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martedì 10 luglio 2018

Alla 36^ edizione del TFF - TORINO FILM FESTIVAL, le due retrospettive dedicate a POWELL & PRESSBURGER e a JEAN EUSTACHE


A Powell & Pressburger  e Jean Eustache sono dedicate le due retrospettive della 36a edizione del Torino Film Festival, che si svolgerà dal 23 novembre al 1° dicembre 2018. Due generazioni, due stili, due immaginari che sembrano antitetici, eppure due idee di cinema che ben corrispondono alle anime diverse del Torino Film Festival e all'attività di ricerca condotta dal Museo Nazionale del Cinema.  

Da una parte il sogno, la bizzarria, l'avventura e l'incubo che si concretizzano in inarrivabili fantasmagorie, in vertiginosi movimenti della macchina da presa, in narrazioni eccentriche, in quella distorsione ed enfatizzazione continua del potere dello sguardo (e dell'occhio della cinepresa) che ha affascinato e influenzato registi come Scorsese, De Palma e Coppola quando ancora erano giovani: il cinema di Powell & Pressburger, gli Arcieri del desiderio, della passione, dell'eccesso (così si chiamava la loro compagnia di produzione, The Archers). Tra i più grandi visionari della storia del cinema, l'inglese Michael Powell (regista e produttore) e l'ungherese Emeric Pressburger (scrittore) hanno costruito tra la fine degli anni ‘30 e l'inizio degli anni ‘60 lo spettacolo cinematografico perfetto, quello che parla all'inconscio degli spettatori. La retrospettiva presenta i venti film che hanno realizzato insieme, dall'eccentrico film bellico 49° Parallelo,  per il quale Pressburger vinse un Oscar all'affresco romantico di Duello a Berlino molto amato da Bertrand Tavernier, dal viaggio ossessivo nella passione di Narciso nero agli andirivieni lisergici nell'Aldilà di Scala al Paradiso, dalla dannazione artistica di Scarpette rosse al lussureggiante demonismo di I racconti di HoffmannInsieme a questi, alcuni dei film diretti dal solo Powell, compreso il capolavoro maudit L'occhio che uccide.

Dall’altra parte, invece, emerge, con la presentazione di tutti i suoi film, l'altra caratteristica del festival, dura, scavata, morale, quasi entomologica de cineasta francese Jean Eustache morto a poco più di quarant'anni, nel 1981, e troppo spesso dimenticato. Fratello minore della Nouvelle Vague, Eustache esordì nel 1963 con il cortometraggio incompiuto La Soirée e divenne poi autore di numerosi mediometraggi e di film quali Mes petites amoureusesUne sale histoire e La maman et la putain (1973), capolavoro quest’ultimo che analizza l'inefficacia della parola e la vaghezza dei sentimenti, e da cui emerge il senso dell'indispensabile moralità del cinema. Autore spesso emarginato dall'industria, meno compiacente e più crudele dei maestri della Nouvelle Vague, innamorato del rigore di Bresson e del vigore di Renoir, Eustache non ha mai smesso di interrogarsi sulla dinamica tra l'apparente realismo della sua macchina da presa inquisitiva e la finzione che entra in gioco non appena la cinepresa comincia a girare, tra l'autobiografia e la rappresentazione. Il suo malessere e la sua forza analitica hanno influenzato cineasti contemporanei come Assayas, Denis, Desplechin, Jarmusch. (Torino, 10 luglio 2018)

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