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sabato 30 marzo 2013

“Un giorno devi andare”, un film di Giorgio Diritti che si interroga sul senso della vita e sulla ricerca di noi stessi



Titolo: Un giorno devi andare
Regia: Giorgio Diritti
Soggetto: Giorgio Diritti, Fredo Valla
Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Fredo Valla, Tania Pedroni
Produzione: Italia, Francia 2013-03-29 Cast: Jasmine Trinca, Pia Engleberth, Sonia Gessner, Anne Alvaro, […] 


Un giorno devi andareè un magnifico film, un gioiello cinematografico da trattare con cura, che descrive i sentimenti di chi ha perduto un bene, un valore, un ideale, un punto di riferimento affettivo, e si trova di botto in uno stato psicofisico stravolto che porta ad un forte disorientamento. Un film in cui una donna, Augusta (Jasmine Trinca), cerca insistentemente e continuamente l’equilibrio interiore che ha perduto e si interroga quale sia il senso all’esistenza. Augusta è una donna la cui vita è stata stravolta dalla perdita del figlio ancora infante e dalla sparizione immotivata del marito, come avviene quando il fumo si dilegua nell’aria. Tutto ciò, che costituiva la sua aspirazione umana e semplice, svanisce come fumo nell’aria, ad un tratto. In un solo momento, si dissolvono tutti i suoi sogni, le sue brame, le sue aspettazioni, i suoi desideri, sui quali aveva riposto l’intera sua esistenza vitale futura. Allora, Augusta cerca di porre rimedio allo stato di squilibrio e di sconforto in cui è sprofondata intraprendendo un viaggio verso una terra lontana, il Brasile, in modo tale che l’allontanamento dai luoghi che le hanno procurato tanta sofferenza le possa far riacquistare l’equilibrio interiore perduto. Cerca, dunque, di farsi missionaria affidandosi, dietro consiglio della madre Anna (Anne Alvaro), a suor Franca (Pia Engleberth) evangelizzatrice in Brasile, “una professionista dello spirito” portatrice di un vangelo che risulta inefficace, incompreso e privo di significato tra gli Indios. Un popolo, quello degli Indios, a cui è stato tolto lo stretto legame che esso aveva con la natura in cui viveva felice, e che ora si trova costretto a vivere nell’infelicità e a cercarsi da mangiare rifuggendo dalle regole imposte e dalla preghiera di insignificanti santini. Augusta, si rende conto subito che non può trovare, sia in quella missione fatta solo di formalismi, di superficialità e di convenzionalità sia nel vangelo, la risposta a tutti i suoi problemi esistenziali. Augusta lascia allora la missione e va a vivere in città, a Manaus sul Rio Negro, nelle favelas tra la povera gente dove viene accolta umanamente e benevolmente. In questo posto povero e precario trova una risposta esauriente alla sua domanda, incomincia a sorridere, inizia a provare quei sentimenti che l’avevano abbandonata. Augusta così scopre, tuttavia, che la fame tra quella gente è tanta e che nessuna evangelizzazione può risolverla e non può risolvere neppure la vendita disumana dei figli per poter trovare sostentamento. Quando Augusta si sente responsabile di aver causato un tale fatto, ripiomba nella sconforto e fugge. Come Remo, il protagonista del romanzo “Il cercatore di tramonti” (ed. Il foglio),  che cerca di ripristinare l’equilibrio interiore nella ricerca del raggio verde al tramonto del sole, così Augusta cerca di instaurare il rapporto con la natura in uno stato di quiete assoluta e di solitudine per cercare di dare un senso alla vita. Un film “Un giorno devi andarepieno di vari significati: una critica alla società moderna che ci distoglie dai veri sentimenti, un’accusa che tiene conto del grande squilibro tra la povertà e la ricchezza, un’analisi sulla religione che oggi ha perso l’efficacia di un tempo ormai trascorso in questo mondo dove non ci sono più valori e tutto viene visto e affrontato in modo superficiale e utilitaristico. Ma è anche un film che magnifica la solitudine come scoperta di noi stessi, che mette in discussione il rapporto tra noi e il mondo, che insegna quando sia importante la ricerca dell’equilibrio interiore che solo il rapporto con la Natura può farci ritrovare. Un film la cui visione fa riflettere per tanto tempo lo spettatore attento, come i precedenti  di Giorgio Diritti ,“Il vento fa il suo giro” (2007) e “L’uomo che verrà” (2009).


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