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venerdì 6 gennaio 2012

Nel film "Nuovomondo" il racconto di uno spaccato crudo della nostra storia recente.






Titolo del film: Nuovomondo
Regista: Emanuele Crialese
Produzione: Italia-Francia, 2006
Attori: Vincenzo Amato, Charlotte Gainsbourg, Francesco Casisa, Filippo Pupillo, Aurora Quattrocchi, Isabella Ragonese, Federica De Cola.

Ho avuto modo di rivedere qualche sera fa, in un canale della RAI, il film Nuovomondo (2006) dopo circa cinque anni e dopo aver visto recentemente l’altro film Terraferma (2011), un vero capolavoro, ambedue opere del bravo Emanuele Crialese, un grande regista che fa grande il cinema italiano. In Nuovomondo, Crialese racconta la storia di una famiglia, che è la storia di tante povere persone semplici che agognano un’esistenza migliore dove si può vivere decentemente, di una famiglia che cerca di sfuggire dalla sporcizia, dalla miseria e dall’ignoranza spostandosi da una regione del mondo ad un’altra, che abbandona quei luoghi gravosi sfortunati che l’hanno vista nascere e crescere. Con immagini crude dure aspre sgradevoli a volte brutali ma realistiche, Crialese parla degli Italiani (in questo caso Siciliani) che emigrano, agli inizi del secolo scorso, negli Stati Uniti d’America, attratti dai racconti fantasiosi che giungono da quel paese lontano, dove scorrono fiumi di latte in cui farsi il bagno, dove si producono cipolle o carote gigantesche - un Eldorado per intenderci. In Terraferma Crialese, parimenti, affronta lo stesso problema dell’emigrazione e parla di persone che per sfuggire alla fame, alle guerre fratricide, alle malattie endemiche fuggono dai loro poveri paesi natii per venire nella nostra Italia che dal loro punto di visuale immaginano come un Eldorado.




La rinascita del mito greco, del mythos, dunque, che, come afferma Mircea Elide, racconta una storia sacra; parla di un avvenimento che ha avuto luogo nel tempo primordiale, il tempo favoloso delle origini [...]. È il racconto di una "creazione": si narra come qualcosa è stato prodotto, come ha cominciato a essere, ... non il motivo che lo ha causato (aitia). Il mythos è al di fuori della realtà e dà una visione statica e dogmatica della realtà.
In queste emigrazioni, in un senso o nell’altro senso, traspare con evidenza, attraverso l’uso di un linguaggio visivo duro e aspro, il desiderio perenne di ogni uomo di realizzare i propri sogni che, in definitiva, è quella comune aspirazione umana di dare alla vita un senso, o meglio di assegnare alla vita un significato che possa giustificare il motivo per cui si nasce e si vive.
In Nuovomondo, Crialese racconta le vicissitudini di una famiglia povera di Petralia Sottana, un paese arroccato nel parco delle Madonie, in provincia di Palermo, il cui nome stesso, che dal greco petra leίa vuol dire pietra levigata, sottolinea sin dalle prime immagini un territorio misero arido disseminato di pietre, dove si vive di speranza e dove si attende un segno divino che possa consigliare quale scelta di vita sia la migliore. Un luogo di quella Sicilia, dunque, che come scrive Francesco Giuliano, nel romanzo I sassi di Kasmenai, …è stata sempre una terra …, bella e arcigna nel frattempo, fascinosa e attraente, misteriosa e arcana, emozionante, incantevole, fruttifera, rigogliosa, …. Dove - continua lo scrittore -, ... non esistono, …, parole che possano suscitare, nell’animo di chi legge, le emozioni, le palpitazioni, i tremori passionali, gli stati d’animo che soltanto chi vede, chi tocca e chi nasce e vive in quella terra può provare; non esistono parole che possano far odorare la miscellanea di profumi, di olezzi, di aromi che solo le nari possono fare apprezzare; non esistono parole che possano descrivere i colori, le immagini, i luoghi che soltanto attraverso gli occhi di chi li guarda possono far emergere la loro eccezionale singolarità.



All’inizio del film il regista fissa la macchina da presa sul protagonista, Salvatore Mancuso (Vincenzo Amato), e il figlio Angelo (Francesco Casisa) che scalano per espiazione una montagna piena di pietre alla cui sommità è posto un crocifisso, a cui portano come pegno due pietre che hanno tenuto in bocca per tutto il percorso: sperano in un segnale divino che li possa far decidere in merito all’emigrazione. Sarà il figlio Pietro (il promettente Filippo Pucillo) a portargli questo segno con delle foto del nuovo mondo che ritraggono una grossa cipolla posta su una carriola e un albero che fruttifica monete. Vivono dunque di speranza ma, come scrive Francesco Giuliano nel suo recentissimo romanzo Il cercatore di tramonti, ... la speranza è un inganno. La speranza è tutto ciò che non ti fa gustare il momento di vivere ….
Immagini travolgenti, immagini molto belle e poetiche, tra le quali quelle della sequenza in cui la nave stracolma di emigranti si distacca dal molo del porto pian piano, lentamente, molto lentamente. E in questa lentezza è riposta la grande sofferenza che gli emigranti provano nel distacco dai propri cari, il dolore che essi avvertono nel recidere il legame con la propria terra, dolore che si legge negli occhi e nell’espressione angosciata e smarrita di donna Fortunata (Aurora Quattrocchi). Anche molto significativo l’arrivo a Ellis Island, la cui veduta è impedita dalla nebbia e che, qualche tempo dopo, non può vedersi neppure dal luogo di accoglienza degli emigranti in quanto i vetri delle finestre ad altezza d’uomo sono opacizzati. Soltanto quelle riposte in alto sono trasparenti e soltanto attraverso di esse Salvatore, aiutato dai compagni, riesce a vedere “torri altissime” delle quali non si spiega il motivo.


Fino all’ultimo il sogno si fa mistero.


Allusivo anche l’incontro sulla nave di Salvatore con Lucy (Charlotte Gainsbourg) perché con la scelta di questo nome il regista forse ha voluto dare un senso più umano alle aspettative di Salvatore, il quale è ansioso di vedere il tanto osannato “luciano” parola confusa con “oceano” e che sogna un mare di latte in cui si trastulla con una gigantesca carota, oppure che usa la parola "voscenza", retaggio antico di sudditanza al baronaggio siciliano che vuol dire "vostra eccellenza".
Crialese, in questo film realistico arcigno aspro, come un cronista duro e crudo, non prende posizione né a vantaggio degli emigranti né si scaglia contro gli accoglienti. Lui racconta soltanto, non condiziona, lascia lo spettatore farsi liberamente un suo giudizio personale.
Hanno mostrato bravura tutti gli attori principali e, assieme a loro, Isabella Ragonese e Federica De Cola che hanno interpretato delle parti minori ma molto eloquenti.



Fonti:




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