Tutto sul cinema italiano!
Un nuovo blog che parla di cinema italiano. Potrete trovare informazioni complete sui migliori attori, registi e film del nostro cinema. Vi saranno anche riferimenti al cinema straniero , informazioni complete su come visualizzare un in streaming e suggerimenti e indicazioni rispetto ad altre pagine del settore.
sabato 15 febbraio 2020
“Il ladro di giorni”, on the road l’espiazione di un padre costretto ad abbandonare il figlio
Regia: Guido Lombardi
Soggetto: Guido Lombardi
Sceneggiatura: Guido Lombardi, Luca De
Benedettis, Marco Gianfreda
Musica: Giordano Corapi
Produzione Paese:Italia, 2019
Cast: Riccardo Scamarcio, Massimo Popolizio, Giorgio Careccia,
Vanessa Scalera, Augusto Zazzaro, Carlo Cerciello, Rosa Diletta Rossi, Leandra
Concetta Fili, Katia Fellin, […]
Anche se il soggetto del
film Il ladro di giorni di Guido
Lombardi ha ricevuto il Premio Solinas Storie per il Cinema 2007 per la sua
originalità, la sua sceneggiatura appare saltuaria e non efficace, tant’è che
spesso interrompe quell’attesa che continuamente suscita nello spettatore. Il
film diretto da Guido Lombardi descrive la storia di un ragazzo undicenne, Salvo
(Augusto Zazzaro), che, all’età di 4 anni mentre sta per tuffarsi dagli scogli
a mare, vede il padre Vincenzo (Riccardo Scamarcio) sparire e lo vede
riapparire dopo sette anni, quando ormai il ricordo di lui era sfumato, a casa della
zia Anna (Vanessa Scalera), nel giorno della sua prima comunione. Salvo, in un
primo momento, mostra difficoltà a riconoscere il padre (Non mi riconosci?- gli chiede il padre) che lo vuole portare con sé in auto, dal Trentino in Puglia,
per quattro giorni per effettuare la consegnare di un pacco illecito (di
droga). Preferisce il figlio alla pistola che rinuncia a portarsi, in quanto in
caso di stop, comunemente le forze dell’ordine dimostrano moderazione e
irrisolutezza in presenza di un minore. Tuttavia questo viaggio appare come un
pretesto perché Vincenzo ne vuole approfittare per conoscere il figlio e farsi
conoscere svelandogli tanti segreti, tante falsità su di lui e la conoscenza
del prof. Mangiafreda (Carlo Cerciello) per colpa del quale gli sono stati
rubati tutti quei giorni passati in carcere. Sette anni per l’esattezza (Pensa a quanti giorni ci ha
rubato questo),
che forzatamente sono gli stati sottratti per
vedere, maturare ed educare il figlio che nel frattempo è rimasto orfano di
madre. Un viaggio che è come una penitenza per ottenere la redenzione che il
regista collega con i flagellanti di Gravina di Puglia anche se ciò non appare integrato
alla realtà vissuta da Vincenzo.
Filmografia
Vomero Travel (2010), Là-bas (2012), Take five (2013).
Francesco Giuliano
sabato 23 novembre 2019
“L’ufficiale e la spia”, un film che mette a confronto il formalismo militare con la veridicità di un fatto storico
Titolo: L’ufficiale e la spia
Titolo originale: J’accuse
Regia: Roman Polanski
Soggetto: Robert Harris (dal romanzo J’accuse)
Sceneggiatura: Robert Harris, Roman Polanski
Musiche: Alexandre Desplat
Produzione
Paese: Francia, Italia, 2019
Cast: Jean
Dujardin, Luois Garrel, Emmanuel Seigner, Grégory Gadebois, Mathieu Amalric,
Melvil Poupaud, Eric Ruf, Laurent Stocker, François Damiens, Michel Vuillermoz
Denis Podalydès, Wladimir Yordanoff, Didier Sandre, Vincent Grass, […]
Il ten. col.
Marie-Georges Picquart (Jean Dujardin), nel 1895, incaricato di dirigere la
sezione dei servizi segreti dell’esercito francese, scopre che il capitano Alfred Dreyfus (Louis Garrel),
di origini ebree, l’anno precedente era stato condannato a scontare la pena
detentiva, presso l’isola del Diavolo nella Guyana francese, per avere
trasmesso segreti militari all’esercito tedesco. Il tribunale aveva emesso la
sentenza basandosi su prove false: In nome del Popolo francese, il primo Consiglio di guerra del
Governo militare di Parigi ha riconosciuto l'imputato Dreyfus Alfred colpevole
del reato di alto tradimento. E
quel che pensava il gen. Raoul Le
Mouton De Boisdeffre (Didier Sandre) dimostra
l’opinione che l’esercito aveva nei confronti di questo ufficiale perché
probabilmente si trattava di un complotto in quanto l’indiziato era ebreo: La punizione che abbiamo inflitto a Dreyfuss mostrerà al mondo come
trattiamo i traditori. Il
ten. col. Picquart, mettendo a rischio sia la sua carriera di ufficiale che la sua
stessa vita, per una questione di coscienza
intraprese una strenua lotta contro i capi sia militari che politici. Ma
incontrò un muro di gomma, come capita
spesso quando sono coinvolti segreti militari. E si rese conto che quando una società arriva a tanto, cade in decomposizione. Picquart, dato che come
ufficiale in servizio non poteva dire niente, venne appoggiato dallo scrittore Emile Zola, che pubblicò, nel giornale
L’Aurore, un j’accuse a trecentosessanta gradi
al fine di fare emergere la verità e liberare il capitano Dreyfus: Accuso il generale Mercier (Wladimir
Yordanoff) di essersi reso complice di una delle peggiori iniquità del secolo.
Accuso il generale Billot (Vincent Grass) di avere le prove dell'innocenza di Dreyfus
e di averle soffocate. Accuso gli esperti calligrafi (Mathieu
Amalric) di aver fatto dei
rapporti fraudolenti.
Precedentemente questa storia molto complicata e complessa,
che coinvolse l’opinione pubblica francese, dividendola come al solito in
colpevolisti e in innocentisti, e vari intellettuali dell’epoca a favore di
Dreyfus, è stato lo spunto molto proficuo della produzione di diversi cortometraggi
contemporanei al processo e di svariati film tra cui L’affare Dreyfus (1958) di José Ferrer, L’affare
Dreyfus (1968) di Leandro Castellani, Il
giudice e l’assassino (1976) di Bertrand Tavernier e Prigionieri dell’onore
(1991) di Ken Russel.
Roman Polanski,
usando il suo consueto linguaggio drammatico, fatto di inquietudine e di
violenza, con il quale penetra nella dura realtà profondamente, mette in
risalto sin dall’inizio il truce formalismo militare, apparentemente
impeccabile e perfetto, che si mostra come un baluardo inespugnabile ma che
soltanto il coraggio, l’audacia e il senso dell’onestà intellettuale possono
rendere fragile e demolire. Dal film L’ufficiale
e la spia emerge, infatti, il disprezzo della tracotanza dei
potenti che soltanto la coscienza con uno sforzo sovrumano può sconfiggere. Con
un ritmo narrativo che non presenta sbavature e che non lascia distrazioni, il
regista riesce a veicolare lo spettatore su quel che è il suo pensiero: molto
spesso l’apparenza e le parate ingannano perché nascondono delle falsità che
solo chi ha rispetto della dignità umana e come guida la legge morale interiore
potrà sconfiggere.
Il film alla
LXXVI Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha ottenuto Il Leone d’argento – Gran Premio della
Giuria, il Premio FIPRESCI al miglior
film in concorso e il Green Drop
Award e 4 candidature al European Film Awards 2019.
Filmografia
IL coltello
nell’acqua (1962), Repulsione (1965), Cul-de-sac (1966), Per favore, non
mordermi sul collo (1967), Rosemary’s Baby (1968), Macbeth (1971), Che? (1972),
Weekend of a Champion (1972), Chinatown (1974), L’inquilino del terzo piano
(1976), Tess (1979), Pirati (1986), Frantic (1988), Luna di fiele (1992), La
morte e la fanciulla (1994), La nona porta (1999), Il pianista (2002), Oliver
Twist (2005), L’uomo nell’ombra (2010), Carnage (2011), Venere in pelliccia
(2013), Quello che non so di lei (2017).
Francesco Giuliano
venerdì 1 novembre 2019
“L’uomo del labirinto”, un bel thriller psicologico che provoca brivido e inquietudine nello spettatore ponendolo in continua attesa
Titolo: L’uomo del labirinto
Regia: Donato Carrisi
Soggetto: Donato Carrisi
Sceneggiatura: Donato Carrisi
Musiche: Vito Lo Re
Produzione Paese: Italia, 2019
Cast: Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Bellè, Vinico Marchioni,
Luis Gnecco, Riccardo Cicogna, Stefano Rossi Giordani, Caterina Shulha, Orlando
Cinque ,[…]
L’uomo del
labirinto è un thriller mozzafiato, di tipo psicologico
molto ben curato, che inizia con il rapimento di una ragazza, Samantha Andretti
(Valentina Bellè) mentre percorreva una strada isolata. Da questo momento in
poi il film si svolge su due percorsi paralleli. Da una parte c’è Bruno Genko
(Toni Servillo) un investigatore privato, ricco di sensibilità, dal grande
spessore umano, trascurato, a cui due mesi prima i medici hanno pronosticato una
breve durata di vita. A causa di un passato non sempre limpido, cerca di
riscattarsi nei pochi giorni che gli rimangono di vivere, indagando sul
rapimento della ragazza e andando alla ricerca del mostro che, a quanto ha
saputo, ha stranamente la testa di un coniglio. Dall’altra parte, c’è un profiler, il dottor Green (Dustin
Hoffman), che, per scoprire il rapitore, cerca di fare riacquistare la memoria alla
ragazza la quale, dopo quindici anni di clausura, in cui è stata sottoposta a
iniezioni di droghe psicotrope, essendo stata liberata, si trova ricoverata
nell’ospedale Santa Caterina per le cure necessarie. L’unico ricordo che
Samantha ha è quello di essere stata rinchiusa in un labirinto dove più che la
fame soffriva la sete e dove ogni stanza presentava un’insidia da cui doveva
scappare. Il dottor Green è, a differenza di Genko, un uomo molto distaccato,
freddo, misterioso, cinico, che suscita, con i suoi modi di fare e di dire e i
suoi sguardi, inquietudine e sospetto.
La storia, che si svolge attraverso un percorso molto ingarbugliato, è
popolata da personaggi deformi e orribili e, quando sembra che la soluzione sia
a due passi, essa prende un altro varco, che lascia in uno stato di
inquietudine e di continua attesa lo spettatore suscitandogli nel contempo
momenti di brivido e di apprensione.
L’uomo del
labirinto è caratterizzato da una situazione fondamentale
che, ponendo lo spettatore di fronte a problemi individuali e sociali di grande
attualità, lo fanno riflettere profondamente e lo mettono di fronte ad una
realtà, che è quella in cui egli stesso vive, e dove ciò che in un dato momento
gli sembra verità subito dopo appare come falsità e viceversa, e dove, come
dice lo stesso Servillo, ci sono due labirinti: quello fisico determinato dalla città in cui si abita, e quello
mentale da cui si tenta di sfuggire. L’inganno e il plagio, spesso, riducono
l’individuo libero in uno stato di schiavitù sia di natura fisica che mentale
perché lo inducono in uno stato di totale
soggezione al potere altrui. Con un finale imprevedibile, il film, come
se fosse un suggeritore, porta lo
spettatore a capire che da tale stato si potrebbe uscire usando la razionalità necessaria
che vince qualunque sentimento negativo. E lo fa attraverso due grandi attori come Toni Servillo e Dustin Hoffman.
Filmografia
La ragazza nella nebbia (2017).
Francesco Giuliano
venerdì 25 ottobre 2019
“Tutto il mio folle amore”, un film avvincente on the road alla scoperta dei sentimenti
Titolo: Tutto il mio folle amore
Regia: Gabriele Salvatores
Soggetto: Fulvio Ervas (dal romanzo Se ti abbraccio non aver paura)
Sceneggiatura: Umberto Contarello,
Sara Mosetti, Fulvio Ervas
Musiche: Mauro Pagani
Produzione Paese: Italia, 2019
Cast: Claudio Santamaria, Valeria
Golino, Diego Abbatantuono, Giulio Pranno, Daniel Vivian, Marusa Majer, Tania
Garibba, Maria Gnecchi, […]
Vincent (Giulio
Pranno), nato da un occasionale rapporto
sessuale tra Willy (Claudio Santamaria), cantante su una nave da crociera, ed Elena,
(Valeria Golino), è un sedicenne affetto da una grave malattia neurologica sin
dalla nascita. Per questo il giovane, che si comporta in modo disinibito, irrefrenabile,
libero da stereotipi, estraneo alla paura, come un cavallo senza briglia e
senza cavaliere, ha bisogno di continue cure e particolari attenzioni che
rendono alla madre la vita molto complicata e non facile, dato che si è trovata
a gestire da sola la problematica situazione essendo stata abbandonata da Willy quando
scopre di essere rimasta incinta: la felicità, purtroppo, non è un diritto, è un colpo di culo! Per
fortuna, con il procedere degli anni, Elena viene ad avere un sostegno sia
materiale che affettivo da Mario (Diego Abbatantuono), il suo nuovo e instancabile
compagno, che tratta Vincent come se fosse suo figlio.
Dopo sedici anni, tuttavia, a Willy
viene il desiderio di conoscere il figlio perché non sa che faccia ha, né
come si chiama, ma, come avviene in questi casi, egli viene respinto
violentemente da Elena che gli confessa di aver chiamato il figlio Vincent per la canzone di Don
MacLean che Willy le aveva cantato “Starry, starry night/
paint your palette blue and grayì/ look out on a summer’s day/ with eyes that know the darkness in my soul/ shadows on the hills/ sketch the trees and the daffodils/ catch
the breeze and the winter chills/ in
colors on the snowy linen land/ … (Notte piena di stelle/ colora la tua tavolozza di blu e di grigio/ guarda fuori in un giorno d’estate/ con occhi che conoscono/ l’oscurità della mia anima/ ombre sulle colline/ tratteggiano alberi e giunchiglie/ cattura
la brezza e il gelo invernale/ nei colori
sul terreno ammantato di neve …). Vincent,
tuttavia, fugge da casa perché sente il bisogno di ritrovare il padre che con
sua grande sorpresa dice: dopo una grande
sfiga, arriva sempre una grande fortuna. E Vincent segue il padre in un
tour canoro lungo la Slovenia e la Croazia e durante questo viaggio emergono
nel suo animo e in quello di suo padre tutti quei sentimenti che nel tempo
erano rimasti latenti nella loro interiorità.
Gabriele Salvatores, come è nel suo stile, anche questa volta cerca di scavare
nella profondità dell’animo umano che nella vita quotidiana è sottoposto a
continue frustrazioni e casuali imprevisti che gli stravolgono l’esistenza e lo
distolgono da suo essere umano. E lo fa on
the road che trova un lieve parallelismo nel romanzo di Jack Kerouac Sulla strada, in quella frase, divenuta
famosa, dobbiamo andare e non fermarci
finché non siamo arrivati. Infatti, padre e figlio, attraverso continue
peripezie e passando per terreni nudi e irti, proseguono il loro percorso per
raggiungere la meta, che li porta, nel contempo e pian piano, a scoprire le origini
della propria essenza, da cui sfociano impetuosi i loro più belli sentimenti rimasti
reconditi per sedici lunghi anni. E Salvatores lo fa usando un alone
di metafora con cui manifestare che, oggi, le persone sono soggiogate dalle regole
sregolate di una società che ha perduto il suo senso, e dalle quali dovrebbero
liberarsi per fare riemergere quei sentimenti che hanno in sé ma che non sanno
di possedere. Solo mettendosi in gioco, come fa nella parte del film Elena,
autodefinitasi nuotatrice indomita, e
liberandosi anche dalle proprie turpitudini, ogni individuo potrebbe fare
emergere le radici della propria essenza umana perché come canta Fabrizio De
André, in Via Del Campo, dal letame
nascono i fior.
Il soggetto del film è stato tratto liberamente dal romanzo Se ti abbraccio non avere paura di
Fulvio Ervas, edito da Marcos Y Marcos, che descrive la vera storia di Andrea e
Franco Antonello, padre e figlio autistico che hanno viaggiato in moto dagli Stati
Uniti al Sud America.
Il film è stato presentato fuori concorso alla LXXVI Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Filmografia
Sogno di una notte d’estate (1983), Kamikazen – Ultima notte
a Milano (1987), Marraech Express (1989), Turné (1990), Mediterraneo (1991),
Puerto Escondido (1992), Sud (1993), Nirvana (1997), Denti (2000), Amnèsia
(2001), Io non ho paura (2003), Quo vadis, baby? (2005), Come Dio comanda (2008),
Happy Family (2010), Educazione siberiana (2013), Il ragazzo invisibile (2014),
Il ragazzo invisibile – Seconda generazione (2018).
Francesco Giuliano
giovedì 17 ottobre 2019
“Le verità”, una storia ricca di confronti e scontri tra madre e figlia che sfocia nell’esplicitazione di sentimenti inibiti
Titolo: La verità
Titolo originale: La vérité
Regia: Hirokazu Kore’eda
Sceneggiatura: Hirokazu Kore’eda
Musiche: Aleksej Ajgi
Produzione Paese: Francia, Giappone, 2019
Cast:Catherine Deneuve, Juliette Binoche, Ethan
Hawke, Clémentine Grenier, Manon Clavel, Christian Crahay, Roger Van Hool,
Ludivine Sagnier, Laurent Capelluto, Alain Libolt, […]
Fabienne (Catherine Deneuve), grande attrice, brava e famosa, ormai avanti negli anni, ha
scritto la sua biografia. Per festeggiare la pubblicazione ,di cui l’editore ha
stampato già 50 mila copie, la raggiunge la figlia Lumir (Juliette Binoche), che fa la sceneggiatrice
a New York, col marito Hank (Ethan Hawke), attore di
scarsa rilevanza, e la piccola figlia.
Durante questa improvvisa e inaspettata riunione di famiglia riemergono, tuttavia,
risentimenti e conflitti dovuti a quelle verità, o presunte tali, che Fabienne ha
scritto nel proprio libro. Scaturisce sin dai primi dialoghi tra figlia e madre
che costei nella sua vita difficilmente sia stata priva di contraddizioni. Al
contrario, la sua incoerenza è stata costante. Si è comportata, infatti. come
se lei fosse vissuta in un mondo tutto suo, fatto di interpretazioni diverse congrue
con determinati momenti della sua vita. Infatti Lumir contesta alla madre: Mi
avevi promesso di mostrarmi le bozze del tuo libro, prima di pubblicarlo, te lo
ricordi? E ancora, dopo la lettura della
biografia, esclama: Mamma,
non riesco a trovare una cosa vera qui dentro! Forse Fabienne nello scrivere la sua vita era stata
trasportata dalle emozioni del momento piuttosto che dai ricordi che ormai
erano lontani nel tempo e questa lontananza le aveva fatto perdere i relativi connotati sinceri e precisi.
Si evince, dunque, che Fabienne, in ambito familiare e anche
nella descrizione delle sue memorie, abbia indossato una maschera –
parafrasando Pirandello una, nessuna, centomila -, adatta all’uopo così come ha
fatto nelle sue diverse interpretazioni filmiche: Sono
le mie memorie, il mio libro, ho il diritto di scegliere cosa scrivere, no? … Meglio essere una cattiva madre, una cattiva
amica e una buona attrice! E anche se tu non mi perdoni, il pubblico mi
perdona! E abbia sempre trovato
la risposta giusta ad ogni domanda fastidiosa come quando a Lumir, che le fa
notare di non essere mai andata a vedere lo spettacolo che ha fatto alle medie, risponde: sempre meglio averti trascurata che essermi immischiata nella
tua vita privata.
Soltanto due brave e mature mattatrici istrioniche,
come Catherine Deneuve e Juliette Binoche, dirette dall’abilità del regista
giapponese Hirokazu Kore’eda, potevano fare apprezzare allo spettatore quegli stessi
stati emotivi che i loro rispettivi personaggi provavano. I dialoghi intensi, attraverso il contatto fisico, il guardarsi negli
occhi, le carezze istintive, il confrontarsi, il rinfacciarsi i comportamenti passati
vicendevolmente e l’esternazione delle loro opinioni, stavano determinando via
via l’esplicitazione dei loro veri sentimenti, avulsi da ogni intima macchinazione,
che madre e figlia già possedevano nella loro interiorità. Sentimenti che per
tutta la loro vita erano stati repressi perché esse non si erano mai incontrate
e scontrate come stavano facendo ora, a causa del fatto che Fabienne aveva dato
tutta se stessa al cinema inibendo del tutto gli affetti familiari.
Le verità, che è
un encomio alla carriera di Catherine Deneuve, ha concorso per il Leone d’oro alla
LXXVI Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Filmografia
Maborosi (1995), Wandāfuru raifu )1998), Distance
(2001), Nessuno lo sa (2004), Hana yori mo naho (2006), Aruitemo aruitemo
(2008), Kuki ningyō (2009), Kiseki (2011), Father and Son (2013), Little Sister
(2015), Ritratto di famiglia con tempesta (2017), Sandome no satsujin (2017).
Francesco Giuliano
martedì 15 ottobre 2019
“Brave ragazze”, un film che con brio manifesta i lineamenti della condizione femminile
Titolo: Brave ragazze
Regia: Michela Andreozzi
Soggetto: Michela Andreozzi, Alberto Manni e Fiorenza Tessari
Sceneggiatura: Michela Andreozzi e Alberto Manni
Musiche: Maurizio Filardo
Cast: Ambra Angiolini, Ilenia Pastorelli, Serena Rossi, Silvia D’Amico,
Stefania Sandrelli, Luca Argentero, Max Tortora, Michela Andreozzi,
Massimiliani Vado, Fabio Morici, Fabrizio Colica, Ludovica Paglia, Michele
Savoia, Pietro Genuardi, […]
Tra Gaeta e Fondi, due città della provincia pontina,
all’inizio degli anni ottanta, quattro donne, quattro amiche per la pelle,
quattro brave ragazze - Anna (Ambra
Angiolini) con due figli piccoli che vive con la madre Lucia (Stefania
Sandrelli), Chicca (Ilenia Pastorelli) e Caterina (Silvia D’Amico), due sorelle
squattrinate e orfane con caratteri diametralmente diversi e Maria (Serena
Rossi), una donna costumata tutta casa e
chiesa che subisce costantemente le violenze del marito Giuseppe (Massimiliano
Vado) -, si trovano in uno stato di disagio economico o familiare, o, come si
dice comunemente, in uno stato di incipiente crisi di nervi. Per potere risollevarsi dallo stato indigente in
cui versano e dato che la loro vita è un agguato continuo, esse costituiscono
una banda con lo scopo di rapinare una banca al fine di avere quei proventi che
le permettano di tirare a campare.
Tutto avviene in seguito alla proposta di Chicca: Ma perché non la facciamo veramente una
rapina, eh? E lo fanno travestendosi da uomini. Spinte
dunque dal bisogno economico e alla ricerca di un riscatto sociale, armatesi di
coraggio, svaligiano una banca e poi un’altra ancora. I proventi di quest’ultima
sono più consistenti della prima, tant’è che la loro vita cambia come la notte con
il giorno. Su queste rapine, tuttavia, indaga il commissario Gianni Morandi
(Luca Argentero) che, appassionato dei romanzi gialli di Georges Simenon, inizialmente
si viene a trovare come in un cul de sac
ma, in seguito all’uccisione di Giuseppe, il marito di Maria, riesce a trovare
un indizio che forse gli spianerà la strada investigativa. La storia è tratta
da una vicenda vera avvenuta in Provenza verso la metà degli anni ottanta.
La regista, al suo secondo film, dopo essere stata interprete
in diversi film anche in RAI, ha scelto la scenografia nella suggestiva città
di Gaeta per affetto e attaccamento sentimentale perché, pur essendo nata a
Roma, è il posto dove è cresciuta. In
Brave ragazze, film prettamente al
femminile, Michela Andreozzi
riesce con acume e accuratezza a dare alle sue quattro protagoniste caratteri individuali
che evidenziano i diversi modi di essere della donna. C’è Anna, ragazza madre, che
con spirito di sacrificio cerca di sopravvivere facendo lavori precari: Ho che non ho un lavoro, ho che non sono
riuscita a comprare due costumi di carnevale per i miei figli; poi c’è Chicca, una ragazza disinibita, impavida,
intraprendente e audace al contrario della sorella Caterina che è introversa, pavida,
timoprosa e insicura, e, infine, c’è Maria che, essendo molto legata alla
dottrina cattolica, accetta ogni tipo di maltrattamento dal marito geloso e
autoritario.
Brave ragazze, un film che appare come una metafora del riscatto sociale della donna, ha
ottenuto il premio Filming Italy Best Movie Award 2019 per la Migliore regia a
Michela Andreozzi.
Filmografia
Nove lune e mezza (2017).
Francesco Giuliano
sabato 5 ottobre 2019
“Joker”, una metafora per descrivere le inquietudini e i turbamenti dei tempi moderni
Titolo: Joker
Regia: Todd Phillips
Soggetto: Bob Kane, Bill Finger, Jerry Robinson
Sceneggiatura: Todd Phillips, Scott Silver
Musiche: Hildur Guõnadóttir
Produzione Paese: USA, 2019
Cast: Joaquin Phoenix, Robert De Niro. Zazie Beetz, Frances Conroy, Brett
Cullen, Douglas Hodge, Dante Pereira-Olson, Shea Wigham, Bill Camp, Glenn
Fleshler Leigh Gill, Josh Pais, Marc Maron, Brian Tyree Henry, Bryan Calle, […]
Alcune città sono splendide, di notte. Gotham non è una di
queste. E a
Gotham city, che deve la sua fama
ai roditori, ai cumuli di immondizie e alla gente che viene uccisa tornando a
casa ogni giorno, c’è un incredibile degrado sociale. A Gotham city, infatti, imperano la
disuguaglianza e l’emarginazione, i servizi sociali per recuperare i più deboli
e i più bisognosi di cure sono sospesi per mancanza di fondi, la delinquenza
spicciola è alla portata di giovani insensati, la cattiveria genera altra cattiveria
senza freno. A Gotham city c’è una grande disparità sociale. A Gotham city,
infatti, c’è molta gente che vive nella miseria e nella sporcizia e soffre per
mancanza dei servizi essenziali, mentre i ricchi scialacquano nell’abbondanza,
nell’arroganza e nella violenza. Uno di questi è Thomas Wayne (Brett
Cullen) che vive in una sontuosa villa
fuori città e che si è candidato a sindaco dopo che sono stati tagliati i fondi
che sostenevano i servizi sociali. Una metafora dei tempi moderni, quindi, dove
i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri sono
continuamente vilipesi e sfruttati. A Gotham city, vive in un palazzo
degradato con la madre Penny (Frances Conroy) Arthur Fleck (Joaquin Phoenix), un uomo scheletrico con gravi problemi psichici che spesso gli
provocano attacchi duraturi di risata incontrollabili. Per questo è costretto,
dopo che lo hanno dimesso da una casa di cura, a rivolgersi ai servizi sociali,
mentre per campare si veste e si trucca la faccia da joker cercando di
divertire la gente per le strade di Gotham, e fa il comico in un locale
notturno, perché sua madre gli
diceva sempre di sorridere e mettere una
faccia felice … e portare risate e gioia
nel mondo. La sua
vita si svolge senza appigli, senza sogni e senza speranze come se fosse un
automa in una città che non gli offre stimoli di nessuna natura. Tutto lo
lascia indifferente, niente lo entusiasma se non l’incontro nell’ascensore con
la bella vicina di appartamento, Sophie (Zazie
Beetz) che ne apprezza le lusinghe. Gli unici
sfoghi per Arthur sono la televisione, di cui segue il famoso programma del
cinico Murray
Franklin (Robert De Niro) presso cui si
reca per un provino, e la madre invalida, che accudisce con grande cura e
devozione perché è l’unica persona che lo comprende. Tutto procede normalmente nella
sua vita quotidiana fino a quando interviene a sproposito e in modo sbagliato contro
tre giovani benestanti che sulla metro scherniscono una ragazza. In quel
momento Arthur ha la faccia truccata da joker. Infatti si vocifera che Gotham
si è persa. Che razza di vigliacco può fare questo a sangue freddo? Uno che si
nasconde dietro una maschera. La sua situazione psichica
peggiora quando in televisione vede nel talk show il suo provino non
riuscito e Murray Franklin che lo deride. Si rende conto che quel mondo in cui vive
gli sta stretto tant’è che la cattiveria che si abbatte su di lui lo rende
estremamente indifferente ma soprattutto cattivo. Ed è questa cattiveria che viene
apprezzata da tutti coloro che socialmente si trovano nella sua stessa
situazione. Diventa un idolo per costoro tant’è che condividendone il
comportamento indossano la maschera di clown, identificandosi in tal modo con
lui. Athur infatti da quel momento afferma: Ho
sempre pensato alla mia vita come a una tragedia, adesso vedo che è una
commedia!
Ed è, in accordo a questa asserzione,
che nei titoli di coda viene cantata la canzone Smile di Charlie Chaplin:
Smile
though your heart is aching,/ Smile even though it’s breaking,/ When there are
clouds in the sky,/ You’ll get by,/ If you smile through your fear and sorrow/
Smile and maybe tomorrow/ You’ll find that life is still worth while/ If you
just … Sorridi, anche se il cuore ti duole/
sorridi, anche se si sta spezzando/ quando ci sono nuvole nel cielo/ ci
passerai sopra/ se sorridi attraverso/ la tua paura e al dolore/ sorridi e
forse domani/ scoprirai che la vita vale ancora/ la pena di essere vissuta/ se
tu solo sorridi …
Un magnifico Joaquin Phoenix che, con il suo portamento ambiguo, leggero, coreografico,
accattivante, poteva essere il solo capace di dare anima autentica a Joker, tant’è che grazie a ciò il regista Todd
Phillips ha usato la macchina da presa per scavare profondamente nel suo volto da
cui ne ha estratto le inquietudini, i turbamenti e le continue afflizioni. Nel
contempo, il regista ha usato il linguaggio cinematografico come metafora, al
fine di ottenere un effetto maggiore rispetto al linguaggio esplicito, per
descrivere in modo eccellente e incisivo la situazione sociale degradata e piena
di cattiveria in cui versano i paesi post-industriali.
Joker ha vinto il Leone d’oro per Migliore film alla 76^ Mostra Internazionale
del Cinema di Venezia 2019.
Filmografia
Road Trip (2000), Old School
(2003), Starky & Hutch (2004), Scuola per canaglie (2006), Una
notte da leoni (2009), Parto col folle (2010), Una notte da leoni 2 (2011), Una
notte da leoni 3 (2013), Trafficanti (2016).
Francesco Giuliano
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