini (reading
inserito nel progetto “Roma per ascoltare” in collaborazione con il Comune di
Roma e il Teatro dell'Opera di Roma sotto la direzione artistica di Gianluigi
Gelmetti). E, nel biennio successivo, ha declamato in “Ricordo dov'ero quel giorno”, performance teatrale inserita nella
rassegna “Cu arriva ietta vuci” a
cura di Emma Dante, e in “Carmen” di George Bizet sotto la regia di Emma Dante (Fondazione “Teatro alla Scala” Milano - Direzione del
Maestro Daniel Barenboim). Nel frattempo, è stata anche assistente alla regia nello
spettacolo “Malamore”, scritto e
diretto da Francesco Zecca, e in “Killer Joe” di Tracy Letts per la regia di Massimiliano
Farau, ma anche ha affiancato nelle attività didattiche l'attrice Lina Bernardi ed è stata insegnante di dizione e recitazione
presso l'Accademia di spettacolo e Comunicazione “Studio 254” di Roma. Dopo aver fatto parte del cast televisivo di “Boris 3” per la regia di Davide Marengo, è passata al cinema
come interprete di “Boris. Il film” diretto
da Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre
e Luca Vendruscolo e di “Da Stella a Stella” diretto da Toni D'Angelo.
Dal 5 maggio fino al 24 maggio è tra gli otto attori che
recitano in "Nessuno muore" diretto da Luca De Bel, al “Teatro della
Cometa” di Roma.
Francesco Giuliano
mercoledì 8 aprile 2015
Giulia Marlene, una brava attrice poliedrica
Giulia
Marlene, catanese doc ma romana di adozione, conseguita la "maturità
scientifica”, si perfeziona sia nella lingua inglese (Trinity College) che scrive e parla
correttamente, sia nell’uso del mezzo informatico (patente europea) ma, al tempo
stesso, animata dalla voglia di lavorare, frequenta il Corso di formazione
professionale per “Operatore del Turismo Ricettivo” conseguendo la qualifica di
“Animatore turistico” che le permette di
acquisire esperienza nel settore con il primo Stage professionale di “Animatore
Turistico per Villaggi “. Non ancora soddisfatta, presso l’Università degli
Studi di Catania, alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, frequenta un
corso di lingua francese che conosce discretamente. Subito dopo, segue, a
Roma, un Corso di dizione e recitazione
e, a Ragusa, un Corso di teatro, per ritornare, di nuovo, a Roma a
frequentare l’Accademia di Recitazione (ACT Multimedia) presso Cinecittà.
Quindi ritorna nella sua Sicilia, a Ragusa, dove si scrive e segue un Corso di canto. Recentemente ha frequentato pure
un Seminario a Roma con un famoso regista.
Sulla
base di questa ricca e variegata formazione, incomincia subito a lavorare svolgendo
diversi incarichi diversificati, tra cui pubbliche relazioni, in qualità di
hostess per ricevimenti, congressi, sfilate di moda, e altri eventi presso vari
Comuni siciliani, e anche collaborazioni con un’agenzia di assicurazioni e con negozi di abbigliamento, adoperandosi pure come animatrice presso Villaggi turistici. Grazie alla sue competenze poliglotte
e informatiche, trova impiego presso la reception di hotel e in negozi di
abbigliamento di Centri commerciali e presso un’Agenzia pubblicitaria.
Contemporaneamente viene a vivere, per
la sua poliedricità recitativa e per il suo indiscutibile estro, esperienze cinematografiche
in vari cast, tra cui “Il Capo dei Capi 2”, “Il Commissario Montalbano”, “L’onore
e il Rispetto 2”, per citare quelli più significativi, e di cortometraggi
vari girati presso gli studi di Cinecittà, a Roma, tra cui “Yan
Fang-Assurdo(2010)-You tube”, “Salvo Nicolosi -Wolf’s Tale (2010) - on Vimeo”. Partecipa, per la grande voglia di farsi
conoscere, anche a varie sfilate di moda e a vari concorsi di bellezza tra cui
“Selezioni Miss Italia” e “Miss Motors” . Tra i suoi hobbies preferiti ci sono
i balli caraibici e il pianoforte.
giovedì 15 gennaio 2015
“Italo” è un film che descrive la storia vera di un cane antropomorfizzato e che seduce
Titolo:
Italo
Regia:
Alessia Scarso
Sogegtto:
Coralla Ciccolini e Alessia Scarso
Sceneggiatura:
Coralla Ciccolini
Montaggio:
Alessia Scarso
Musiche:
Marco Cascone
Stato:
Italia, 2015
Produttore:
Roberta Trovato
Cast:
Marco Bocci, Elena Radonicich, Barbara Tabita, Vincenzo Lauretta, Martina
Antoci, Matteo Korreschi, Tuccio Musumeci, Lucia Sardo, Andrea Tidona, Marcello
Perracchio, […] il cane Tomak e la voce narrante di Leo Gullotta
Nei
dintorni di Scicli, in provincia di Ragusa, una fiorente cittadina dai
bellissimi e artistici edifici in tardo stile barocco, costruiti con un raggiante
e tipico tufo dorato a tratti scolpito egregiamente, per questo dichiarata
patrimonio dell’UNESCO, circa sei anni fa un branco di cani randagi uccise un
bambino. In quello stesso periodo, fece la sua comparsa improvvisamente a
Scicli un cane meticcio dal pelo color miele, anch’esso randagio, il quale,
forse per espiare la colpa della razza canina che aveva commesso l’atroce
delitto, conquistò, dopo un’iniziale e comprensibile paura, la simpatia
dell’intero paese fino ad esserne adottato e ad ottenerne addirittura la cittadinanza onoraria. Un cane
trattato come un essere umano, dunque! “La reincarnazione di qualcuno che ha
amato Scicli”, sostiene la gente.
Questo
film, opera prima della bravissima regista modicana Alessia Scarso, è tratto da
un’incredibile e fantastica storia vera della vita del cane randagio
Italo Barocco, che scelse la barocca via sciclitana Mormina Penna come sua
dimora, dove venne accudito dai rispettivi abitanti che gli procurarono
un’accogliente cuccia. Addirittura,
Italo si era “antropomorfizzato” nel
modo di vivere a tal punto che andava nella chiesa di san Giovanni durante la
messa, tant’è che il parroco mise un cartello sul portone d’ingresso “È
vietato ai cani di entrare”. Ovviamente Italo non sapeva leggere ed entrava lo
stesso. Accompagnava anche i turisti durante le visite guidate istradandoli nei
luoghi più caratteristici. La sua azione più strabiliante fu quella di precedere
il corteo funebre stando dinanzi alla bara di un giovane morto in un incidente
stradale. Ma la cosa divertente che lasciò tutta la gente stupita fu la sua
entrata in scena durante la recita della locale festa delle Milizie quando
l’emiro Belcane apostrofa il conte Ruggero “Cane di un cristiano!”
“Italo”
è una magnifica commedia piacevole e briosa, seducente ma anche commovente, piena
di netto fervore e di ancestrale passione, dall’impronta romantica e dal sapore
antico, che si svolge nel singolare e unico palcoscenico di uno degli angoli
più ameni e attraenti della Sicilia sud-orientale, quello di Scicli e della
vicina Modica, pieno di colori, sapori e odori che vagolano liberati nell’aria da
“ …. cespugli di ‘spinusi ruvetta’, di ‘piru
caruseddu’, di variopinto lentisco,
di dolci fichi, di candida retama, di fichidindia, di oleandri
fioriti, di capperi, di
profumato origano, di pungente asparago e di olente timo selvatico, ottimo e antico
pascolo delle api produttrici del tanto rinomato miele ibleo, e di quant’altro
la natura avesse voluto far nascere …” (da I sassi di Kasmenai). Un’attrazione singolare e straordinaria
per il visitatore facendolo sprofondare estasiato in un’incantevole sogno ad occhi
aperti. “ … Subito a me/
il cuore si agita nel petto/ solo che appena ti veda, e la voce/ si perde nella
lingua inerte. …” è ciò che ho avvertito, esprimendomi con le parole
del poeta modicano Salvatore Quasimodo, nel vedere e gustarmi questo film dal
sapore autentico e sincero che racconta l’amata isola natia, la Sicilia, di cui
la regista, che ne ha eseguito pure il montaggio, dice “ notoriamente terra di contraddizioni esposta all’arrivo di stranieri,
dominatori, che al tempo stesso l’hanno soggiogata e arricchita” e che oggi
“si misura con l’accoglienza da un punto
di vista inedito. È la storia di un paese ferito che riesce, superati
pregiudizi e diffidenze iniziali, a ricevere l’altro. Anche se lo straniero in
questo caso è un cane randagio amabile e benevolo”. Una Sicilia vera fatta di brava gente, piena
di umanità e d’amore ma anche di pregiudizi, fatta anche di succulento folklore
genuino, e quindi di pettegolezzi attraverso cui le notizie
viaggiano velocemente come per via telegrafica, ma c’è anche la Sicilia fatta di
amicizia e di autenticità dei rapporti umani e, ancora quella dei contrasti e
delle contraddizioni, che sono mitigati da
quella sottile ironia che caratterizza l’arguzia e la perspicacia del popolo
siciliano, talvolta difficili da captare dal forestiero. Il film è la storia di
un bambino, Meno (Vincenzo Lauretta), taciturno e solitario, orfano di madre,
che fa amicizia con il cane randagio Italo (il cane Tomak) e che coltiva gerani
variopinti con inusitato amore. E attorno a questa amicizia ruotano suo padre, il
sindaco del paese Antonio Blanco (Marco Bocci), la sua maestra, la docile e
affabile Laura Menoni (Elena Radonicich), la schietta oppositrice del sindaco, l’esplosiva
e prorompente Luisa Nigro (Barbara Tabita), e, come un coro nella tragedia
greca, le tre comari, tra cui la spavalda e incontenibile Concetta (Lucia
Sardo), sensibili ai chiacchiericci paesani, e i tre vecchietti seduti sempre
sulla stessa panca che esprimono, all’unisono e consequenzialmente, sintetici e precisi pareri sui passanti e su
ciò che succede in paese e, dulcis in
fundo, il vecchio Natalino (il bravo Tuccio Musumeci) che con la sola
mimica riesce ad esprimere la grande umanità di un popolo intero.
Il
film con la voce narrante di Leo Gullotta inizia, come “dolce voce al canto”
con “C’era
una volta …” per indicare che esso è una favola, ma una favola che racconta
una realtà vissuta e partecipata da un paese intero. Un bel film, dunque, per
tutti, che riesce ad emozionare e ad esprimere l’insieme di quei sentimenti
positivi che contraddistinguono l’essenza genuina dell’uomo. Il riferimento all’epitaffio sulla tomba di Immanuel Kant “il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me” detto da Luisa Nigro evidenzia il filo conduttore del film e cioè che l’azione umana è spinta e condotta dal suo senso morale.
Francesco
Giuliano
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