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venerdì 27 gennaio 2012

L'assioma "Si cerca di cambiare tutto per non cambiare niente" nel film "Il gattopardo" di Luchino Visconti





Titolo: Il gattopardo
Regia: Luchino Visconti
Produzione: Italia, 1963
Cast: Burt Lancaster, Claudia Cardinale, Paolo Stoppa, Alain Delon, Rina Morelli, Romolo Valli, Serge Reggiani, Giuliano Gemma, Lucilla Morlacchi, Ida Galli, Ottavia Piccolo










Recentemente il settimanale l’Espresso è uscito con il titolo “I gattopardi – Crescita, liberalizzazioni, lotta all’evasione e alla casta … i partiti frenano. Come se avessero voluto cambiare tutto per non cambiare niente”. Nel contempo ho rivisto per l’ennesima volta e sempre con grande piacere Il gattopardo di Luchino Visconti”, un film che rappresenta una pietra miliare del cinema italiano, dove non solo si parla dei primordi della storia dell’Italia unificata, ma dove viene esaltata anche l’indole del popolo italiano caratterizzata da un immobilismo pietrificato e fossilizzato. Indole perenne, perpetua, immutabile, inalterabile! Il film è stato tratto dal romanzo omonimo Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, scritto tra il 1954 e il 1957, e pubblicato postumo nel 1958, cui fu conferito il premio Strega nel 1959. Sia il film che il romanzo sono conosciuti dal grande pubblico per aver tirato fuori la ritrosia o meglio il conservatorismo che gli Italiani mostrano e mostreranno sempre nei confronti del cambiamento. Non è un caso che nel racconto Il viaggio al mare, tratto dal mio romanzo I sassi di Kasmenai (2008) ambientato in Sicilia, metto in evidenza ciò: …Dall’alto del paese si vedeva il tracciato di quella strada che portava, dritto dritto, fino al mare, in quel mare dove vedeva ogni mattina spuntare il sole sempre dal solito punto, e lì Ciccio voleva arrivare e toccare quei colori - rosso, arancione, verde, giallo - che si mescolavano nell’aria con l’aria, e che si specchiavano in quel mare azzurro pieno di passione, d’orgoglio, ma colmo di un immenso sonno, quel sonno gattopardiano. Il principe di Salina Fabrizio, il gattopardo, (Burt Lancaster) afferma anche con grande convinzione parlando dei di sé e dei Siciliani, che …siamo stanchi e svuotati lo stesso…. Se gli uomini onesti si ritirano la strada rimarrà libera alla gente senza scrupolo e senza prospettive… e tutto sarà come prima per altri secoli. E questo vale anche per gli Italiani. Non c’è più di realistico e di attuale in queste affermazioni se analizziamo la situazione politica e sociale dell’Italia dei giorni nostri, dove il vuoto lasciato dagli uomini onesti è riempito da quelli senza scrupolo.
Il film inizia, durante lo sbarco dei Mille in Sicilia, con l’esaltazione dell’attivismo di Tancredi Falconeri (Alain Delon), nipote del principe Fabrizio, lo zione, in cui è latente un’ideologia conservatrice e reazionaria. Con quel dinamismo Tancredi vuole favorire la rivoluzione ormai inevitabile per indurre l'evoluzione dei fatti tutta a proprio vantaggio, avendo intuito cha altrimenti ci sarebbe stato il sopravvento degli sciacalli. E non è un caso che Tancredi venga incoraggiato in questo dal suo stesso zione, il quale, consapevole del pericolo a cui potrebbe andare incontro l’aristocrazia imperante fino a quel momento, afferma che noi fummo i Gattopardi, i Leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra. Amara realtà questa che viviamo ancora dopo 150 anni di storia. Tornato trionfatore dall’impresa, Tancredi si innamora della bellissima Angelica (Claudia Cardinale), figlia di Calogero Sedara (Paolo Stoppa), un uomo di modeste origini, divenuto un ricco borghese, uno sciacallo per capirci, che tende a intrufolarsi nelle sfere dell’alta aristocrazia. Quale migliore occasione se non quella di far sposare la figlia Angelica a Tancredi? E quale migliore occasione per Tancredi se non quella di sposarsi Angelica oltre che per la sua indiscussa bellezza anche per le ricchezze possedute dal padre di costei? Un matrimonio che nel film è la metafora del connubio tra la borghesia emergente (Calogero Sedara) e l’aristocrazia, connubio dei “gattopardi e degli sciacalli”, connubio con il quale in modo latente si sottoscrive un patto perenne di conservazione dello status quo. Cosa c’è di diverso, infatti, nell’Italia odierna rispetto a quello di centocinquant’anni fa?
Il gattopardo è un film modernissimo di struggente attualità anche se ha alle spalle circa cinquant’anni di età (è del 1963!), perché mette in evidenza da un lato la consapevolezza di una realtà inossidabile e la conseguente rassegnazione, e dall’altro la contrarietà al cambiamento:… i Siciliani (ndr gli Italiani) … odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portare loro i più bei regali.

Fonti:
http://www.ilfoglioletterario.it/pod/catalogo_pod_francesco_giuliano.htm
http://www.mymovies.it/film/1963/ilgattopardo/

Giuseppe Tomasi di Lampedusa - Il gattopardo - Feltrinelli

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