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venerdì 20 aprile 2018

“Doppio amore” nella continua alternanza tra realtà e immaginazione descrive una donna "autenticamente due"


Titolo: Doppio amore
Titolo originale: L’amant double
Regia e sceneggiatura: Franҫois Ozon
Soggetto: Joyce Carol Oates (dal romanzo Lives of the Twins)
Musiche: Philippe Rombi
Produzione Paese: Francia 2017
Cast: Marine Vatch, Jérémie Renier, Jacqueline Bisset, Myriam Boyer, Dominique Reymond, […]


La bella e giovane ex-modella Chloé (Marine Vatch) è una donna emotiva che ha somatizzato ogni episodio negativo che le è capitato, per cui  si sottopone ad uno screening  medico completo per scoprire quale sia la causa di questo suo continuo mal di pancia, il secondo cervello del corpo umano. La dottoressa che l’ha visitata non ne ha trovato l’origine per cui, pensando che quel dolore sia di origine psicosomatica, le consiglia di rivolgersi alle cure di un bravo psichiatra. Tenendo conto di questo consiglio, Chloé si affida alle cure del dottor Paul (Jérémie Renier) che, sottoponendola ad analisi, ne individua subito l’inquietudine mostrando verso di lei un atteggiamento affettuoso e zelante nei confronti della ragazza e un carattere mite.
Questo genera subito in Chloé una profonda e incontrollabile attrazione che la porta a innamorarsi di Paul, che le corrisponde altrettanto amore che, per deontologia professionale, lo costringe a interrompere le sedute. Ovviamente tra i due si instaura un continuo e intimo rapporto amoroso che li porta a convivere nella stessa casa. Non passa tanto tempo che Chloé, per caso, scopre che Paul ha un fratello gemello monozigote, Louis (Jérémie Renier), anche lui psichiatra che ha lo studio da un’altra parte della città e della cui esistenza il suo amato non gliene ha mai parlato. Il desiderio di conoscere la verità spinge Chloé a farsi analizzare da Louis che fisicamente è copia conforme del fratello mentre nel carattere risulta irruento, molto passionale e notevolmente aggressivo. Paul e Louis si presentano a Chloé con due personalità completamente differenti. Chloé si innamora pure di Louis che ama con la stessa intensità con cui ama Paul e, alternativamente, ha rapporti sessuali con ambedue.
Franҫois Ozon in “Doppio amore”, un thriller scritto e diretto da lui medesimo, il cui soggetto è tratto  dal romanzo "Lives of the Twins" (1987) di Joyce Carol Oates, riesce a coinvolgere lo spettatore per il contenuto drammatico del film così forte e intenso attraverso continui tratti inquietanti, eccitanti e perturbanti, e a confonderlo mostrando un incoerente miscuglio tra realtà ed immaginazione attraverso un loro continuo interscambio così perfetto da fare scambiare la realtà con l’immaginazione che non si riesce ad omogeneizzare. Così come spesso avviene nella vita di ognuno di noi. Esploratore dell’animo femminile Ozon costruisce con grande cura lo sdoppiamento della personalità di Chloé che richiama, anche se con approccio diverso, il rapporto tra il dottor Jekill e mister Hyde da cui deriva che l’uomo non è autenticamente uno, ma autenticamente due. Fa emergere con fine sagacia dalle continue relazioni amorose di Chloé non solo la forza del suo Io che era rimasta nell’ombra junghiana fino ad allora, ma anche il narcisismo per la propria immagine per il raggiungimento della coscienza dell’Io con il quale instaura un rapporto di amore/odio.
Il film è stato in concorso per la Palma d’oro al Festival del Cinema di Cannes 2017.

Filmografia
Sitcom – La famiglia è simpatica (1998), Amanti criminali (1999), Sotto la sabbia (2000), Gocce d’acqua su pietre roventi (2000), 8 donne e un mistero  (2002), Swimming Pool (2003), CinquePerDue – Frammenti di vita amorosa (2004), Il tempo che resta (2005), Angel – La vita, il romanzo (2007), Ricky – Una storia di amore e libertà (2009), Il rifugio (2009), Potiche – La bella statuina (2010), Nella casa (2012), Giovane e bella (2013), Una nuova amica (2014), Frantz (2016).
Francesco Giuliano

giovedì 19 aprile 2018

“The Silent Man” descrive con perfetta suspense la fermezza di un uomo integro


Titolo: The Silent Man
Titolo originale: Mark Felt: The Man Who Brought Down the White House
Regia e sceneggiatura: Peter Landesman
Musiche: Daniel Pemberton
Produzione Paese: USA, 2017
Cast: Liam Neeson, Diane Lane, Tony Goldwyn, Maika Monroe, Kate Walsh, Josh Lucas, Michael C. Hall, Marton Csokas, Tom Sizemore, Bruce Greenwood, Julian Morris, Wendi McLendon-Covey, Ike Barinholtz, Brian d’Arcy James, Noah Wyle, Eddie Marsan, […]




“The Silent Man” è un film imperniato sulle vicissitudini fronteggiate dal vicedirettore dell’FBI Mark Felt (Liam Neeson) durante i primi anni ’70, quando era ancora Presidente degli Stati Uniti d’America Richard Nixon il quale, nel 1974, fu costretto a dimettersi in seguito allo scandalo Watergate. Scandalo che fu generato dalle rivelazioni che Mark Felt fece al giornalista Bob Woodward (Julian Morris) del Washington Post che in quel tempo, non avendolo potuto individuare, lo chiamò con il nome di fantasia “Gola profonda” nel suo libro “All the President’s Men” (1974), “Tutti gli uomini del presidente”, scritto assieme al collega Carl Bernstein, da cui due anni dopo venne tratto l’omonimo film diretto da Alan J. Pakula. Soltanto, dopo circa trent’anni, Mark Felt, ormai al sicuro da ogni rischio e per evitare che questa sua condotta – essendo lui un democratico -, a suo tempo potesse essere interpretata di parte e quindi utilizzata dai repubblicani e fatta giudicare dall’opinione pubblica a suo sfavore, rivelò che era stato lui la spia dell’FBI a passare le informazioni ai giornalisti del Post. Aveva indagato profondamente sulla massima istituzione statunitense tant’è che ai suoi collaboratori diceva che il nostro compito è seguire le tracce sul terreno e tutte le tracce sembrano portarci dentro la Casa Bianca!  E, in seguito, aveva passato le informazioni sulla corruzione all’interno dell’apparato presidenziale alla stampa, perché riteneva che nessuno può fermare la forza di un'indagine dell’FBI! Nessuno, nemmeno ... l’FBI, mettendo a rischio se stesso e la sua famiglia convinto che a volte dobbiamo tradire ciò che amiamo, per salvare ciò che amiamo! … C'è sempre un prezzo da pagare per quello che facciamo. E lo paghiamo tutti, in un modo o nell'altro.
Peter Landesman che ha scritto anche la sceneggiatura di “The Silent Man” descrive appunto la figura di Mark Felt per dimostrarne la sua integrità morale e il suo valore umano mettendo in evidenza – e Liam Neeson ci riesce magnificamente -, il suo temperamento risoluto, deciso, intraprendente, ardito e saldo. Il grande cacciatore di draghi e custode del sogno americano – lo definisce la moglie Audrey (Diane Lane), redarguendolo per le sue ferme e coraggiose convinzioni.
“The Silent Man” è intrigante, galvanizzante e coinvolgente e si collega indirettamente al film contemporaneo “The Post” (2017) di Steven Spielberg perché mette in evidenza i travagli interiori di due persone che neppure si conoscevano direttamente e che costituivano le due facce della stessa medaglia, quella della salvaguardia della democrazia: da una parte, Kay Graham (Meril Streep), proprietaria di un giornale che mise in gioco se stessa, la sua fama e la sua proprietà editoriale e, dall’altra, Mark Felt (Liam Neeson) che con integrità, fedeltà, e coraggio mise in gioco la reputazione di se stesso e la sua famiglia.
Il film è stato presentato in anteprima al Toronto International Film Festival (TIFF) 2017.
Filmografia
Parkland (2003), Zona d’ombra (2015).
Francesco Giuliano

venerdì 13 aprile 2018

“Il giovane Karl Marx” un film per giovani che insegna come i giovani possano cambiare il mondo


Titolo: Il giovane Karl Marx
Titolo originale: Le jeune Karl Marx
Regia: Raoul Peck
Sceneggiatura: Pascal Bonitzer, Raoul Peck
Musiche: Alexei Aigui
Produzione Paese: Francia, Germania, Belgio, 2017
Cast: August Diehl, Vicky Kieps, Stefan Konarske, Olivier Gourmet, Hannah Steele, Alexander Scheer, Hans-Uwe Bauer, Michael Brandner, Peter Benedict, Ivan Franek, Stephen Hogan, Wiebke Adam, Niiels-Bruno Schmidt, Marie Meinzenbach, Ulrich Brandhoff, […]




Senza entrare nel sequela dei fatti raccontati, il film “Il giovane Karl Marx” descrive le vicende del politologo e filosofo tedesco Karl Marx (August Diehl) e di sua moglie Jenny von Westphalen (Vicky Krieps) assieme all’amico fraterno Friedrich Engels (Stefan Konarske) nel periodo più travagliato ma anche più prolifico della sua vita, che va dal 1844 al 1848, anno in cui viene pubblicato il suo “Manifesto del Partito comunista” e iniziano, in diversi Stati europei come l’Italia e la Francia, i moti rivoluzionari per abbattere i poteri assoluti, che si erano ricostituiti dopo la rivoluzione francese del 1789 e sanciti dal Congresso di Vienna del 1815.
Karl Marx dimostra di essere un epicureo convinto perché la filosofia del filosofo greco Epicuro (IV – III secolo a.C.) lascia spazio alla libertà umana, e disdegna, come Prometeo, tutte le divinità sia trascendenti che terrestri che tolgono soggettività e, quindi, libertà di pensiero ad ogni essere umano. Marx, infatti, ritiene il titano mitologico, il più grande santo e martire del calendario filosofico. Per quello che ha scritto e ha fatto, infatti, Marx potrebbe considerarsi il novello Prometeo che ha posto le fondamenta necessarie a risolvere i problemi connessi con i poveri che in quel periodo venivano considerati ladri e, in quanto tali braccati e uccisi, perché andavano a raccogliere la legna secca caduta dagli alberi nei boschi, e la drammaticità delle condizioni di vita dei lavoratori nelle fabbriche in seguito alla rivoluzione industriale. E avendo letto tutte le opere del filosofo idealista Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Marx ne abbraccia la dialettica che considera un aspetto progressivo della realtà soggetta ad un continuo divenire, dovuto al confronto tra tesi e antitesi, da cui deriva la sintesi che unifica, elevandole ad un grado sociale superiore, le opinioni contrarie precedenti. In quegli anni, egli conosce il filosofo socialista Pierre-Joseph Proudhon (Olivier Gourmet) del qual sostiene che “vuole essere una sintesi. Ed è invece un errore composto. Vuole librarsi come uomo di scienza al di sopra dei borghesi e dei proletari; e non è che il piccolo borghese, sballottando costantemente fra il capitale e il lavoro, fra l’economia politica e il comunismo”, tant’è che contrappone, al saggio di costui “La filosofia della miseria”, “La miseria della filosofia” che aveva scritto assieme all’amico Engels in cui sono esposti i punti salienti della sua concezione. Incontra e conosce pure l’anarchico, filosofo russo, Mikhail Bakunin (Ivan Franek) con cui si scontra perché considera l’anarchismo carente di rilevanza culturale e politica.
“Il giovane Karl Marx” descrive  con intenso sentimento una storia di amicizia vera, di amore profondo, di coraggio, di grande passione sociale e politica, di confronti e scontri ideologici, di elaborazione di un’idea che si fa concreta, e di impegno costante.
Accolto con una risicata sufficienza dalla critica, secondo Diego Fusaro, studioso del pensiero marxista, il film ricostruisce in modo competente e assai preciso la vita del giovane Marx e il suo  “cammino di pensiero", raccontando “la genesi del suo pensiero dinamitardo e le perigliose vicende che caratterizzano la sua esistenza, sregolata ed essa stessa vocazionalmente ribelle”, come riportato da un suo articolo pubblicato su Ilfattoquotidiano.it del 6 aprile 2018.
“Il giovane Karl Marx” dovrebbe essere visto soprattutto dai giovani e dagli studenti di tutte le scuole superiori per far conoscere come un’idea nata ed elaborata dalla critica della critica critica di un giovane utopista possa cambiare le condizioni di un intero popolo, sia dal punto di vista dell’emancipazione sociale, sia dal punto di vista salariale, sia dal punto di vista della sicurezza nei luoghi di lavoro, sia come stravolgimento delle basi sociali e politiche al fine di salvaguardare una democrazia compiuta. In definitiva, il film dovrebbe essere visto senza pregiudizi e senza preclusioni ideologiche come se si andasse a vedere, ad esempio, un film sulle gesta di Robin Hood.
“Il giovane Karl Marx”, ben diretto con una magistrale sceneggiatura, è un film coinvolgente e appassionante ed è stato presentato fuori concorso al Festival del Cinema di Berlino 2017.
Filmografia
Haitian Corner (1987), L’homme sur les quais (1993), Corps Plongés (1997), Lumumba (2000), Sometimes in April (2005), L’Affaire Villemin (2006), L’école du pouvoir (2009), Moloch Tropical (2009). Sia “L’homme sur les quais” che “Lumumba” sono stati presentati nei rispettivi anni al Festival del Cinema di Cannes.
Francesco Giuliano

giovedì 12 aprile 2018

“I segreti di Wind River” descrive con sottile perspicacia gli errori sociali connessi all’emarginazione razziale


Titolo: I segreti di Wind River
Titolo originale: Wind River
Regia e Sceneggiatura: Taylor Sheridan
Paese Produzione: USA, 2017
Musiche: Nick Cave, Warren Ellis
Cast: Jeremy Renner, Elizabeth Olsen, Graham Green, Hugh Dillon, Gil Birmingham, Kelsey Asbille, Martin Sensmeier, Althea Sam, Julia Jones, Teo Briones, Tantoo Cardinal, Jon Bernithal, James Jordan, Matthew Del Negro, Austin Grant, Ian Bohen, Eric Lange, […]



Cory Lambert (Jeremy Renner) è un cacciatore federale della riserva indiana di Wind River nello stato del Wyoming, che ha l’incarico di controllare e uccidere gli animali selvatici, quali coyote, puma, lupi e quant’altro, per salvaguardare greggi di pecore e mandrie di buoi degli allevatori. È inverno e fa un freddo polare. Durante la ricerca di un puma che ha ucciso una mucca in quel territorio innevato, Cory scopre il corpo congelato di una ragazza morta. Si tratta della diciottenne Natalie Hanson (Kelsey Asbille) che risulta scalza e con la bocca e l’inguine insanguinati. Viene chiamata per indagare sulle cause di questa morte l’investigatrice FBI Jane Banner (Elizabeth Olsen), che appare sin dall’inizio non solo inesperta per il compito assegnatole ma anche vestita in modo inadeguato per affrontare il grande freddo di quel territorio, dove non si può avere fortuna in quanto la  natura l’ha sempre vinta perché non dà via di scampo. La fortuna si può avere in città ma non nello Wyoming d’inverno. Dall’autopsia risulta che la giovane Natalie prima sia stata stuprata e, poi, datasi alla fuga, sia morta dopo aver percorso circa dieci chilometri per il grande freddo che le ha congelato i polmoni. Trattandosi di morte causata da emorragia polmonare l’investigatrice, non potendo contare del supporto di una squadra, chiede aiuto a Cory. Costui accetta di aiutarla senza pensarci più di tanto, in quanto tre anni prima sua figlia era deceduta come Natalie, della quale era grande amica. Ed incomincia ad indagare recandosi da Martin Hanson (Gil Birmingham), il padre della vittima e, grazie a costui, incomincia ad avere indizi su quella morte misteriosa.
“I segreti di Wind River” è un thriller mozzafiato che descrive con sottile perspicacia gli errori dell’emarginazione razziale statunitense conseguenti alla creazione delle riserve indiane, in cui le condizioni sociali portano all’isolamento e all’aridità dei sentimenti degli abitanti che per colmare il vuoto della loro vita si ubriacano. Una riserva indiana è una comunità chiusa, un luogo brutale, dove il paesaggio stesso è un antagonista. È un luogo in cui la tossicodipendenza e gli omicidi uccidono più del cancro, e lo stupro è considerato un rito di passaggio per le ragazze per diventare donne, dice il regista Taylor Sheridan, che ne ha scritto anche la sceneggiatura dopo essersi documentato presso la locale comunità indiana. Infatti, il film si basa su episodi che si sono realmente verificati in quei luoghi del nord americano. Non è un caso che il regista abbia ben costruito i diversi personaggi del film che ne rappresentano i vari caratteri umani:  Martin Hanson rappresenta gli abitanti della riserva i loro legame con il  resto del mondo; Jane Banner è una donna forte e debole e, nel contempo, appare sentimentale e dura; Cory Lambert è un uomo mite e debole ma, al tempo stesso, determinato e coerente.
L’uomo, in quel luogo, appare piccolo e inerme nei confronti della natura da cui vuole scappare come risulta dall’incipit del film: Lontano dai tuoi occhi amorevoli /in un posto dove l’inverno non arriva mai /Fra il vento corro /e veglio ogni ricordo di te/ …, versi di una poesia scritta da Natalie che dimostra di sognare il paradiso e di voler fuggire da esso perché il luogo in cui vive non è il paradiso. Ma lo stato delle cose non le permette di realizzare il suo sogno pur avendo trovato un uomo molto più grande di lei che glielo ha promesso e che lei ama.
“I segreti di Wind River” è un western moderno ben costruito, di grande tensione emotiva, caratterizzato da dialoghi brevi e concisi ma profondamente allusivi, dove ogni mezzo o scena o il linguaggio stesso hanno un loro significato metaforico e dove la musica ben si adatta ai luoghi, ai personaggi e alla vicenda descritta.
Taylor Sheridan è un regista televisivo famoso negli USA che, alla sua seconda pellicola cinematografica, dimostra la sua bravura nel descrivere con grande maestria fatti di cronaca suscitando passo dopo passo nello spettatore una trepidazione eccezionale con notevole semplicità, tant'è che il film è stato presentato nella sezione Un Certain Regard del Festival del Cinema di Cannes 2017.
Filmografia: Vile (2011).
Francesco Giuliano

martedì 10 aprile 2018

“Ready Player One”, l’ultimo capolavoro sui generis di Spielberg fa paura


Titolo: Ready Player One
Regia: Steven Spielberg
Soggetto:  Ernest Cline (Dal romanzo Ready Player One, 2010)
Sceneggiatura:  Zak Penn, Ernest Cline, Eric Eason
Musiche: Alan Silvestri
Produzione Paese: USA, 2018
Cast: Tye Sheridan, Olivia Cooke, Ben Mendelson, Mark Rylance, Simon Pegg, Lena Waithe, Philip Zhao, Win Morisaki, Hannah John-Kamen, Susan Lynch, Perdita Weeks, Ralph Ineson, T.J. Miller, Clare Higgins, […]




La fantastica, ma non troppo, storia distopica  di “Ready Player One” si svolge, nel 2045, a Columbus, capitale decadente dell’Ohio, dove la sovrappopolazione costringe la gente a vivere in bruttissime e orrende  cataste, nei cui piani sono sistemati alloggi costituiti da roulotte. L’ambiente sociale conseguentemente risulta squallido e altamente inquinato, dove i rapporti interpersonali risultando inesistenti fanno rifugiare la gente in un mondo virtuale chiamato Oasis, creato dall’informatico e timido nonché solitario James Halliday (Mark Rylance) che, morto prematuramente, viene sostituito dal cinico e arrivista Nolan Sorrento (Ben Mendelson). La partecipazione degli abitanti di Columbus a questo mondo immaginario è connessa a numerose attività tra cui preminente risulta quella del gioco. Lo stesso Wade Watts (Tye Sheridan), un brillante giovane diciottenne appassionato di Oasis perché non ha alcun altro sbocco e prova soddisfazione personale per la destrezza e l'intuizione che possiede (Mi chiamo Wade Watts. Mio padre scelse questo nome perché sembrava l'identità segreta di un supereroe, tipo Peter Parker o Bruce Banner, ma morì quando ero piccolo, come mia madre e ...sono finito qui, nel mio piccolo angolo nel nulla. Non c'è nessun posto dove andare ... nessuno, a parte Oasis. Un intero universo virtuale. La gente viene su Oasis per tutto quello che si può fare, ma ci rimane per tutto quello che si può essere. È l'unico posto dove sento di avere un senso.), partecipa, con il nome virtuale scelto non a caso di Parsifal - il cavaliere della Tavola Rotonda che trovò il Sacro Graal -, al Gioco di Anorak, a cui possono partecipare tutti. Tale gioco è stato ideato da Halliday e consiste nel ricercare un oggetto nascosto, un easter egg; il primo che troverà l’egg, vincerà cinquecento miliardi di dollari e avrà il controllo totale di Oasis. In questa competizione agonistica, che consiste nella scoperta di tre chiavi, Wade conosce Samantha (Olivia Cooke) che ha il nome virtuale di Artemide perché manifesta tutte le caratteristiche di un’irrefrenabile e perspicace cacciatrice come la dea greca da cui ha preso il nome virtuale. Tuttavia, in questo gioco violento con la prospettiva di essere molto redditizio subentra un gruppo di giocatori appartenenti alla multinazionale IOI che vuole vincere a tutti i costi per controllare Oasis e conseguentemente dominare la gente, perché Oasis è la più importante risorsa economica del mondo, e il gioco non è altro che una guerra per il controllo del futuro.  Infatti non è solo un gioco perché si tratta di vita e morte nella realtà, come sostiene Samantha, ed è per questo che non bisogna diffondere e fare conoscere i nomi reali dei partecipanti. 
“Ready Player One” è un film fantastico, antiutopico, proiettato in un futuro prossimo deprimente, angosciante e spaventoso, ma al tempo stesso realistico e attualissimo se si tiene conto del recentissimo scandalo di Cambridge Analytica, una società di consulenza britannica collegata a Facebook, il Social Network creato nel 2004 dall’informatico trentaquatrenne Mark Elliot Zuckerberg, di cui è amministratore delegato. Lo scandalo ha coinvolto, svelandoli per scopi elettorali, i profili di decine di milioni di utenti nel mondo e in Italia profili di oltre duecentomila; numeri che sono destinati ad aumentare.
Il film affronta il problema della tecnologia informatica che sta usando la rete Internet e, in particolare i Social Network, tra cui Facebook, Twitter, Google plus, come un occhio universale che vigila su tutti e controlla tutti oltrepassando i limiti che assicurano la privatezza di ogni individuo. O, anche, come il Grande fratello del romanzo 1984 (Nineteen Eighty-Four) di George Orwell del1949, ambientato in un mondo negativo e pericoloso, governato da un partito unico con un pensiero unico che non lascia spazio alla libertà individuale.
Steven Spielberg con “Ready Player One” sperimenta un film sui generis, a mio parere riuscendoci anche se, come avvenne per il film “2001,Odissea nello spazio” (1968) di Stanley Kubrick, il successo non è immediatamente assicurato perché potrebbe risultare incomprensibile il messaggio. Spielberg, comunque, usa frequentemente riferimenti culturali importanti per meglio fare comprendere questo film, come il famoso Cubo di Zemeckis, usato come potente arma razionale, oppure riferimenti cinematografici come Blade Runner (1982) di Ridley Scott per alcuni particolari scenografici, come il “Godzilla” nelle sue varie versioni cinematografiche moderne, o ancora come “Shining” (1980), film di successo di Stanley Kubrick, di cui usa il fiume di sangue che scorre precipitosamente portando via con sé ogni cosa che incontra. Egli crea, anche, un alternarsi continuo tra vicende reali e vicende virtuali che ad un certo punto non si sanno distinguere le une dalle altre così come spesso avviene nella vita.
Il messaggio particolare che scaturisce dal film è che la tecnologia debba essere al servizio dell’uomo e non usata al fine di sottometterlo o distruggerlo. Ma il messaggio più significativo è quello riferito ai giovani perché soltanto con la loro intraprendenza, con il loro credere in sé stessi e con la loro riluttanza verso i compromessi saranno gli eroi che potranno salvare il mondo dalla rovinosa deriva in cui si è già avviato e rendere la realtà reale, divenendo ciascuno di loro “unico giocatore pronto”.
Il film è altamente spettacolare e fantastico e accompagnato dalle musiche di Alan Silvestri che coinvolgono lo spettatore senza soluzione di continuità.
Francesco Giuliano


martedì 3 aprile 2018

L’Unesco ha proclamato la Giornata Internazionale della Luce: 16 maggio 2018 - La Luce nel Cinema - Articolo di Francesco Giuliano



Vi spiego brevemente. Pongo una candela accesa dentro questa scatola di legno, chiusa perfettamente da tutti i lati. In una sola faccia c’è un piccolo foro. Attraverso questo foro, che esprime la piccolezza, vedete uscire un raggio di luce che via via si allarga assumendo la forma di cono, evidenziato dalla polvere che vagola nell’aria. Esso, proiettato sulla parete frontale, forma su di essa un cerchio luminoso. Man mano che allontano la scatola, il cerchio sulla parete si fa più grande. Ecco dunque che il cono “sposa” la grandezza con la piccolezza e quindi suppongo che relazioni la complessità con la semplicità, la ricchezza con la povertà, la superbia con l’umiltà”. Ecco come l’abate Pierre Gatien descrive ad Alonzo un cono di luce, che esce dal foro praticato in una scatola con una candela accesa, impossibile da vedere se nella stanza non ci fosse il buio (Da L’intrepido alchimista, SensoInverso Edizioni, 2014). Un gioco di luci e ombre, effimero, intangibile, che unisce il punto infinitesimo con l’infinito. Un gioco di luci e ombre, in cui si ha la separazione tra il visibile e l’invisibile, tra la certezza e l’incertezza, tra la moralità e l’ingiustizia, e che è anche origine di quella cecità morale descritta da Platone nel Mito della caverna. La luce mostra la verità contrapposta all’ombra che, invece, cela la menzogna. Se non ci fosse il buio, però, non potrebbe esserci la luce. Luce e buio che entrano in contesa, così come avviene nella vita che oscilla, come in un’altalena, tra il vero e il falso, tra la conoscenza e l’ignoranza, tra l’umiltà e la presunzione. La luce è conoscenza come si evince dal mito di Prometeo, il titano ribelle che sfidò l’autorità divina e che rubò il fuoco, portatore di luce e di calore, agli dei per donarlo agli uomini. Anche  la Bibbia, il libro fondamentale delle tre religioni monoteiste, l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam, nella Genesi, descrive l’origine della luce: “In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: Sia la luce!. E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina. Primo giorno”. Anche per Dante Alighieri la luce fu elemento fondamentale per descrivere sia l’Inferno, loco d’ogne luce muto, dove c’è aere sanza stelle, e aura sanza tempo tinta,  sia il Paradiso, nel ciel che più de la sua luce prende/ fu’ io, e vidi cose che ridire/ né sa né può chi di là sù discende, e dove amor … move il sole e l’altre stelle.
Jacques Loiseleux (uno dei più importanti direttori francesi della fotografia con un’esperienza professionale accanto a registi come Jean-Luc Godard, Maurice Pialat, Joris Ivens, Philippe Garrel), nel suo saggio La luce e il cinema (Lindau, 2007) descrive i principali aspetti teorici e pratici dell'illuminazione cinematografica quali le tecniche, la strumentazione, i differenti tipi di luce, le scelte dettate dall’ora di ripresa, e afferma che  La luce è forse l'elemento più importante nella realizzazione di un film. E non solo per la ragione evidente che girare un film significa scrivere con la luce, ma soprattutto perché essa, attraverso le sensazioni ed emozioni che suscita nello spettatore, determina in larga misura il significato dell'immagine”. In esso riflette nella forma la duplice funzione della luce nel cinema: da un lato la sua necessità tecnica, dall’altro la sua essenza simbolica che diviene, in alcuni casi, pura poesia. Il lessico adottato dall’autore, membro dell’Association Francaise des Directeurs-photo, si fonda sul rigore di una esatta terminologia scientifica, ma non dimentica che la luce è anche veicolo di emozioni, concedendosi suggestive digressioni letterarie; queste dignitose velleità rivelano il tentativo di restituire con il linguaggio lo spirito metaforico della fotografia nella settima arte, ovvero, le sue capacità referenziali nelle sfere emozionali, psicologiche e culturali del film.
L’illuminazione cinematografica, sia essa uniforme o variabile, calda o fredda, naturale o artificiale, diretta o riflessa, influisce sulla percezione dello spettatore orientandolo emotivamente e attivamente nella visione del film e nella sua esatta comprensione e soggettiva fruizione.
Dopo l’Anno della Luce 2015 e la Settimana della Luce (dal 6 all’11 febbraio 2017; decorrenza che si rifà alla fondazione della città di Singapore, detta città delle luci, avvenuta il 6 febbraio 1819 grazie a Sir Thomas Stamford Raffles), la radiazione elettromagnetica ha anche una sua Giornata internazionale: 16 maggio 2018. Questa  data, scelta dall’Unesco, deriva dalla prima realizzazione artigianale di un laser al cristallo di rubino, avvenuta il 16/5/1960, per merito del fisico e ingegnere elettronico statunitense Theodore Harold Maiman (1927 – 2007) (https://www.wired.com/2008/05/dayintech-0516-2/), che utilizzò e sviluppò la Teoria sull’emissione stimolata di radiazioni elaborata da Albert Einstein (1917). Da questo laser sono derivate tutte le altre applicazioni laser, di cui si darà un cenno alla fine di questo articolo. La notizia è apparsa nel sito dell’INAF (Istituto Nazionale di AstroFisica) il 20 novembre 2017: http://www.media.inaf.it/2017/11/20/giornata-internazionale-della-luce/.

Data l’incommensurabile e trascendentale importanza della Luce (dal latino lux) per la vita sulla Terra in tutte le sue svariate forme, e per tutte le attività umane, vengono di seguito riportati alcuni cenni non esaustivi per evidenziarne alcuni aspetti essenziali.


Si sente parlare in televisione, o si ascolta alla radio, o si legge sui giornali cartacei o su riviste specialistiche, di radiazioni infrarosse, di radiazioni ultraviolette, di radiazioni X, e altro ancora, oppure si osservano fenomeni luminosi come l’arcobaleno dopo un temporale o i colori che assume il cielo all’alba o al tramonto solare.
La maggior parte della gente comune, ovviamente non avendo studiato argomenti di tal natura, non sa che queste radiazioni fanno parte dello spettro elettromagnetico (spettro proviene dal latino spectrum che significa fantasma, visione, cioè qualcosa che non si vede e appare come un fantasma), la cui importanza è fondamentale per la vita. Lo spettro elettromagnetico (v. di seguito) è l’insieme di tutte le radiazioni elettromagnetiche (alla velocità della  luce c = 300.000 km/s) che vengono prodotte dalle oscillazioni degli elettroni che costituiscono gli atomi negli elementi o nelle sostanze composte, ad eccezione dei raggi gamma, che vengono prodotti nei processi di decadimento nucleare, e dei raggi cosmici, che sono particelle energetiche provenienti dallo spazio, e la cui origine è varia: Sole, stelle, quasar, ecc. .
Approfittando, dunque, del Giorno Internazionale della Luce, si coglie l’occasione di descrivere da cosa derivino queste radiazioni, che caratterizzano non solo ciò che si chiama luce visibile. L’atomo ha un nucleo centrale attorno al quale, disposti su livelli energetici diversi, si trovano gli elettroni. Per avere un’idea di come sia fatto l’atomo basti pensare alla struttura di una pesca con il nocciolo al centro, che rappresenta il nucleo, e la polpa attorno ad esso, in cui si devono immaginare gli elettroni disposti su livelli diversi. Ad ogni livello corrisponde un determinato valore di energia. Quando si fornisce energia ad un atomo e questa energia corrisponde al corrispondente salto da un livello inferiore ad uno superiore, l’elettrone assorbe questa energia e salta ad un livello superiore. Subito dopo ritorna al livello di provenienza emettendo un fotone o quanto di energia. Il fotone ha proprietà ondulatorie con energia E = h·ν, dove h = 6,6 · 10-34 J·s è la costante di Plack, ν la frequenza, misurata in Hz (Hertz), ed E l’energia del fotone. La frequenza corrisponde al numero di onde che si ripetono nell’unità di tempo e, quindi, la grandezza inversa alla frequenza è la lunghezza d’onda λ, misurata in m (metri). Dalla relazione che lega la frequenza ν alla lunghezza d’onda λ,
λ ·ν = c
(dove c è la velocità della luce), si evince che λ e ν sono grandezze inversamente proporzionali. Questo vuol dire che, man mano che la frequenza aumenta, l’energia della radiazione aumenta mentre diminuisce la lunghezza d’onda. 
La luce solare è costituita dalle onde elettromagnetiche, le cui lunghezze d’onda λ coprono un ampio intervallo che va dalle onde radio (λ = 102 m) ai raggi cosmici (λ = 10-13 m), passando in senso decrescente per le microonde, le radiazioni infrarosse (IR), la luce visibile, le radiazioni ultraviolette (UV), le radiazioni X o Roentgen, le radiazioni gamma e, infine, i raggi cosmici.
Spettro elettromagnetico

A ciascuna radiazione corrisponde un’energia, che è direttamente proporzionale alla sua frequenza, o inversamente proporzionale alla sua lunghezza d’onda, secondo la citata legge di Planck  E = hν= h·c/ λ. Ne consegue che più alta è la frequenza più elevata sarà l’energia. Ciò significa, per esempio, che le radiazioni UV hanno un’energia maggiore delle radiazioni IR. Tutte le radiazioni dello spettro, ad eccezione della luce visibile, non sono percepibili dall’occhio umano, cioè sono invisibili: Lo scrittore Don Delillo nel suo libro “Rumore bianco” scrive che i greci sapevano che gli eventi fondamentali del mondo non possono essere visti dall’occhio umano. Sono onde, raggi, particelle.
La luce visibile, cioè quella che noi rileviamo con i nostri occhi, ha un ristretto campo di lunghezze d’onda che vanno da circa 700 nm a circa 400 nm (1nm= 10-9 m), cioè dal colore rosso al colore violetto. La luce bianca è la mescolanza di tutti i colori che la costituiscono che sono evidenziati nel cerchio cromatico di Ostwald con le relative lunghezze d’onda:
Cerchio cromatico di Ostwald

Orbene, dato che l’indice di rifrazione n di un mezzo materiale, aria, acqua, vetro, ecc., è funzione della lunghezza d’onda della radiazione incidente su di esso, ogni colore della luce bianca subisce la rifrazione, cioè una deviazione, e si ottiene il fenomeno chiamato dispersione della luce. Nell’immagine seguente, la luce bianca incidente sul prisma di vetro viene dispersa nei sette colori fondamentali (rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, violetto) che hanno lunghezze d’onda decrescenti, dal rosso (λ = 700·nm) al violetto (λ = 400 nm), ma con energia, relativa a ciascuno di essi, crescente (la radiazione rossa ha un’energia inferiore alla radiazione violetta):

Dispersione della luce bianca

Tale fenomeno si verifica anche dopo un temporale. Esso è causato dalle goccioline d’acqua rimaste in sospensione nell’aria (nebbia) che agiscono come un prisma ed è noto come arcobaleno.

Dato che la luce è un fenomeno collegato alla composizione atomica e dato che gli atomi sono i componenti delle molecole che costituiscono le sostanze semplici e composte, se queste vengono sottoposte all’azione di radiazioni elettromagnetiche se ne avrà l’assorbimento in relazione alla loro struttura molecolare. Quindi, poiché ad una data energia corrisponde una certa frequenza, ne deriva che le frequenze assorbite sono caratteristiche delle molecole. La frequenza può cadere nel campo elettromagnetico del visibile, dell’ultravioletto (UV) o in quello infrarosso (IR).
Ebbene, la sezione della Chimica analitica che si occupa di ciò si chiama spettroscopia e gli strumenti costruiti all’uopo sono chiamati spettrometri. Circa tre anni fa, è stato costruito e commerciato uno spettrometro tascabile, che sfrutta la spettroscopia infrarossa IR.
Esso è in grado di rivelare la composizione chimica dei corpi, compresi gli alimenti, collegato all’app di uno smartphone con una semplice scannerizzazione dell’alimento. A proposito di ciò, la dott.ssa Dora Melucci, ricercatrice all’Università di Bologna di Chimica analitica, ritiene che è necessario che i database siano affidabili e completi, e che la tecnica analizza soltanto la superficie dell’oggetto e soltanto nel punto illuminato. Questo vuol dire che se l’elemento  non è omogeneo, non sapremo nulla sul suo contenuto interno. Conseguentemente, in tal caso, bisognerebbe scannerizzare l’alimento in più parti sempre che l’involucro che contiene l’alimento lo consenta.
L’utilizzo della luce solare sulla Terra avviene tramite gli organismi dotati di una sostanza, la clorofilla, che si trova nelle alghe, nei cianobatteri e, soprattutto, nelle foglie delle piante. Esistono diverse strutture di clorofilla, costituite da un gruppo eterociclico, al centro del quale c’è lo ione Mg++,  a cui è legata una lunga catena lineare idrofoba. La clorofilla a, che assorbe la luce blu-violetta e rossa, ha la seguente struttura:

Le altre strutture: clorofilla b (assorbe la luce blu e arancione), clorofilla d, clorofilla c1 e clorofilla c2 differiscono o per il peso molecolare o per un legame singolo o doppio tra gli atomi C17-C18 nella catena o per altri gruppi funzionali.
Grazie alla clorofilla avviene il processo chimico, noto come fotosintesi clorofilliana, grazie al quale e alla luce solare, per ogni sei molecole di biossido di carbonio CO2, gas presente nell’aria, e sei molecole di acqua H2O presente nell’organismo, si ha produzione di una molecola di glucosio C6H12O6 e sei molecole di ossigeno O2:

6 CO2 (g) + 6 H2O (l)  → C6H12O6 (s) +O2 (g)

Questo significa che i vegetali sono ottimi e fondamentali trasformatori di energia solare (elettromagnetica) in energia chimica, tant’è che trasformano il biossido di carbonio presente nell’atmosfera in glucosio e ossigeno, da cui dipende la vita sulla Terra. Quindi si può asserire che la luce è vita e, dato che nel processo fotosintetico si ha una diminuzione di entropia (grandezza che misura il grado di disordine di un sistema fisico), si può affermare che grazie alla luce si passa da uno stato disordinato (caos), in cui si trova un gas (biossido di carbonio) e un liquido (acqua), ad uno stato più ordinato, qual è un solido cristallino (glucosio): dal caos (o disordine) si passa al cosmo (dal greco kósmos che significa ordine). Grazie all’energia solare sulla Terra, quindi, si ha una diminuzione di disordine in contrasto con l’aumento che avviene nell’Universo. Il volume di CO2 sottratto all’atmosfera è pari al volume di ossigeno prodotto O2. Questo dimostra che la clorofilla permette di abbassare il tasso di biossido di carbonio presente nell’atmosfera e sostituirlo con un pari volume di ossigeno, gas necessario per la vita eterotrofa e, quindi, anche per la vita dell’uomo. Si tenga conto che, a causa sia della grande quantità di energia prodotta dai combustibili fossili (petrolio e derivati, carboni fossili, ecc.) sia del disboscamento, si sta avendo un progressivo aumento del biossido di carbonio nell’atmosfera con ampliamento dell’effetto serra e dei disastri climatici, di cui questo gas, secondo i climatologi, è uno dei principali responsabili.
L’energia solare catturata dalla fotosintesi è immensa, dell'ordine dei 1·1014 watt, (Nealson KH, Conrad PG, Life: past, presente and future, in Philos. Trans. R. Soc. Lond., B, Biol. Sci., vol. 354, nº 1392, 1999, pp. 1923–39: da fonte Wikipedia) di cui l’uomo ne consuma un sesto. La fotosintesi capta, tramite CO2, circa 1·108  tonnellate di carbonio atmosferico all’anno e lo trasforma in biomassa.
Il laser  è un dispositivo in grado di emettere un fascio di luce con coerenza spaziale e temporale in seguito all’amplificazione per emissione stimolata di un’onda elettromagnetica. Sia la coerenza spaziale che quella temporale del raggio laser sono correlate alle sue principali proprietà. Alla coerenza temporale, cioè al fatto che le onde conservano la stessa fase nel tempo, è correlata la proprietà dei laser di emettere fasci di radiazione in un intervallo spettrale molto stretto, quasi monocromatico (monocromaticità). Alla coerenza spaziale, cioè al fatto che la differenza di fase è costante fra punti distinti in una sezione trasversale del fascio, è correlata la possibilità di avere fasci unidirezionali e collimati, cioè paralleli anche su lunghi percorsi. I fasci laser sono focalizzabili su aree molto piccole, anche con dimensioni dell'ordine del micrometro (un millesimo di millimetro pari a 10−6 m), impossibili con radiazioni non coerenti. L'emissione unidirezionale e coerente comporta la possibilità di raggiungere un’irradianza (che è la densità di corrente termica trasmessa per irraggiamento, in W/m2) molto elevata. Queste proprietà permettono una vasta gamma di applicazioni. L’irradianza, data dalla concentrazione di una grande potenza in un'area molto piccola, infatti, permette ai laser diverse applicazioni tecniche, quali il taglio, l’incisione e la saldatura dei metalli, mentre la monocromaticità e coerenza li rende ottimi strumenti di misura di distanze, spostamenti e velocità anche piccolissimi, dell'ordine del micrometro, e anche adatti a trasportare informazioni tramite le fibre ottiche  o nello spazio libero anche per lunghe distanze come avviene nelle comunicazioni ottiche. Inoltre, impulsi laser ultrabrevi, dell'ordine dei femtosecondi (il femtosecondo è pari ad un milionesimo di miliardesimo di secondo pari a 10−15 s), o con intensità elevatissima, dell'ordine dei 1018 W/cm2, sono impiegati in diversi campi della ricerca scientifica.
Orbene, in occasione della Giornata Internazionale della Luce (IDL18), il 16 maggio 2018,  Enzo Bonacci, professore di 'Matematica e Fisica' presso il Liceo Scientifico Statale "G.B. Grassi" di Latina, ha organizzato, di concerto con il Club per L'UNESCO di Latina, una serie di Conferenze nella locale Aula Magna. 
Francesco Giuliano

lunedì 2 aprile 2018

“Io c’è” è una disamina divertente ma non troppo del significato di religione, oggi



Titolo: Io c’è
Regia: Alessandro Aronadio
Sceneggiatura: Edoardo Leo, Alessandro Aronadio, Valerio Cilio,Renato Sannio
Musiche: Santi Pulvirenti
Produzione Paese: Italia, 2018
Cast: Edoardo Leo, Margherita Buy, Giuseppe Battisto, Giulia Michelini, Massimiliano Bruno, Gisella Burinato, Gegia, […]


Massimo Alberti (Edoardo Leo) gestisce un B&B, di cui è proprietario assieme alla sorella Adriana (Margherita Buy). Gli introiti, purtroppo, vanno male sia per le tasse molto elevate che si devono pagare allo Stato sia per la concorrenza scorretta, anche se legale, proveniente da un convento antistante di suore, le quali, oltre al fatto che sono esentate dal pagamento dell’imposta sull’immobile perché è considerato luogo di culto, si fanno pagare dai loro ospiti con donazioni (Noi accettiamo solo donazioni) che sono esentasse. Massimo, avendone avuto consapevolezza, di concerto con la sorella decide di trasformare il suo B&B in luogo di culto simile al convento religioso. Tale decisione se fosse realizzata gli permetterebbe di evadere le tasse – Mi faccio pagare dai turisti con la donazione minima esentasse, dice alla sorella -, e ne avvia la procedura legale. Per fare ciò, aiutato da uno scrittore amico, Marco (Giuseppe Battiston) che ha scritto un libro che non leggerà mai nessuno, si inventa lo Ionismo (Io non c'ho bisogno di loro, io me la invento ‘na religione!), una nuova religione che sostituisca il culto del Dio cristiano, o di qualunque altro culto religioso, con il culto di se stessi (tu sei il tuo Dio!), corrispondente a quel processo personale, noto come autostima, che porta ogni individuo ad apprezzare se stesso tramite l’identificazione e la messa in atto del proprio valore, in quanto – afferma il filosofo Ludwig Feuebach in “L’essenza del Cristianesimo”:  -  le qualificazioni dell’essere divino sono le qualificazioni dell’essere umano. Ovviamente, secondo Massimo questa nuova religione, che tende a mettere in crisi il monopolio che la Chiesa cattolica ha avuto pe’ duemila anni, da un lato comporta fascino e attrazione che ne fa aumentare gradualmente il numero degli adepti, dall’altro determina una continua diatriba puerile con la comunità delle suore.

Il regista Alessandro Aronadio, che con Edoardo Leo, Valerio Cilio, Renato Sannio ha scritto la sceneggiatura di questa originale e semidivertente commedia “Io c’è”, affronta diverse tematiche connesse con il concetto di religione e di divinità e il loro mutamento in atto già previsto dal filosofo Feuebach nel citato saggio: Così mutano le idee. Ciò che ancora ieri era religione, oggi non lo è più, e ciò che oggi è considerato ateismo, sarà la religione di domani.
Con un esame attento per valutarne gli aspetti fondamentali, il film fa una disamina del significato e dell’importanza della religione cristiana che, come sostiene nel suo saggio “Il regno” Emmanuel Carrère, “l’educazione cristiana è formale e distratta per cui nessuno può affermare con convinzione di aver fede. La fede –  afferma, infatti, E. Renan in Vita di Gesù -, non conosce altra legge che ciò che torna favorevole a quello che crede essere il vero, essendo per essa assolutamente santo lo scopo cui mira, non si fa scrupolo d’invocare per la sua tesi cattivi argomenti, quando non riescono i buoni … e che … buona fede o impostura sono due volti, che nelle nostre rigide coscienze si oppongono come due inconciliabili termini.
“Io c’è” sottolinea, in modo perspicace, quel punto di vista che, in altra sede sosteneva anche il sociologo Anthony Giddens secondo cui nella nostra società c’è la necessità di un rinnovamento etico e spirituale, che si può instaurare  con le relazioni pure, cioè con le relazioni non più contraddistinte da rapporti gerarchici e da patti di convenienza, ma basate sul rispetto reciproco e su una comunicazione emozionale. “Io c’è” fa  riflettere, inoltre, sull’idea di divinità che, come sostiene il filosofo Michel Onfray nel suo saggio “Trattato di ateologia”, sottomessa ad un’idea trasformata in divinità, la soggettività viene annientata; non deve fare altro che obbedire, e che, come asserisce Eugenio Lacaldano in “Un’etica senza Dio”, non solo non è vero che senza Dio non può darsi un’etica, ma anzi è solo mettendo da parte Dio che si può realmente avere una vita morale , e che nella semplice affermazione di un’origine divina delle leggi morali si nasconde un paradosso che le rende inapplicabili sul piano universale. Si nega cioè l’eguaglianza degli esseri umani che è il primo fondamento di ogni etica.
A dirla con le parole del filosofo Bertrand Russel: La nostra concezione di Dio deriva dall'antico dispotismo orientale, ed è una concezione indegna di uomini liberi. Non ha rispetto di se stesso chi si disprezza e si definisce miserabile peccatore […]. Non bisogna rimpiangere il passato o soffocare la libera intelligenza con idee che uomini ignoranti ci hanno propinato per secoli. Occorre sperare nell'avvenire e non voltarsi a guardare  cose ormai morte che, confidiamo, non rivivranno più in un mondo creato dalla nostra intelligenza.
Le musiche di Santi Pulvirenti risultano molto coinvolgenti e del film ne arricchiscono la vivacità o la serietà del tema affrontato.
Filmografia
Due vite per caso (2010), Orecchie (2016).
Francesco Giuliano